Gli indesiderati

Proseguono i rimpatri dalla Francia di cittadini bulgari e rumeni di etnia rom. L’iniziativa del presidente Sarkozy, oltre a mettere in evidenza lo stato di malessere in Europa (e la tentazione dello “zingaro” come capro espiatorio) riporta alla luce tensioni mai sopite all’interno dell’Ue

26/08/2010, Francesco Martino - Sofia

Gli-indesiderati

Manifestazione rom in Francia - philippe leroyer/flickr

*Una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata oggi sul quotidiano "Il Manifesto"

Nell’Unione Europea di oggi, i rom non sono i benvenuti. Né nei paesi più ricchi della sua parte occidentale, dove alcuni hanno deciso di spostarsi negli ultimi anni alla ricerca di condizioni di vita migliori, né nei paesi di origine (soprattutto Romania e Bulgaria) entrati da qualche anno nel club Ue, ma guardati ancora con sufficienza e accusati di “non fare abbastanza” per integrarli nelle rispettive società.

Al momento, più di duecento bulgari e rumeni di etnia rom sono stati riaccompagnati nei propri paesi di origine. I voli proseguiranno nelle prossime settimane, e alla fine i rimpatriati dovrebbero essere circa ottocento.

La decisione di Nikolas Sarkozy di procedere al “rimpatrio volontario” di alcune centinaia di cittadini rumeni e bulgari di etnia rom, colpevoli in sostanza di soggiornare sul suolo francese da più di tre mesi, ha messo in evidenza, se ce ne fosse stato ancora bisogno, lo stato di malessere del continente, e l’intramontabile tentazione dello “zingaro” come capro espiatorio a costo zero.

“La storia è elementare e di una volgarità quasi sorprendente”, sostiene Jean-Arnault Dérens, caporedattore del portale Le Courrier des Balkans e profondo conoscitore dei rapporti tra Francia e paesi balcanici .“Stretto tra il calo di popolarità e l’affare Bettencourt, Sarkozy si è letteralmente inventato la questione dei rom di Bulgaria e Romania, utilizzando demagogicamente un fatto di cronaca che, in realtà, ha coinvolto la comunità dei rom francesi, i Manouche, che vivono qui da secoli”.

Contemporaneamente, però la polemica sui rom ha riaperto tensioni mai sopite all’interno dell’Unione europea, soprattutto tra vecchi e nuovi membri, e la malcelata pretesa che, piuttosto che affrontare i problemi, l’importante sia scaricarli su qualcun altro.

“Ci rimandano indietro i nostri rom. E noi ce li riprendiamo a braccia aperte, cos’altro potremmo fare?” scrive Trud, principale quotidiano bulgaro. “Ma siamo perplessi. I rom sono europei o no? Oppure lo sono soltanto quando restano nel ghetto [bulgaro]? Qui sono una minoranza oppressa. Appena arrivano in Occidente, però, diventano criminali, mendicanti, sabotatori della democrazia”.

Allo scoppiare della vicenda, Bucarest ha almeno abbozzato una reazione, chiedendo spiegazioni a Parigi per bocca del proprio ministro degli Esteri Teodor Baconschi. “Siamo preoccupati per il possibile aumento di reazioni populiste e xenofobe, soprattutto in un contesto di crisi economica”, ha dichiarato Baconschi a Radio France Internationale. Sofia invece, forte di una lunga tradizione di acquiescenza nei confronti degli alleati più potenti, ha scelto la via del silenzio.

“Il nostro governo sta tenendo una posizione vergognosa”, ci dice Yuliana Metodieva, caporedattrice della rivista “Obektiv” del Comitato Helsinki bulgaro. “Il nostro ambasciatore in Francia, Marin Raykov, ha invitato l’opinione pubblica bulgara a ‘non drammatizzare’ la situazione, mentre il ministro degli Esteri Nikolay Mladenov ha di fatto appoggiato la politica delle autorità francesi, pur di non entrare in conflitto con Parigi.”

Il basso profilo dei governi, almeno in parte, è stato scelto tenendo in considerazione gli insignificanti effetti pratici della crociata anti-rom di Sarkozy. Alla fine poche centinaia di persone verranno rimpatriate “di propria spontanea volontà” (e dietro pagamento di trecento euro a testa), ma poi avranno piena libertà di rientrare in Francia o di recarsi in un altro paese Ue.

La prudenza di Sofia e Bucarest è stata poi rafforzata dal timore che i due paesi possano perdere il treno del sospirato accesso all’area Schengen, previsto per il marzo 2011, anche perché il governo francese non ha risparmiato velate minacce in questa direzione.

Alla base della strategia di Romania e Bulgaria, però, c’è anche lo scarso interesse nei confronti di una minoranza, quella rom, mal sopportata e scarsamente integrata.

“Il governo bulgaro non ha alcun interesse a salvaguardare i diritti dei suoi cittadini di etnia rom. Si fanno molte chiacchiere sull’integrazione; molti fondi, anche europei, vengono allocati, ma i risultati sono minimi”, è l’opinione di Savcho Savchev, giornalista e pubblicista bulgaro di etnia rom, autore tra l’altro della prima traduzione in lingua romani di Dante Alighieri. “Anzi, direi che dall’ingresso della Bulgaria nell’Ue le cose sono, se possibile, peggiorate”.

Secondo le statistiche ufficiali, le comunità rom in Romania e Bulgaria contano rispettivamente 50omila e 370mila membri. Le cifre reali però potrebbero assestarsi molto più in alto: 2,5 milioni in Romania, 7-800mila in Bulgaria.

In questi anni, i due paesi hanno ricevuto e continuano a ricevere pesanti critiche per l’incapacità di integrare questa parte sostanziosa della propria popolazione, che rimane ai margini della società.

Ora il messaggio implicito che arriva dalla Francia (e non solo) è: non provate a scaricare il problema su di noi. I rom sono roba vostra. Integrateli, fateli diventare ‘normali’ europei, e poi (forse) anche loro saranno i benvenuti.

Per Romania e Bulgaria, però, l’invito è ipocrita. Sofia e Bucarest non vogliono diventare un “ghetto comunitario”, a guardia di una minoranza che, in fondo, non ritengono parte integrante della propria comunità nazionale.

“L’Ue sostiene ora che Romania e Bulgaria devono dare una chance reale all’integrazione delle proprie comunità rom. Questo, in parole povere, significa allocare risorse. Ma tra crisi e pregiudizi diffusi nella società, nei media e nel mondo politico, non vedo come questo possa accadere”, sostiene la Metodieva.

In un recente intervento sulla stampa locale, gli ambasciatori francese e italiano a Sofia hanno giustamente ricordato ai lettori bulgari che la comunità rom è “una parte inscindibile dell’identità e della ricchezza storico-culturale della loro nazione”.

Parole da sottoscrivere, ma che di fronte alle dichiarazioni del ministro degli Interni italiano Roberto Maroni, che sulle pagine del Corriere della Sera sembra rammaricarsi del fatto che “da noi molti rom e sinti hanno anche la cittadinanza italiana” e che quindi “ hanno diritto a restare [in Italia]”, non possono che lasciare l’amaro in bocca.

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