E’ troppo tardi per la ‘lustracija’

"In Bulgaria non è più tempo di epurazioni, bisogna risanare la società con la verità storica, ma le istituzioni fanno forte resistenza". Un’intervista a Ekaterina Boncheva, membro della commissione che porta alla luce i collaboratori della Darzhavna Sigurnost, i servizi segreti di regime

04/10/2007, Francesco Martino - Sofia

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Ekaterina Boncheva è uno dei nove membri della Commissione sui Dossier, nominata nell’ aprile 2007 dal parlamento bulgaro per portare alla luce i documenti e di rendere pubblici i nomi di chi ha collaborato con i servizi segreti del regime comunista, la Darzahvna Sigurnost (DS).

Negli ultimi mesi la Commissione sui Dossier, incaricata di portare alla luce gli archivi dei servizi segreti comunisti, la Darzhavna Sigurnost, ha riferito sul coinvolgimento del presidente Georgi Parvanov, così come di centinaia di deputati eletti dopo il ’90. Quale principio viene seguito dalla commissione nella scelta dei settori da controllare?

La Commissione segue i principi delineati dalla "Legge sull’accesso e la dissecretazione dei documenti e la pubblicazione dei nomi dei collaboratori della Darzhavna Sigurnost", approvata il 6 dicembre 2006 e nota al pubblico come "Legge sui Dossier". Questa legge, oltre a definire la filosofia, fornisce anche la metodologia di lavoro della Commissione, specificando quali figure pubbliche vanno controllate.

Qual’è la procedura attraverso cui controllate i vari settori dell’amministrazione?

Richiediamo in forma scritta alle istituzioni interessate dal controllo una lista dei propri funzionari. Quando la riceviamo, richiediamo agli organi di sicurezza che attualmente detengono i documenti relativi alla DS di controllare se ci sono dossier relativi a queste persone, e nel caso di inviarceli. In base ai documenti ricevuti, i nove i membri della Commissione, nominati dalle varie forze politiche, provvedono a rendere pubblica la collaborazione agli ex servizi segreti del regime comunista. Fino ad oggi abbiamo controllato otto istituzioni, tra cui la presidenza e vicepresidenza della Repubblica, il parlamento, la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura.

Quali istituzioni verranno controllate nei mesi a venire?

La Commissione si occuperà del consiglio dei Ministri, delle varie agenzie statali e commissioni nazionali, dei giudici e dei procuratori. Tute queste cariche dovrebbero essere controllate entro il 20 novembre prossimo. Adesso, però, ci aspetta il controllo dei candidati alle prossime elezioni amministrative, che dovrebbero essere tra i 50 e i 60mila.

Quali sono le difficoltà principali che vi trovate ad affrontare nel corso del vostro lavoro di controllo?

Sono due i problemi principali. Il primo è la mancanza di una sede, il secondo il rallentamento del lavoro dovuto al fatto che l’archivio dei documenti non si trova a nostra immediata disposizione. Abbiamo ormai il sospetto che lo Stato stia sabotando il lavoro della Commissione. Secondo la legge, pur approvata da questo governo, avremmo dovuto ricevere una sede entro il 22 marzo scorso. Una sede è di importanza fondamentale non solo per la Commissione, ma anche per i cittadini che vogliono accedere ai documenti. Inoltre, in questa situazione gli stessi apparati di sicurezza sono nelle condizioni di rallentare a piacimento il flusso dei documenti richiesti, di cui continuano ad essere particolarmente gelosi.

Quindi lei avverte che gli organi dello Stato non collaborano pienamente nel tentativo di portare alla luce il passato relativo alla Darzhavna Sigurnost…

Assolutamente, anzi direi che la Commissione lavora non grazie, ma nonostante lo Stato. Gli stessi membri della commissione parlamentare a cui rispondiamo, anche quelli della maggioranza, ci hanno riferito le proprie preoccupazioni che l’intero processo stia venendo sabotato.

I documenti sono ancora nelle mani dei servizi. Questo non significa che sono in realtà ancora loro a controllare il flusso di informazioni che perviene dagli archivi?

Sì, in qualche modo. D’altra parte, però, i servizi sanno che presto o tardi riusciremo ad avere l’intero archivio, e quindi se qualcuno oggi nasconde qualcosa, verrà scoperto, e rischia le severe sanzioni di legge, che prevedono da tre a sei anni di reclusione e 15-30mila leva di multa (7-15mila euro).

Come fanno i cittadini ad avere accesso ai documenti?

Poter accedere ai documenti è un grande pregio di questa legge, perché dà ai cittadini la possibilità di sapere se sono stati vittima del sistema repressivo del regime. Più di mille persone ne hanno già usufruito: basta una richiesta in forma scritta alla Commissione, che risponde entro 30 giorni. Se vengono trovati documenti a carico dei richiedenti, questi possono accedervi ed averne una copia.

Nei giorni scorsi, il leader del partito "Red, zakonnost i spravedlivost" ( Ordine, legalità e giustizia), Yane Yanev, ha accusato l’ex tzar Simeone II di aver collaborato con la DS. Qual’è il suo giudizio su quanto accaduto?

Soltanto la Commissione può pronunciarsi sull’appartenenza o meno ai servizi segreti comunisti, ed esclusivamente sulla base di documenti. Se qualcuno è in possesso di materiali a riguardo, ha il dovere di consegnarli a noi, altrimenti rischia le sanzioni di cui parlavo precedentemente. Io sospetto fortemente, visto l’avvicinarsi delle elezioni, di un intrigo di carattere politico. D’altra parte, mi sembra l’ennesimo tentativo di mettere in crisi il processo di emersione della verità.

Quali sono le conseguenze per gli uomini pubblici di cui si scopre il passato nella DS?

La legge non prevede nessun tipo di "lustracija", di epurazione, e le conseguenze sono di carattere esclusivamente morale. Il provvedimento vuole che sia stabilita la verità storica su chi collaborò con l’apparato repressivo, e dare la possibilità ai cittadini ed elettori di sapere "chi è chi". Io credo che il testo di legge, anche senza sanzioni, possa avere un effetto di risanamento della società, almeno sul lungo periodo, come dimostra la risonanza mediatica che riceve il lavoro della Commissione. Conoscere aiuta a superare gli aspetti oscuri del passato.

Ma lei, personalmente, pensa che avrebbe dovuto esserci un qualche tipo di epurazione?

Ho sempre ritenuto che fosse necessario. Oggi, però, avendo la possibilità di lavorare da vicino sul tema, considerati i 17 anni trascorsi e soprattutto la cultura politica in Bulgaria, credo che si rivelerebbe una mossa controproduttiva. L’importante è rispettare la legge attuale, un passo in avanti necessario ed importante per il paese. Per la "lustracija" è davvero troppo tardi.

Molti ritengono che i documenti su cui lavorate siano già irrimediabilmente manomessi, e che su molti ex collaboratori della DS non verrà mai fatta piena luce…

Di certo gli archivi sono stati "ripuliti", soprattutto nel 1990, quando il ministero degli Interni era guidato dal generale Semerdzhiev. Ma, come ha scritto Bulgakov, "i manoscritti non bruciano", e così i documenti, e alla fine restano sempre delle tracce.

Dopo tutti gli anni trascorsi, non crede che sia troppo tardi per dare una risposta soddisfacente alla questione degli ex-agenti della DS?

No, perché tra la gente questo rimane un tema vivo. Dire che non interessa più è soltanto una mistificazione creata ad arte, smascherata facilmente dalle migliaia di persone vengono a richiedere documenti dagli archivi della DS. La loro apertura ci dà poi l’opportunità di riscrivere intere pagine della nostra storia recente. Basti pensare al modo con cui i documenti mostrano in modo evidente l’assoluta dipendenza dei nostri servizi rispetto al Kgb. Basta leggere commenti del tipo "chiedere il parere dei compagni russi", oppure "da spedire a Mosca", per rendersi conto quanto il nostro paese fosse davvero poco sovrano.

Ma perché, secondo lei, la Bulgaria affronta la questione in netto ritardo rispetto agli altri paesi dell’ex blocco comunista?

Innanzitutto per la nostra stretta dipendenza dall’Urss, e poi il fatto che la Bulgaria è il paese in cui gli ex membri dei servizi segreti sono riusciti a penetrare più profondamente all’interno delle strutture politico-economiche della transizione. Basti pensare che anche l’attuale presidente della Repubblica ha collaborato attivamente con la DS, per capire quanto sia difficile e lento il processo di emersione della verità in Bulgaria.

Ha ragione chi parla, in Bulgaria, di una "transizione manipolata" dai vecchi servizi segreti?

Sì, almeno fino ad un certo punto. Avremo una risposta più chiara nel momento in cui, e la legge ce lo consente, potremo controllare il passato dei rappresentanti dell’attuale élite economica, che coincide in buona parte con quella politica del passato regime. Entro il prossimo anno dovremmo controllare direttori di banche, di società di assicurazione, agenti di borsa, direttori di società d’investimento e società per azioni. Forse, allora, la frase di Andropov "la transizione consiste in un confronto tra sistemi che porta alla convergenza di élite", acquisterà nuova luce, soprattutto se riferita alla Bulgaria.

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