Via dalla Bosnia Erzegovina

La Bosnia Erzegovina è il paese con il calo demografico più netto al mondo. Stando ai dati pubblicati dall’Unione per il rientro e l’integrazione sostenibile della Bosnia Erzegovina, dalla BiH dal 2013 ad oggi se n’è andato quasi mezzo milione di persone. E alla mancanza di manodopera locale si sopperisce con lavoratori stranieri

30/08/2022, Arman Fazlić - Sarajevo

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Sarajevo, operai al lavoro (foto A. Fazlić)

Stando ai dati emersi da un recente rapporto delle Nazioni Unite intitolato “Previsioni sulla popolazione mondiale 2022”, la Bosnia Erzegovina è il paese con il calo demografico più netto al mondo. Ogni anno la BiH perde più dell’1,5% dei suoi abitanti e – come dimostrano i dati pubblicati dall’Onu – tale trend entro il 2070 potrebbe portare ad un calo demografico di oltre il 50%, accompagnato da un progressivo invecchiamento della popolazione.

I dati diffusi dall’Agenzia per l’impiego dalla Bosnia Erzegovina dimostrano che nei soli primi tre mesi del 2022, 5048 persone hanno lasciato il paese per lavorare in Slovenia e Germania. Si suppone però che i cittadini bosniaco-erzegovesi che riescono a trovare autonomamente un’opportunità lavorativa all’estero siano molti di più di quelli che si rivolgono all’Agenzia per l’impiego.

Ad oggi la Bosnia Erzegovina ha stipulato accordi di reclutamento di manodopera con Slovenia, Qatar, Serbia e Germania (l’accordo con la Germania si riferisce ai soli lavoratori bosniaco-erzegovesi con un diploma di istruzione secondaria in medicina). Gli accordi con Slovenia e Germania dal 2013 vengono implementati con la mediazione dell’Agenzia bosniaca per l’impiego, mentre la collaborazione con Qatar e Serbia è attualmente sospesa a causa della mancanza di offerte di lavoro da parte dei due paesi.

Stando ai dati pubblicati dall’Unione per il rientro e l’integrazione sostenibile della Bosnia Erzegovina, dalla BiH dal 2013 ad oggi se n’è andato quasi mezzo milione di persone, di cui 170mila solo nel 2021, un trend che, secondo le stime, è destinato ad acuirsi ulteriormente.

Mancano però dati precisi sul numero dei cittadini bosniaco-erzegovesi emigrati all’estero perché – come sostengono alcuni esperti – molte persone che decidono di trasferirsi all’estero mantengono la residenza in BiH.

Secondo un’approfondita ricerca sui giovani in BiH , pubblicata nel luglio 2021 dall’Istituto KULT di Sarajevo, oltre il 50% dei giovani bosniaco-erzegovesi desidera lasciare il proprio paese. Dati simili sono emersi anche da uno studio realizzato tra gennaio e marzo 2021 dall’Agenzia dell’Onu per la salute sessuale e riproduttiva (UNFPA). Tra i principali motivi di spinta all’emigrazione citati dagli intervistati sono la pessima situazione economica della BiH, la corruzione, il nepotismo, la criminalità e in generale la mancanza di prospettive per il futuro. Dalle risposte dei giovani intervistati emerge il desiderio di vivere in un ambiente ordinato e sicuro, senza temere di costruire una famiglia.

Ad emigrare sono anche intere famiglie che, in cerca di una vita migliore, se ne stanno andando sia dalle aree rurali della BiH sia da quelle urbane. Lo confermano i dati diffusi da diverse istituzioni scolastiche del paese, che registrano un costante calo di nuovi iscritti alla prima elementare, come anche al primo anno dei corsi universitari. Allo stesso tempo, cresce il numero dei genitori che, proprio a causa della decisione di lasciare la BiH, ritirano i figli da scuola. Dalla BiH se ne vanno anche gli anziani alla ricerca di una vita migliore.

Alcuni esperti ritengono che la Bosnia Erzegovina ormai da tempo avrebbe dovuto adottare una chiara strategia e intraprendere misure concrete per porre un freno all’emigrazione dal paese. Servono misure di ampio respiro e di lungo termine che coinvolgano vari livelli di governo per evitare che il trend demografico negativo si intensifichi ulteriormente. I decisori politici si limitano però a fare promesse e proclami populisti e a concedere, soprattutto alla vigilia delle elezioni, un aiuto una tantum ai giovani e alle famiglie.

Il ricorso a lavoratori stranieri per sopperire alla mancanza di manodopera locale

Stando agli ultimi dati disponibili, il mercato del lavoro bosniaco-erzegovese ha bisogno di diverse decine di migliaia di lavoratori in vari settori in entrambe le entità del paese.

Nei primi sei mesi del 2022 sono stati rilasciati 1270 permessi di lavoro ai cittadini stranieri, 274 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Secondo i dati diffusi dall’Agenzia per il lavoro e l’impiego della BiH, i permessi di lavoro riguardano principalmente tre settori (edilizio, commerciale e immobiliare) e sono stati rilasciati perlopiù ai cittadini della Serbia (253), della Turchia (242), Cina (85), Kuwait (60), Bangladesh (48), Emirati Arabi Uniti (42), Siria (36), Albania (35), Croazia (32), Arabia Saudita (30).

In Bosnia Erzegovina i lavoratori stranieri, sia qualificati sia non qualificati, vengono principalmente impiegati nel settore agricolo, nonché in quello edilizio e quello turistico-ricettivo. Il ricorso alla forza lavoro straniera è dovuto alla necessità di sopperire alla mancanza di manodopera locale. I datori di lavoro bosniaco-erzegovesi di solito offrono ai lavoratori stranieri non qualificati un salario mensile vicino a quello medio (circa 400-450 euro), coprendo anche le spese di vitto e alloggio.

La burocrazia e il lavoro grigio

Il rilascio del permesso per motivi di lavoro è un processo lungo e complesso che vede coinvolti i centri per l’impegno, i governi e varie agenzie delle due entità della BiH, nonché il consiglio dei ministri. Le procedure, troppo lunghe e complicate, riguardanti l’assunzione dei lavoratori stranieri alimentano “il lavoro nero” degli immigrati, motivo per cui è difficile stabilire con certezza quanto lavoratori stranieri ci siano effettivamente in BiH.

Nel corso del 2021 in Bosnia Erzegovina sono stati rilasciati 2638 permessi ai lavoratori provenienti da Turchia, Serbia, Albania, Bangladesh, Croazia e Macedonia del Nord. I datori di lavoro bosniaco-erzegovesi, alla prese con la costante carenza di manodopera, chiedono di aumentare, oppure di annullare del tutto le limitazioni attraverso quote dei cittadini stranieri che possono ottenere un permesso per lavoro in BiH.

Stando alle stime dell’Associazione dei datori di lavoro della Federazione BiH, al momento in Bosnia Erzegovina mancano circa 30mila lavoratori in diversi settori. Martedì 23 agosto l’associazione ha lanciato un appello , sottolineando la necessità di liberalizzare l’ingresso dei lavoratori stranieri in BiH e di semplificare le procedure, anche per porre un freno all’immigrazione “irregolare” per lavoro. I rappresentanti dell’associazione hanno spiegato che le loro richieste non sono motivate dal desiderio di avere a disposizione una forza lavoro a basso costo, bensì di sopperire alla totale mancanza di manodopera in alcuni settori.

Nel giugno 2022 in Republika Srpska sono state approvate alcune modifiche alla legge sull’impiego dei lavoratori stranieri e degli apolidi allo scopo di velocizzare le procedure di impiego di manodopera straniera. Con le modifiche in questione il termine massimo entro cui il Centro per l’impiego della RS deve decidere su una domanda di rilascio del permesso di lavoro ad un cittadino straniero è stato ridotto da 30 a 15 giorni. Inoltre, il Centro per l’impiego ha aumentato a 1400 la quota di permessi di lavoro per il 2022. Tuttavia, secondo i datori lavoro, sarebbe necessario aumentare ulteriormente la quota, concedendo ulteriori 400 permessi su base annua.

Secondo alcune stime, nei prossimi tre, quattro anni in Republika Srpska verranno impiegati 50.000, stime sorprendenti considerando che, stando ai dati del Centro per l’impiego, nella RS ci sono 360mila disoccupati. In questa entità della BiH i cittadini stranieri di solito vengono impiegati come lavoratori nell’edilizia, ristorazione, commercio e artigianato.

L’Unione dei sindacati indipendenti della Bosnia Erzegovina ritiene che la liberalizzazione della circolazione dei lavoratori stranieri in BiH possa rappresentare una minaccia per la manodopera locale e che i decisori politici debbano focalizzarsi sulle misure volte a prevenire l’emigrazione dei lavoratori bosniaco-erzegovesi.

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