Le mucche della Val Rendena, a Srebrenica

La transumanza della pace è un progetto sostenuto dalla Provincia Autonoma di Trento che mette in relazione comunità di allevatori della Val Rendena e di Srebrenica. Nato da un’idea di Roberta Biagiarelli, attrice e autrice, e di Gianni Rigoni Stern. Il racconto

22/12/2010, Roberta Biagiarelli -

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Le mucche della Val Rendena (Foto Bianca Pasquini)

Sono più di dieci anni che orbito intorno a Srebrenica, umanamente e professionalmente, dal mio monologo teatrale “A come Srebrenica” (1998) al documentario “Souvenir Srebrenica” (2006), all’ideazione e realizzazione come responsabile del “Progetto pilota a sostegno della Comunicazione per lo sviluppo sociale e culturale in Bosnia Erzegovina”, svolto grazie alla Cooperazione italiana in BiH, un progetto di rivitalizzazione culturale destinato alle aree di Srebrenica e Bratunac, che ho coordinato da gennaio 2009 a marzo 2010. In questo lungo tempo ho incontrato decine, centinaia di persone che mi si propongono spesso come volontari “per fare qualcosa lì, a Srebrenica… dove vai sempre…”, ma due anni fa ad Asiago (Vicenza) ho conosciuto un volontario speciale, un uomo straordinario, un montanaro di razza: Gianbattista Rigoni Stern, detto Gianni. Gli ho raccontato della “mia” Srebrenica e dei suoi dintorni, ho intuito che potevamo architettare qualcosa.

Gianni Rigoni Stern

Gianni Rigoni ha messo piede per la prima volta in quei luoghi remoti nell’estate 2009, e praticamente, come succede a molti, non se ne è più andato.

Gli avevo proposto “vieni a potare gli alberi nei giardini delle donne a Srebrenica”. Dopo un suo primo sguardo sulla cittadina, la risposta che mi ha dato è stata categorica: “Xè una monada!”. Ha cominciato a concentrare tutta la sua esperienza e le sue attenzioni sull’Altopiano di Sućeska (800 metri di altitudine, a poco più di 10 chilometri dal centro di Srebrenica).

Per Gianni, è stato come andarsi a cercare un posto che assomigliasse a casa sua e ritrovarsi sull’Altopiano di Asiago, ma ad un’altra latitudine. La prima cosa che ha fatto è stato censire e conoscere Sućeska, contrada per contrada, pezzo dopo pezzo. L’ha fatto nel modo più umano e naturale: è entrato nelle case delle persone. Si sono così susseguite una serie di svariati pranzi e cene, lunghe chiacchierate, consigli su erbe naturali grazie alla collaborazione di Edin Durak (Edo) in veste di accompagnatore e interprete. Nel frattempo Gianni ha fatto sopralluoghi, accumulato dati, ha stilato un utile censimento dell’area: quante persone, la loro età, l’allevamento, il tipo di agricoltura…

Sućeska, Srebrenica

A Sućeska oggi vivono i sopravvissuti di una comunità di agricoltori prevalentemente musulmani che sono stati decimati dalla guerra (in quell’area la pulizia etnica ha eliminato circa l’85% della popolazione maschile). Dal 2000 le persone sono via via ritornate a vivere in quella zona, spesso i capifamiglia sono donne vedove, anziani o ragazzi molto giovani che praticano un’agricoltura di autoconsumo e sognano di andare a vivere altrove.

Al primo viaggio di Gianni ne sono seguiti molti altri, almeno dieci in un anno, fatti con suoi amici esperti di prati, di pascoli, boschi, bestiame, che ogni volta aggiungevano un tassello al piano sempre più scientifico che Gianni aveva in mente.

La guerra, con la distruzione totale di tutte le case e le stalle pre-esistenti, oltre alla morte e alla scomparsa di gran parte della popolazione, ha causato l’abbandono di vaste superfici coltivate causando il degrado di prati e pascoli. La cosa che più salta all’occhio quando si sale in Altopiano a Sućeska è un tipo di felce infestante e tenace, che si è mangiata la terra da coltivare e quella sulla quale un tempo pascolavano gli animali.

Chi è tornato spesso alloggia in case non ancora finite, dispone di piccole stalle con gravi carenze igienico-sanitarie. Pochi sono gli animali, e scarsissime le attrezzature per i lavori di campagna.

Ma abbiamo trovato tanta buona volontà, persone generose che nella difficoltà e nella dignitosa miseria hanno voglia di ricominciare.

Un'allevatrice a Sućeska, Srebrenica (Foto Bianca Pasquini)

Un’allevatrice a Sućeska, Srebrenica. Vai alle foto di Bianca Pasquini

Nella scorsa primavera hanno preso avvio le lezioni di Gianni, per poter trasmettere alla popolazione l’esperienza e le tecniche base del coltivare e dell’allevare, tre incontri di due ore ciascuno con cadenza mensile. C’è stata molta partecipazione: 50 iscritti, uomini e donne che accorrevano dalle contrade più disperse, donne che facevano anche un’ora di strada a piedi per raggiungere il Centro giovanile di Sućeska, unico luogo di incontro collettivo della zona oltre alla moschea.

La condizione posta da Rigoni è stata che “solo chi avrebbe frequentato il corso per intero avrebbe avuto diritto a ricevere in dono una vacca.”

Val Rendena

E così è andata. Gianni ha messo a disposizione tutta la sua competenza e tenacia da montanaro, acquisita in trent’anni di lavoro come funzionario della Comunità Montana. Ha capito anche che per fare un passo ulteriore nell’iniziativa di solidarietà occorreva trovare un’Istituzione italiana disposta ad investirci, e si è rivolto alla Provincia Autonoma di Trento e in particolare al suo Presidente, Lorenzo Dellai. La risposta è stata benevolmente accolta, tanto più che la scelta del tipo di animale identificato come maggiormente adattabile ed idoneo per la zona di Sućeska era già ricaduta sulle bestie di razza Rendena , un’antica specie autoctona trentina, un animale rustico molto adattabile, razza a duplice attitudine latte e carne.

E’ iniziata per mesi una trafila di pacchi e pacchi di carte, permessi, timbri, controlli, autorizzazioni, rinvii, regole che si modificavano di giorno in giorno. Finalmente, ottenuti tutti i documenti necessari, ogni animale ha avuto il passaporto in regola per partire.

Il 1° dicembre 2010 nevicava. Siamo andati in Val Rendena, a Caderzone (TN), a ritirare gli animali dagli allevatori trentini: 48 manze e manzette di età compresa tra i 12 e i 24 mesi, alcune già gravide, le altre da ingravidare, per iniziare con le bestie il viaggio verso la Bosnia Erzegovina. Alcuni allevatori, soprattutto quelli con le stalle più piccole, avevano quasi le lacrime agli occhi. Io gli ho fatto vedere sulla carta geografica dov’è Sućeska, gli ho spiegato che gli animali sarebbero andati a persone che li avrebbero trattati bene. Qualche manza non aveva proprio voglia di salire sul camion, come la Sissi, recalcitrante a lasciare la sua antica stalla e la sua padrona. È scappata in mezzo alla neve e ci hanno messo un po’ a riacchiapparla, prima di spingerla sul camion.

Dopo una sosta degli animali presso la stalla della Federazione Provinciale Allevatori a Trento, le 48 manze e manzette sono state fatte risalire su un tir a due piani diretto al confine croato–bosniaco. La frontiera tra Croazia e Bosnia Erzegovina è stata fatta a Županja, sette ore di attesa, poi ci siamo diretti a Odžak, nella stalla di confine prescelta affinché gli animali potessero essere sottoposti ad un periodo di quarantena. La notte in cui le bestie sono arrivate, dopo 24 ore di viaggio, non muggivano neanche più, avevano solo fame. La Bosnia era alluvionata e c’era molta nebbia, ma sono scese saltellanti dal tir annusando l’aria umida e fredda. Avranno pensato che ora gli toccava davvero imparare una nuova lingua, piena di consonanti.

Ad accoglierle c’era un abbondante letto di paglia, erba medica e mangime, un custode e altri uomini in affari a controllo dell’area che ospita la stalla, una vecchia struttura collettiva con personaggi usciti direttamente da un film di Kusturica, giacca di pelle nera e scarpa a punta. A rassicuraci un veterinario dall’aria molto professionale.

Il 22 e 23 dicembre le mucche verranno consegnate alle famiglie di Sućeska. L’assegnazione è avvenuta per sorteggio.

Ho scoperto, spulciando le carte, che Sissi, manza di 18 mesi della stalla della signora Angela Alberti, di Caderzone, andrà a Ramiza Hasanovic. Una bella coincidenza, un passaggio – consegna da allevatrice a allevatrice.

Un road movie

Per poter dare seguito e visibilità a questo progetto sto filmando il tutto, grazie al contributo dell’Assessorato alla Solidarietà internazionale e alla convivenza della Provincia Autonoma di Trento, e in particolare dell’assessora Lia Beltrami Giovannazzi. Il progetto è quello di un road movie sulla transumanza della pace, dalla Val Rendena (Trento) all’Altopiano di Sućeska, Srebrenica, per raccontare questa impresa di solidarietà che ha spinto Gianni Rigoni Stern a dedicare tempo, energie ed esperienza a popolazioni geograficamente vicine a noi che hanno vissuto in un passato molto recente le atrocità della guerra e l’efferatezza del genocidio. Per sottolineare, con le parole di Mario Rigoni Stren, che “siamo tutti compaesani”.

In futuro c’è il desiderio e l’auspicio di poter portare a Sućeska alcuni allevatori rendenari trentini, per consegnare agli allevatori in loco dei campanacci e rinsaldare quel legame di solidarietà tra comunità che può dare sostenibilità futura all’iniziativa. Inoltre, c’è il sogno di aprire a Sućeska un piccolo caseificio, portare fin là dalle Alpi un Maestro casaro che possa trasmettere la sua esperienza e la sua conoscenza nel fare formaggi.

A Sućeska ormai Gianni lo conoscono anche le pietre. Con lui ho un’amicizia costruita su un progetto, decine di mail, telefonate, messaggi, conversazioni su skype (di cui un anno fa ignorava l’esistenza), che da parte sua cominciano sempre con : “Sta’ attenta! Xè tutta colpa tua, sacramento. Mi te copo!” Le difficoltà, gli impicci burocratici da superare, finora sono stati tanti. A volte passava la voglia. Gianni l’ho sentito scoraggiato, arrabbiato, sempre in movimento, sul campo a controllare le inseminazioni, a dare consigli, a dare risposte e a fare ancora lezioni come volontario.

Seguendolo in una visita di controllo all’adeguamento delle stalle, due settimane fa, ho incontrato una signora in una sperduta contrada di Sućeska. Mi ha detto: “Io il corso con Gianni non l’ho fatto, quindi la mucca non mi verrà donata, ma a mia figlia sì, è come se l’aveste regalata a me!” Sua figlia è Ramiza Hasanovic, la nuova padrona di Sissi.

“Mashallah, Mashallah”, ci ha continuato a dire la signora mentre salivamo in macchina. È un turcismo, una espressione di stupore e piacere, di gioia al ricevimento degli ospiti, come dire per estensione… benedetto da Dio, è una protezione dal malocchio, un bell’augurio che ha continuità nel futuro…

Ecco, questo è per noi il nostro più bel regalo di Natale.

Appello

A chi può rendersi concretamente utile: abbiamo bisogno di macchine per sfalciare e debellare la felce, e far tornare le mucche a pascolare sui prati. Ci servono trattori, anche usati. Donazioni per costruire concimaie. Contattateci . Grazie

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