L’8 marzo di Mostar, la rossa
La celebrazione della Festa della Donna a Mostar. Le differenze tra la parte orientale e quella occidentale della città in un viaggio nel tempo delle feste passate
Oggi è l’8 marzo, giornata internazionale della donna. In Bosnia Erzegovina, anche quest’anno, questa ricorrenza sarà celebrata in maniera discreta. Qualche cena tra amiche e amici (i mariti saranno gentilissimi), qualche partito politico ricorderà che la donna deve avere gli stessi diritti degli uomini e così via. Oggi come oggi, 16 anni dopo la fine della guerra, l’8 marzo è accettato più o meno da tutti. I primi anni dopo la guerra invece, ad esempio nella parte croata di Mostar, questa festa era quasi dimenticata. Silenzio assoluto. Lo stesso succedeva per il Primo maggio, festa internazionale del lavoro. Queste due feste erano considerate troppo rosse, comuniste, e tutto quello che ricordava il vecchio regime doveva essere buttato via, dimenticato per sempre.
Col tempo, però, l’atmosfera politica diventava meno pesante anche in questa parte della città, e già dopo l’anno 2000 per le strade di Mostar Ovest tornavano le rose rosse e piccoli regali-gadget per la Festa della donna. Pian piano si è capito anche qui che l’8 marzo e il Primo maggio venivano celebrati anche in tutta l’Europa cattolica. Anche in Croazia si poteva festeggiare, perché dunque avrebbe dovuto essere vietato nella “Herceg-Bosna”? Qualcuno però, alla Festa della Donna, ha continuato a preferire il giorno della mamma, che si festeggia in maggio…
Prima della guerra
Ma com’era l’8 marzo prima della guerra? Ai primi di marzo c’era un grande movimento. I preparativi per la festa. Le decisioni su cosa comprare, quali regali fare. La mimosa non faceva parte della nostra tradizione, dunque un bel mazzo di fiori (rose o garofani) per la maestra, oppure un vaso di ceramica. Una regola non scritta prescriveva che il marito comprasse un regalo carino per la moglie (fiori, ma anche un oggetto di valore come un braccialetto o una collana). Di sera, poi, i ristoranti erano pieni. Donne in abito da sera, con le acconciature “del momento”, uomini in cravatta e camicia bianca. Era una bella occasione per stare insieme, parlare, cantare. All’inizio della serata le donne erano al centro dell’attenzione. Poi, finiva che qualche marito beveva un po’ troppo… In ogni caso, era un giorno importantissimo per le donne. Un giorno particolare. I regali arrivavano da tutte la parti, dai mariti, dai figli, dai colleghi. Ma anche le donne si facevano regali tra di loro. “Non so cosa regalerò a Jasna quest’anno, l’anno scorso lei mi regalò quel grande vaso cinese”, ecc.
Per la società jugoslava, l’8 marzo era quel giorno dell’anno in cui si parlava di quanto fosse importante il ruolo della donna per il nostro sistema dell’autogestione, per la rivoluzione, per una società nuova, migliore, più giusta. A scuola c’erano feste, pannelli con le foto di Rosa Luxemburg, Clara Zetkin, Valentina Tereškova, ma anche con le eroine della guerra Marija Bursač, Mika Bosnić e altre… Ma sono tempi passati. Tutto è cambiato. L’ideologia, soprattutto.
Nel desiderio di dimenticare il passato sono state introdotte feste “nuove”. Al primo posto ci sono quelle religiose che, prima della guerra, in Bosnia Erzegovina non si festeggiavano molto: Natale, Bajram, Pasqua… Tra queste, anche la giornata del pane (festa cattolica che viene celebrata nelle scuole di Mostar ovest) e San Valentino, il giorno degli innamorati.
San Valentino o i partigiani?
Lo scorso 14 febbraio, San Valentino si è festeggiato anche a Mostar. La parte ovest (quella croata) era piena di cuoricini, rose, e tanti altri simboli dell’amore. Qualche festa in ristorante, la musica… E’ una festa per gli innamorati, ma anche una festa cattolica – si dice a Mostar Ovest. Anche a Mostar Est c’è gente che, in maniera discreta, celebra San Valentino. In questa parte della città, però, in quel giorno si celebra un’altra ricorrenza molto importante, il giorno della liberazione di Mostar nella Seconda Guerra Mondiale. Il 14 febbraio 1945 è infatti il giorno in cui è nata la Mostar libera, antifascista. Una Mostar rossa. E’ un’eredità del passato, insomma, che adesso viene “curata” soprattutto nella parte bosniaca. E’ il giorno in cui si ricordano tutti i caduti nella Seconda Guerra Mondiale, si portano i fiori al Cimitero dei partigiani e agli altri monumenti del periodo. Nella parte est, in quel giorno si svolgono tutta una serie di manifestazioni. Si visitano anche le tombe degli “šehid” (i bosniaci caduti nell’ultima guerra). E su questo, naturalmente, ci sono polemiche. C’è infatti chi ritiene che la guerra del 1941-1945 non dovrebbe essere “mescolata” con quella del 1992-1995. Quindi, mentre gli uni vanno a visitare i monumenti della Seconda Guerra Mondiale, gli altri li danneggiano, li distruggono. È successo anche quest’anno. Alla vigilia del 14 febbraio, infatti, alcuni monumenti che ricordano i partigiani sono stati danneggiati.
Il 14 febbraio, insomma, è uno dei giorni dell’anno in cui la differenza fra le due parti della città è ancora ben visibile. Sarà così sicuramente anche oggi, 8 marzo. Non perché la parte croata non voglia celebrare la giornata internazionale della donna, ma perché sempre oggi si celebra Poklade, il carnevale. Le strade di Mostar ovest saranno quindi aperte per tutte le processioni, i rituali con le maschere, i ragazzi in costume. Mostar Est, invece, sarà un po’ più tranquilla.
La rossa
Mostar, dopo la Seconda Guerra Mondiale, è sempre stata considerata una città “rossa”, un po’ come l’italiana Bologna. E un po’ di rosso, a Mostar, è rimasto anche oggi. Qualche garofano che ricorda la lotta antifascista, qualche cuoricino per San Valentino.