Drum and bass a Sarajevo
Musica elettronica e drum ‘n’ bass a Sarajevo. Sloven Anzulović, alias Mpj Slo, parla del progetto Kontra Djs crew, e delle difficoltà di emergere dei nuovi scenari musicali in Bosnia. Proseguiamo con le pubblicazioni del dossier sulla scena musicale bosniaca
Di Francesca Rolandi, Monika Piekarz e Andrea (Paco) Mariani
Qual è la storia della vostra crew?
La Kontra Djs Crew è nata come un progetto di persone che volevano creare una nuova scena drum ‘n bass in Bosnia Erzegovina, spinti anche dal fatto che qui non abbiamo una buona scena di musica elettronica.
Abbiamo iniziato spinti proprio da questa mancanza: in Croazia e Serbia, ad esempio, esiste un’ottima scena musicale elettronica.
La crew è composta da me, dj Aldin e un nuovo dj, Billain, proveniente dalla nuova generazione, un vero talento. Ci sono inoltre un altro paio di persone che non sono ufficialmente nel progetto, ma collaborano con noi per quanto riguarda promozione e design.
Qual è la situazione nel panorama della musica elettronica qui a Sarajevo?
Durante gli anni ’90 nel resto del mondo è emersa una nuova e grande scena musicale elettronica. Il problema è che a causa della guerra noi ci siamo persi quella fase cruciale di auto-formazione, un turning point nella storia della musica elettronica.
Qui a Sarajevo c’era qualche iniziativa, piccoli esperimenti in tal senso a partire dal 1997, ma forse era già troppo tardi. Per esempio, noi stessi non abbiamo iniziato prima del 2000. Per quando riguarda la scena musicale e la possibilità di organizzare party, diciamo che forse la situazione è leggermente migliorata. Bisogna ammettere, però, che alcune cose sono peggiorate: oggi in Bosnia viviamo in una società conservatrice, e questo inevitabilmente influenza le potenzialità e la creatività della scena musicale.
Oggi ad esempio puoi vedere arrivare ad un party persone che sentono solo la necessità di assumere droghe o di usare un linguaggio e un modo violento per comunicare con gli altri. Questo perché la nostra società è oggi intrisa di machismo e senso del branco.
In conclusione, riguardo la possibilità di suonare e di avere spazi per esprimere la musica, la situazione non è molto buona. Rispetto invece alle nuove generazioni, credo di poter dire che qualcosa sta crescendo.
Cosa ne pensi del fenomeno del turbofolk?
Riguardo alla musica turbofolk, posso solo dire che prima non era presente come lo è oggi. Questo di per sé non è un , ma lo diventa quando questa musica è onnipresente, quando comincia, come ora, a togliere spazio a tutti gli altri generi musicali. Questo tipo di musica è penetrato nella scena culturale bosniaca in un modo sbagliato. Si tratta di un problema culturale, connesso ai cambiamenti demografici. Davvero non saprei dirti quante persone della mia generazione se ne sono andate via da qui, da Sarajevo, e quante altre persone, completamente diverse da noi, provenienti da altre parti della Bosnia, qui si sono trasferite. E puoi immaginare…una situazione del genere può cambiare tante cose! Esiste una chiara connessione tra cambiamento demografico e decadenza culturale.
C’è un messaggio politico nella vostra musica?
Qui devi stare spesso attento a cosa dici e cosa non dici rispetto a questioni politiche. Non so… certamente abbiamo un messaggio politico, ma non in forma diretta, non con un impatto diretto. Noi promuoviamo alcune cose in cui crediamo, questo sì, ma siamo una ONG, e non possiamo permetterci di promuovere un messaggio politico troppo diretto. Siamo perfettamente consapevoli della terribile scena politica che ci circonda, ma d’altra parte crediamo di non poter fare nulla da soli. Forse insieme ad altri gruppi o associazioni, ma non di certo da soli.
Dove suonate abitualmente? In quale genere di spazi?
Abbiamo suonato spesso in festival, come all’Exit di Novi Sad tre anni fa. Abbiamo suonato anche all’estero: in Francia, Austria, Bulgaria, Croazia e Macedonia, grazie soprattutto alle connessioni con altre crews che contattiamo in internet.
Trovare spazi qui a Sarajevo non è così facile. Per esempio, fino a due anni fa suonavamo spesso al Labirint, un club della città, che oggi si è trasformato in una discoteca turbofolk. In questo periodo suoniamo spesso al So.ba o all’Access, dove ci sentiamo a nostro agio, ma il problema è che sono veramente piccoli!
Anche il problema degli spazi è inevitabilmente connesso a quello demografico. Il cambiamento demografico a Sarajevo ha cambiato molte cose in città, perché molte persone dalla campagna si sono trasferite qui. Credo che i cambiamenti demografici siano una cosa normale, ma quello che è avvenuto qui è stato troppo veloce e di ampia portata. Non è stato un processo graduale.
Collaborate con altre band?
Certamente: nella musica, nell’organizzazione di party, e in altro. Collaboriamo con altre crews a Zagabria, con Kodex in Serbia, o ancora All Jungly di Spalato. Anche qui a Sarajevo collaboriamo con molti gruppi e associazioni culturali, ci conosciamo e ci aiutiamo a vicenda. Ma il vero problema di Sarajevo è che è una piccola città di 500.000 abitanti; forse, per la scena musicale, sarebbe meglio se fosse più grande.
Secondo te qual è oggi la relazione tra le ex repubbliche jugoslave dal punto di vista musicale?
Parlando del mercato discografico è molto facile tentare di espandersi nelle altre repubbliche, perché siamo veicolati dalla stessa lingua. Questo è molto positivo per noi, perché il mercato discografico bosniaco conta 4 milioni di persone, poche in confronto alla popolazione della ex – Jugoslavia. È quindi scontato per un artista tentare di espandere le proprie vendite nelle altre parti della regione, e anche eventualmente in paesi stranieri. Purtroppo però, rispetto alla Croazia, la situazione cambierà quando questa entrerà nel sistema UE e noi avremo bisogno di un visto per poter andare lì.
Cosa intendi dire?
Intendo dire che qui in Bosnia Erzegovina abbiamo molti problemi rispetto al rilascio di visti per poter andare in molti paesi esteri. E questo problema ricade inevitabilmente anche sulla scena musicale locale. Magari se in futuro avremo un sistema politico migliore, qualcosa cambierà.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Non so, molti di noi hanno un lavoro e sempre meno tempo per il progetto, ma spero tanto che una nuova generazione possa maturare e crescere, magari che possa prendere in mano e seguire i nostri progetti, o anche fare qualcosa di nuovo.
Quali prospettive future vedi per la città di Sarajevo?
Credo che per quanto riguarda la scena musicale il vero problema di Sarajevo riguarda le grandi difficoltà per la crescita di una nuova generazione. D’altra parte ci sono anche buone possibilità da sfruttare, per esempio il Sarajevo Film Festival, durante il quale si aprono molti più spazi rispetto al resto dell’anno, e si tengono iniziative culturali e musicali. In generale non sono molto ottimista rispetto alla situazione culturale ed artistica di questa città, perché credo che stiamo perdendo quell’entusiasmo, quell’energia e quella creatività che hanno attraversato la città subito dopo la guerra, e specialmente in campo culturale e musicale. Oggi la situazione sta peggiorando, anche perché la gente ha molti problemi, in primis non ci sono soldi e manca il lavoro.
Credo anche di poter dire che la catastrofica situazione politica in cui ci troviamo abbia distrutto questa creatività e questo entusiasmo.