Balcani | |
La pandemia e i giovani nei Balcani
Le misure restrittive dovute alla pandemia da Covid-19 rischiano di mettere in difficoltà ancor di più i giovani nei Balcani, un segmento di popolazione da anni in costante declino demografico. Un quadro su contagi e stato della campagna vaccinale nella penisola balcanica, con uno sguardo ai più giovani
Dalla didattica a distanza a un mondo del lavoro sempre più irraggiungibile, dal tempo libero non più libero alle difficoltà psicologiche. I giovani, pur non soffrendo gli effetti sanitari più gravi causati dal Covid-19, sono stati senza dubbio uno dei segmenti di popolazione più penalizzati dalla pandemia dal punto di vista sociale ed economico. Ma per i giovani della penisola balcanica il Covid si è sommato a una situazione già poco favorevole, che negli anni passati ha portato molti a emigrare.
Sempre meno giovani
La popolazione dei Balcani soffre un calo sistematico da ormai qualche decennio, e la pandemia rischia di peggiorare ulteriormente la situazione. Come mostra il grafico sottostante, dal 1990 in poi la popolazione complessiva dei 6 paesi dei Balcani Occidentali insieme a Croazia e Bulgaria è scesa costantemente, contando nel 2020 lo stesso numero di abitanti che popolavano l’area nel 1970.
Le fasce d’età più colpite dal calo demografico sono state soprattutto quelle di giovani e giovanissimi, tanto che tra il 1990 e il 2020, il numero di ragazzi di età compresa tra 0 e 14 anni e tra 15 e 24 anni è diminuito rispettivamente del 44% e del 37%, a fronte di un aumento degli over 65 di ben 65 punti percentuali. Il risultato è che i giovani di età inferiore ai 25 anni rimasti nei Balcani sarebbero circa 7,6 milioni (erano quasi 13 milioni nel 1990) contro i 21 milioni di over 24 (che nel 1990 erano quasi lo stesso numero). Il calo della natalità è uno dei principali fattori del declino, ma lo è anche l’esodo che ormai da molti anni porta soprattutto i giovani a emigrare altrove.
I dati su contagi e decessi per fascia d’età
La pandemia da Covid-19 e la crisi economica che ne è conseguita rischiano ora di peggiorare una situazione già di per sé molto precaria. Ma come se la sono passata dal punto di vista sanitario, prima che da quello economico, i giovani rimasti?
Come nel resto del mondo, anche nei Balcani gli effetti più gravi causati dal Covid-19 hanno colpito le fasce più anziane della popolazione, ma nei pochi paesi che hanno riportato dati sulla diffusione del contagio per fascia d’età, il numero più alto di casi dall’inizio della pandemia ad oggi si è registrato tra gli adulti di età compresa all’incirca tra i 25 e i 40 anni. Meno grave l’impatto sui più giovani, sia per quanto riguarda i casi – in Albania e Federazione BiH, una delle due entità che costituiscono la Bosnia Erzegovina, gli under 30 contagiati sono meno del 20% sul totale dei contagiati, mentre in Montenegro sono circa il 25% – sia, soprattutto, i decessi. In Albania e nella Federazione di Bosnia Erzegovina, dove sono stati presentati dati sulle morti per fascia d’età, il 90% dei decessi ha riguardato persone di età superiore ai 50 anni e quasi nessun under 30.
Lo stato delle campagne vaccinali
Come accade altrove, anche nei Balcani l’alleggerimento dei sistemi sanitari e la ripresa della vita sociale ed economica dipendono e dipenderanno fortemente dal successo delle campagne vaccinali. Purtroppo, i dati raccolti fino ad ora non sono affatto confortanti.
In tutti i paesi dell’area balcanica la percentuale di cittadini vaccinati è nettamente inferiore alla media dei paesi appartenenti all’Unione Europea, con Bosnia Erzegovina e Bulgaria fanalini di coda. La Bulgaria, in particolare, è il paese che fa peggio in assoluto: solo il 16% della popolazione risulta vaccinato con almeno una dose, più di 45 punti percentuali in meno rispetto alla media europea. La Serbia, invece, è il paese che registra la percentuale di vaccinati più alta: al 22 agosto, oltre il 42% dei cittadini serbi ha ricevuto almeno una dose; percentuale che rimane comunque ben al di sotto della media europea.
Se si guarda ai dati sulle vaccinazioni per fascia d’età, a fine luglio solo lo 0,3% dei ragazzi serbi sotto i 17 anni aveva ricevuto almeno una dose (poco più di 3.000 ragazzi), percentuale che si attesta al 15% per i giovani tra i 18 e i 24 anni e al 33,9% tra gli adulti nella fascia d’età 25-49.
Tra gli altri paesi, in Montenegro, al 24 luglio, solo il 15% e il 23% di chi ha un’età compresa rispettivamente tra 18 e 29 anni e tra i 30 e i 39 anni era stato vaccinato . In Bulgaria invece solo l’8,4% dei giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni e il 14% di chi ha tra i 25 e i 49 anni ha ricevuto almeno una dose . Numeri così bassi sarebbero principalmente dovuti a ritardi nelle consegne, scetticismo rispetto ai vaccini , ma anche a gravi difficoltà nella distribuzione: al 1 agosto, solo il 42,7% delle dosi di vaccino ricevute dall’apparato sanitario bulgaro era stato somministrato – anche in questo caso la percentuale più bassa tra i paesi UE. In Croazia la percentuale di cittadini vaccinati ammonta al 41% (al 22 agosto 2021). Anche i dati per fascia d’età sono più confortanti: ha ricevuto almeno una dose il 20,9% dei giovani tra i 18 e i 24 anni e il 35% degli adulti tra i 25 e i 49 anni.
Per quanto riguarda gli altri paesi dell’area balcanica i dati relativi alle vaccinazioni per fascia d’età non sono purtroppo al momento disponibili. Per quanto parziali, i dati sui vaccini rivelano un quadro non particolarmente promettente. La percentuale di giovani vaccinati tra i 18 e i 24 anni è ovunque nettamente inferiore a quella europea, che si attesta al 57,5% . Se gli ostacoli all’approvvigionamento e alla distribuzione dei vaccini non saranno superati presto, i tempi per la ripresa sanitaria – e di conseguenza quella economica e sociale – rischiano di allungarsi ulteriormente.
Questo articolo è stato pubblicato con il sostegno di Central European Initiative – Executive Secretariat