Adriaticaves, tutelare le grotte tra Italia e Balcani
Il progetto Adriaticaves, parte del programma di cooperazione Interreg Adrion, mira a favorire una gestione sostenibile dell’immenso patrimonio speleologico disseminato sulle due sponde dell’Adriatico, con attenzione particolare al turismo a basso impatto ambientale e ai territori svantaggiati
Grotte, doline e paesaggi carsici costituiscono una costante delle aree interne di tutti i paesi che si affacciano sull’Adriatico, dalla Puglia all’Albania, passando ovviamente per la regione che al fenomeno stesso dà il nome, il Carso, e la quasi totalità delle Alpi Dinariche. Eppure, mentre una manciata di grotte da sole costituiscono delle attrazioni turistiche di portata internazionale, la maggior parte delle altre è ancora poco conosciuta.
Il progetto Adriaticaves , che coinvolge l’Italia e cinque paesi balcanici (Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro e Albania), punta a condividere buone pratiche per tutelare un immenso patrimonio – ambientale, archeologico, culturale – vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici, all’inquinamento e anche alla cattiva gestione del turismo.
Coniugare sviluppo e conservazione
Adriaticaves si fonda su due obiettivi distinti: da un lato promuovere la fruizione sostenibile del patrimonio speleologico nelle cosiddette grotte turistiche, e dall’altro incrementare l’efficacia della conservazione di quelle non aperte al pubblico. Sette i partner coinvolti: in Italia il Parco Nazionale della Majella (leader del progetto) e l’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità della Romagna, in Croazia il Parco Naturale del Velebit, in Montenegro la società Grotta di Lipa, in Serbia il comune di Čačak e in Albania il Consiglio Regionale di Scutari.
Al progetto – parte del programma di coesione europea Interreg Adrion 2014-2020 – è succeduta una seconda fase, Adriaticaves Plus, consistente in un’azione pilota in una grotta abruzzese e terminata nell’estate di quest’anno.
Il valore complessivo del progetto è stato di poco meno di 1 milione e 500 mila euro, finanziati in gran parte dall’Unione europea attraverso il Fondo di Sviluppo Regionale per i paesi membri e i fondi IPA per i partner in fase di pre-adesione.
I partner hanno prodotto due documenti fondamentali: un Piano di Azione Internazionale per la tutela delle grotte , e la Carta delle Grotte , un documento per la gestione sostenibile delle grotte aperte al pubblico. Se il primo è stato pensato per assicurare la conservazione delle cavità naturali non aperte al pubblico e garantire che le attività turistiche siano conformi alla legislazione europea che protegge gli ambienti ipogei (direttiva Habitat), la Carta delle Grotte si rivolge a tutti gli attori che operano nelle grotte turistiche, comprese quelle non strettamente coinvolte nel progetto.
Le associazioni di speleologia, i comuni e gli enti parco firmatari si sono così impegnati a condividere linee guida comuni su tutte le fasi della fruizione turistica di una grotta, dai criteri per la scelta di quali si prestano ad essere rese visitabili agli studi e ai monitoraggi scientifici da intraprendere prima e durante l’apertura al pubblico, passando per la gestione dei flussi, la scelta dei materiali utilizzabili e così via.
È stato anche realizzato un libro in quattro lingue reperibile online, “The Book of Caves of the Adriatic and Ionian Areas”, che illustra diciassette grotte dei partner di progetto più altre altre venti gestite da organizzazioni che hanno firmato la carta impegnandosi a gestire le proprie grotte secondo gli standard adottati dal progetto.
"L’arcipelago delle grotte minori"
Se il novero delle grotte che circondano l’Adriatico comprende alcune tra le grotte più note al mondo (tra cui Postumia, la più famosa e visitata in assoluto), e una manciata di altri siti che richiamano ogni anno migliaia di turisti, molto spesso le aree carsiche si trovano in zone svantaggiate e spopolate. Uno degli obiettivi del progetto è stato perciò puntare sul turismo speleologico "minore" e sostenibile, attraverso la creazione di un unico marchio di qualità "Adriaticaves" e la promozione di offerte turistiche a basso impatto ambientale, che comprendano anche la formazione di guide speleologiche esperte, oltre a un network per far circolare informazioni e buone pratiche fra le speleoguide.
Il risultato è un vero e proprio "itinerario delle grotte" che, come un ferro di cavallo, circonda l’Adriatico. Dalle montagne della Majella (dove alla grotta del Cavallone, già visitabile, se ne aggiunge un’altra attrezzata durante il progetto) si arriva alle grotte della Vena del Gesso Romagnola, Arrivati sull’altro versante, l’itinerario passa per il massiccio del Velebit, la più grande area protetta della Croazia, e poi per la Bosnia con Bijambare, non lontano da Sarajevo, e Vjetrinca, la "grotta del vento", in Erzegovina. In Montenegro è possibile visitare la grotta di Lipa, già aperta al pubblico da alcuni anni. In Serbia il percorso contempla Kadjenica, la "grotta del fumo", in cui un altare ricorda la tragica uccisione da parte dei turchi di ribelli serbi che vi si erano rifugiati nel 1815, mentre in Albania è consigliata la Grotta di Kaurri, sede di un antico insediamento monastico ed è raggiungibile in barca dal lago di Koman.
Non tutte le grotte potenzialmente di interesse turistico potranno essere rese visitabili, alcune perché sono di difficile accesso e altre perché troppo vulnerabili all’impatto dei visitatori. Oppure, come è successo in fase di progetto, a causa della pandemia di Covid-19. Per questo la fase due del progetto, Adriaticaves Plus, si è concentrata sulla valutazione di come l’innovazione digitale possa integrare l’esperienza turistica, attraverso un’azione pilota nella Grotta Nera, in Abruzzo, ricostruita in dettaglio virtualmente e ora visitabile online.
Un patrimonio fragile e comune
Gli ambienti ipogei rappresentano un ecosistema quasi isolato dal mondo esterno, oltre a essere una fonte quasi inesauribile di reperti archeologici, paleontologici e di informazioni sui mutamenti ambientali del nostro pianeta.
"Proprio per il loro isolamento, però, le grotte sono ambienti particolarmente fragili e sensibili a qualunque turbamento artificiale indotto, e quindi è di primaria importanza proteggerle e sensibilizzare le persone che le frequentano", spiega Luciano Di Martino, direttore del Parco Nazionale della Majella, ente capofila del progetto.
"Le nostre montagne hanno molto in comune con quelle dell’altra sponda dell’Adriatico, non solo dal punto di vista culturale, ma da quello naturalistico geologico", prosegue Di Martino. "Hanno vissuto le stesse vicende climatiche, in particolare le glaciazioni, che hanno portato a un trasferimento di organismi biologici su entrambe le sponde, con peculiarità della flora che si ritrovano solo in questa regione. Un progetto Interreg come questo è un modo per indagare e gestire meglio questi ambienti rari e importanti, tra l’altro per la risorsa acqua, risorsa preziosa negli ambienti carsici, che è un bene di cui non possiamo fare a meno. Capire di più e capire come gestire al meglio queste grotte è un valore aggiunto per tutti i paesi coinvolti".
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Work4Future" cofinanziato dall’Unione europea (UE). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai ai materiali "Work4Future"