In ricordo di Bayram Mammadov, un giovane pieno di sogni

Bayram Mammadov era un giovane attivista dell’Azerbaijan, ingiustamente imprigionato nel 2016 e poi rilasciato su amnistia presidenziale. Dal 2020 era ad Istanbul per studi. Lo scorso 2 maggio è stato ritrovato morto nella città turca. La sua storia

07/05/2021, Arzu Geybullayeva - Istanbul

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Bayram Mammadov - foto © Vahid Aliyev

Nella mia vita ho scritto un solo elogio funebre, per mio padre che è morto nel 2012. Questo è diverso. Scrivere di qualcuno che era ancora così giovane e aveva grandi progetti è difficile. Ecco la storia di un giovane attivista dell’Azerbaijan, trovato morto il 2 maggio a Istanbul.

Scorrendo innumerevoli post dedicati a Bayram sui social, non si può fare a meno di infuriarsi, non solo perché è morto a soli 26 anni, ma per le terribili sofferenze che gli sono state inflitte per le sue opinioni e il suo attivismo.

"Bayram non era come gli altri", ha scritto su Facebook l’ex prigioniero politico Anar Mammadli: “Occupava un posto speciale fra tutti gli altri giovani attivisti. Non era populista. Era autocritico e lavorava duramente per studiare all’estero”.

"In questo paese, e in generale ovunque nel mondo, il progresso è possibile solo grazie a persone come Bayram […] Se non fosse per persone come Bayram, gli imbroglioni continuerebbero a farla franca. Il posto di Bayram nella storia del progresso è eterno", ha scritto l’accademico Altay Goyushov.

“Eri un buon amico, pieno di energia, un essere umano con dei principi. Non sarebbe dovuto succedere”, ha scritto l’attivista Ulvi Hasanli su Facebook.

“Ad uccidere Bayram sono stati il dolore e il trauma. Nessuno di noi poteva immaginare che cosa avesse visto e subito in prigione. Non si è mai considerato un testimone. Non ha mai parlato della tortura. Coloro che hanno distrutto la sua salute mentale sono quelli che lo hanno portato alla morte”, ha scritto il ricercatore e autore Bahruz Samadov.

Ho conosciuto Bayram durante la sua detenzione. Era uno dei due "prigionieri dei graffiti ", arrestato a maggio 2016 dopo aver spruzzato graffiti sulla statua dell’ex presidente Heydar Aliyev. I graffiti recitavano su un lato della statua "Happy Slave Day" in azero (un gioco di parole sulla frase "Happy Flower Day", festa nazionale dell’Azerbaijan che coincide con il compleanno di Heidar Aliyev) e "Fuck the system" sull’altro.

Dopo l’arresto l’11 maggio 2016, Bayram è stato picchiato da agenti di polizia. Il 12 maggio è stato condannato a quattro mesi di detenzione preventiva per false accuse di droga. In seguito, in una sua testimonianza , Bayram ha descritto ampiamente e dettagliatamente le torture subite.

Bayram ha inoltre scritto che, dopo essere stato costretto a salire su un’auto da tre uomini che non aveva mai visto prima, è stato portato al dipartimento di polizia e centro di detenzione temporanea di Sabuncu, dove è stato picchiato da sette o otto uomini che non indossavano le uniformi della polizia. Mentre picchiavano Mammadov, gli uomini continuavano a chiedergli perché avesse fotografato i graffiti e chi fossero i suoi collaboratori. Ma Mammadov non poteva rispondere: ha perso subito conoscenza. “Mi hanno picchiato più forte e preteso che accettassi le accuse [accuse di droga]. Mi hanno insultato. Mi hanno tolto i pantaloni e hanno minacciato di violentarmi con un manganello. Non ho avuto altra scelta che accettare le accuse, confessare e firmare la testimonianza che mi è stata consegnata".

L’8 dicembre 2016, Bayram è stato condannato  a dieci anni di carcere per possesso e traffico di droga. In una dichiarazione rilasciata lo stesso giorno, Denis Krivosheev, vicedirettore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale, descrive le accuse come “chiaramente fabbricate” per punirlo per il suo attivismo. "Questa pena scandalosamente lunga a seguito di una detenzione già prolungata, non necessaria e arbitraria è un duro colpo per tutti gli attivisti pacifici in Azerbaijan".

Giyas Ibrahimov, altro attivista, ha subito una condanna simile e i due hanno scontato la pena nonostante le numerose richieste di rilascio immediato.

Bayram e Giyas sono stati rilasciati poi nel 2019, con la grazia presidenziale. Che ironia: il figlio del presidente la cui statua è stata oggetto dei graffiti incriminati ha graziato gli attivisti, dopo aver rubato loro tre anni di vita e inflitto lor danni permanenti. Questo solo per potersi vantare in seguito della propria misericordia.

Il 13 febbraio 2020, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto all’unanimità la violazione degli articoli 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti), 5.1 (diritto alla libertà e alla sicurezza), 5.4 (legalità della detenzione), 10 (libertà di espressione) e 18 (uso improprio delle restrizioni nella Convenzione) nonché dell’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il tribunale internazionale ha inoltre condannato l’Azerbajian a pagare a ciascun ricorrente 30.000 euro per il danno non patrimoniale e 6.000 per i costi e le spese sostenute.

Bayram stava progettando di spendere quei soldi per la propria istruzione all’estero che aveva sempre sognato, e per quello era andato a Istanbul.

Bayram Mammadov - foto © Vahid Aliyev

Bayram Mammadov – foto © Vahid Aliyev

Capitolo Istanbul

A novembre 2020 Bayram si è trasferito a Istanbul, dove ha affittato un appartamento nel quartiere Kadıköy e ha chiesto un permesso di soggiorno. Andava a lezione di inglese e si stava preparando per gli esami IELTS richiesti per la maggior parte dei corsi post-laurea. Stava facendo domanda in varie università. “Ho scritto diverse lettere di referenze per Bayram. Stava aspettando notizie da Chevening [programma di borse di studio] e aveva fatto domanda in alcune università in Canada e per la Central European University [in Ungheria]. Voleva spendere il risarcimento che ha vinto alla Corte europea dei diritti dell’uomo per la sua formazione”, mi ha spiegato Anar Mammadli in un’intervista.

Bayram credeva nell’istruzione, dicono i suoi amici. Molti hanno scritto su Facebook che voleva studiare e tornare in Azerbaijian per aiutare gli altri e fare del bene.

Bayram è stato visto l’ultima volta il 29 aprile. Ha incontrato Elgiz Gahraman, un altro ex prigioniero politico che aveva conosciuto in prigione. I due sono rimasti in contatto fino al 2 maggio. Poi Bayram ha smesso di rispondere alle chiamate e ai messaggi. Poi un altro amico, Vahid, che non aveva avuto risposta da Bayram dopo averlo chiamato il 3 e il 4 maggio, ha chiamato Elgiz per avere notizie. Il 4 maggio, un gruppo di amici di Bayram è andato al suo appartamento, trovando tutti i suoi averi al loro posto, compresi cellulare e carta d’identità. All’inizio hanno pensato che potesse essere uscito e in procinto di tornare, perché si avvicinava l’ora del coprifuoco alle 17:00 (la Turchia dal 29 aprile è in lockdown stretto con coprifuoco alle 17:00). Quando Bayram non si è presentato, hanno deciso di chiamare la polizia e denunciare la scomparsa.

Al telefono, la polizia ha detto a Elgiz che avrebbe registrato la denuncia solo se presentata di persona da un parente di primo grado. Dal momento che questo era impossibile, Elgiz è andato comunque alla stazione di polizia ed è stato reindirizzato ad un’altra stazione a Kadıköy, dove ha dichiarato che il suo amico era scomparso e che non dava notizie dal 2 maggio. Ha mostrato la foto di Bayram alla polizia. Gli ufficiali di turno hanno quindi informato Elgiz di aver trovato un corpo non identificato il 2 maggio a Moda (zona sull’acqua all’interno dello stesso quartiere). Quando Elgiz ha visto le foto, ha confermato che si trattava di Bayram.

Dopo aver identificato Bayram, Elgiz ha cercato di ottenere maggiori informazioni: era stato portato in un obitorio, c’era stata un’autopsia, era già stato sepolto, qual era la causa della morte? Ma gli agenti di polizia hanno detto a Elgiz che non avevano ulteriori informazioni, a parte la dichiarazione di un testimone oculare secondo cui Bayram è saltato in acqua per prendere le sue ciabatte e dopo aver nuotato a 20-25 metri dalla riva è annegato. Gli ufficiali hanno detto a Elgiz di tornare la mattina seguente.

Il 5 maggio Elgiz, insieme ad un gruppo di altri amici, è tornato alla stazione di polizia. All’inizio, è stato detto loro che c’era un malinteso e che avevano ricevuto informazioni sbagliate: non sapevano dove fosse il corpo di Bayram. Alla fine hanno ammesso che Bayram si trovava all’obitorio.

Mentre aspettiamo ulteriori aggiornamenti penso a Bayram, alla sua famiglia, ai suoi amici. Probabilmente avrebbe avuto una vita molto diversa se non fosse stato arrestato ingiustamente e gettato in prigione con un falso pretesto. Non sarebbe stato torturato, minacciato di stupro, picchiato e insultato. Sarebbe rimasto un giovane pieno di speranze e aspirazioni. Ed è così che vorrei ricordarlo.

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