Il peso del petrolio
L’ambiguo legame tra energia e democrazia nella storia azera. Gli effetti della rendita petrolifera sulla modernizzazione del Paese e nello sviluppo di un’autocrazia amica dell’Occidente ma ostile alla libertà di espressione
Il 7 dicembre 1918 è una data importante nella storia dell’Azerbaijan. Segna la nascita del primo parlamento nazionale, che rifletteva gli orientamenti inclusivi e liberali della Repubblica indipendente. L’Azerbaijan, ricco di petrolio, ha un passato molto diverso dal proprio presente. I cittadini azeri sono fieri del fatto che i loro progenitori abbiano fondato la prima Repubblica democratica dell’intero mondo musulmano. Creata nel 1918, sullo scenario dei più drammatici eventi del Caucaso così bene descritti nel libro di Kurban Said "Alì e Nino", la Repubblica popolare dell’Azerbaijan si dimostrò un riuscito esempio di modernizzazione di una popolazione a predominante tradizione musulmano sciita.
Il parlamento della prima Repubblica democratica, che proclamò la propria indipendenza il 28 maggio 1918, vedeva rappresentate tutte le minoranze e le diverse nazionalità presenti in Azerbaijan, inclusi russi, armeni, ebrei, tedeschi, polacchi, georgiani. Esso promulgò una legislazione liberale che garantiva uguali diritti a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro identità di genere, sociale, nazionale o confessionale, nonché la libertà di pensiero, di parola, di stampa e, cosa ancora più importante, ebbe un significativo impatto sul processo di riforme sia nella regione – in Turchia e in Iran – che al di fuori. I magnati del petrolio, in origine contadini dei villaggi della penisola dell’Absheron, costruirono teatri, ospedali e scuole femminili laiche, e finanziarono pubblicazioni liberali e riformiste non solo in Azerbaijan e nella regione, ma spingendosi fino all’India e all’Egitto. L’occupazione del Caucaso nel 1920, da parte dell’Armata Rossa, pose fine al processo di costruzione di una democrazia ai confini dell’Europa. Più di 20.000 persone morirono difendendo la Repubblica dall’occupazione russa. Le rivolte e il movimento di resistenza continuarono fino agli anni ’30.
Il ricordo dei fondatori e l’eredità della Repubblica sono stati abbastanza forti da sopravvivere a 70 anni di totalitarismo sovietico, sfociando nelle manifestazioni di protesta di massa in Piazza della libertà a Baku alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, e portando al potere il Fronte Popolare, che proponeva un programma di democratizzazione.
Il 90° anniversario della formazione della prima Repubblica democratica dell’Est non si è però mai ufficialmente tramutato in una serie di eventi da celebrare pubblicamente, ad eccezione della festività nazionale del 28 maggio, in contrasto con i nuovi giorni festivi legati al periodo dell’ultimo presidente Heydar Aliyev, ex dirigente del KGB, che nel 1993 ha preso il posto del presidente Elchibey, un intellettuale dissidente. I media ufficiali hanno dedicato ampio spazio alla commemorazione, il 12 dicembre scorso, del quinto anno dalla morte di H. Aliyev, definito "il padre dell’indipendenza dell’Azerbaijan". Durante il mandato di suo figlio Ilham, che gli succedette nel 2003, molte risorse sono state destinate a commemorare l’immagine del padre. Gran parte del 2008, anno in cui Ilham Aliyev è stato rieletto alle presidenziali per il suo secondo mandato e 90° anniversario della Repubblica democratica dell’Azerbaijan, è stato caratterizzato dai viaggi effettuati dal presidente in carica in diverse regioni, dove ha inaugurato monumenti, parchi, musei e scuole intitolate al padre.
Il ruolo del petrolio e la natura delle relazioni tra potere politico ed economico, in questi due diversi periodi storici, sono stati molto differenti nel Paese.
Mentre all’inizio del XX Secolo il petrolio aiutava gli attori privati locali, che avevano accesso all’energia attraverso il libero mercato, nel guidare i processi di modernizzazione e liberazione del Paese, un secolo dopo esso amplifica il consolidamento dell’eredità sovietica nella forma del culto della personalità, attraverso la proprietà statale del petrolio e l’influenza degli investimenti stranieri.
La storia dell’Azerbaijan post-sovietico viene definita un esempio di successo economico. Per alcuni anni l’Azerbaijan ha avuto una crescita economica eccezionale, arrivando a toccare il 32% nel 2006. Le sue ricche risorse in petrolio e gas hanno certo giocato un ruolo importante sia nell’attutire le scosse della transizione che nel farlo diventare un attore chiave nel riorientamento geopolitico del Caucaso. Il controllo statale sulle risorse strategiche – il petrolio – ha permesso all’ultimo presidente di consolidare il proprio potere politico, e le capacità di leadership gli hanno consentito di sopravvivere alle enormi pressioni da parte delle ambiziose potenze regionali. I meriti della leadership azera, che ha creato condizioni favorevoli per gli investimenti occidentali firmando il contratto "del secolo" nel 1994 e promuovendo l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, che scavalca la Russia, hanno assicurato la continuità del sostegno politico da parte dell’Europa e degli USA. Il fatto che l’Azerbaijan sia entrato nell’Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive, e la costituzione del Fondo statale per il petrolio, è stato favorevolmente apprezzato dalle organizzazioni internazionali e dagli osservatori stranieri.
Allo stesso tempo, stando ad un’opinione largamente condivisa, il petrolio aiuta il governo a cavarsela in elezioni che presentano problemi sistematici, ottenendo valutazioni non troppo critiche da parte degli osservatori internazionali. Le ultime elezioni presidenziali sono state, secondo i giornali di opposizione e gli osservatori indipendenti, "le prime di tipo sovietico dopo l’indipendenza" dato che, a causa del boicottaggio dei principali partiti di opposizione, si sono tenute senza una possibile alternativa di voto. Nonostante ciò, il rapporto preliminare dell’OSCE/ODIHR sulle elezioni, pur segnalando le violazioni, ha sottolineato i "considerevoli progressi" fatti, marcando così un altro compromesso nella lotta per l’influenza su questo Stato ricco di petrolio.
Le rendite derivanti dalla vendita del petrolio forniscono al governo risorse per rafforzare il clientelismo, consolidare il controllo sui media, acquisire sostegno politico sia interno che estero, aumentare i salari della polizia e delle forze di sicurezza. In questo Stato ricco di petrolio il regime cerca di ridurre i media al silenzio, tenendo in prigione tre importanti giornalisti come Eynulla Fatullayev, Mirza Sakit e Ganimed Zahid, e allo stesso tempo limita significativamente la libertà di riunione per i partiti politici di opposizione.
Il controllo pienamente centralizzato sulle risorse petrolifere da parte di un piccolo gruppo di persone, o di una sola persona, è talvolta sostenuto e giustificato dai rappresentanti di una linea "realista" nelle relazioni internazionali, e dalle élite locali, in quanto rappresenterebbe la migliore soluzione politica per garantire la sopravvivenza di uno Stato in transizione, in cui il popolo non è "pronto per la democrazia".
La storia dell’Azerbaijan, però, dimostra che un’alternativa è possibile, visto che la fine della prima Repubblica democratica nel 1920 non fu il risultato di un collasso interno, ma causa delle ambizioni geopolitiche del suo vicino settentrionale.
Il sito che, in una piazza centrale di Baku, era stato destinato alla costruzione di un monumento al fondatore della prima Repubblica indipendente e democratica dell’Azerbaijan, il leader dello storico partito Musavat, Mammad Emin Rasul-zade, avrebbe potuto diventare una Statua della libertà per l’Azerbaijan. Nonostante le resistenze e i picchetti dei movimenti giovanili, le autorità non hanno mantenuto le promesse e hanno invece costruito una fontana, che simbolicamente rispecchia l’improbabile unione di petrolio e democrazia.