Gran finale

Finisce con una condanna per vandalismo la storia di Emin e Adnan, due giovani attivisti e blogger azeri. La rete si mobilita. Per le organizzazioni internazionali e il movimento giovanile azero le accuse sono state fabbricate ad arte

17/11/2009, Arzu Geybullayeva - Baku

Gran-finale

Adnan Hajizada, Emin Milli (photo OL!)

Baku, 11 novembre. Un video disponibile su YouTube mostra un gruppo di giovani davanti al tribunale del distretto di Sabayil che gridano "Azadliq (libertà) e Ilham giù le mani dai nostri giovani!" Poi la telecamera inquadra il tribunale.

Un gruppo di uomini in uniforme della polizia appare sulla porta, scortando fuori due amici della folla che vengono immediatamente fatti salire su una macchina della polizia a portati via. I due uomini sono Emin Milli (30 anni) – cofondatore di AN Network – e Adnan Hajizada (26 anni) – cofondatore del Movimento Giovanile OL! (essere). Pochi minuti prima che il filmato fosse girato sono stati condannati per atti di vandalismo e uso volontario di violenza fisica secondo gli articoli 127 e 221.2 del Codice Penale dell’Azerbaijan. Adnan è stato condannato a due anni di carcere ed Emin a due anni e sei mesi.

Si tratta del finale di una storia iniziata più di quattro mesi fa, quando Emin e Adnan sono stati arrestati con l’accusa di vandalismo. Secondo l’accusa, Emin e Adnan sono colpevoli di aver scatenato una rissa in un ristorante di Baku, aggredendo e ferendo due ragazzi. Gli osservatori indipendenti e le organizzazioni internazionali sono d’accordo nel sostenere che le accuse sono state fabbricate, e che sono state mosse contro Emin e Adnan a causa del loro attivismo all’interno di movimenti giovanili che criticano aspramente l’attuale governo dell’Azerbaijan, del loro impegno per promuovere la libertà d’informazione e i diritti civili nel paese, e per i loro interventi on line molto duri.

Le associazioni Human Rights Watch, Global Campaign for Free Expression, Article 19, International PEN e Amnesty International sono state fra le prime ad esprimere la propria indignazione di fronte agli arresti, definendoli l’ennesimo tentativo da parte delle autorità dell’Azerbaijan di limitare la libertà di parola. Anche il Consiglio d’Europa, l’OSCE, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sono fra le istituzioni che hanno espresso la propria preoccupazione per l’accaduto.

Gli arresti e il processo

Dopo una detenzione iniziale di 48 ore, Emin e Adnan sono stati condannati a due mesi di carcere pre-processo, dopo i quali sono iniziati, in settembre, una serie di procedimenti penali. Ciascun processo è stato definito da molti sostenitori "una commedia".

Le presunte "vittime", Vusal Mammadov e Babek Huseynov, assieme ai loro avvocati, hanno dato spettacolo. In una delle udienze Vusal, durante l’interrogatorio da parte di Isaxan Ashurov – avvocato difensore di Adnan – ha risposto che non ricordava molto della notte dell’incidente, nemmeno il sesso del dottore che avrebbe controllato le sue "ferite". Ciò non sorprende affatto dato che nessuna delle due "vittime" ha fornito alcuna prova delle proprie ferite a parte una foto di uno dei due con delle macchie di sangue sulla camicia, pubblicata su internet due settimane dopo l’incidente.

Durante un’altra udienza, Babek ha confessato che, al momento di scrivere la propria testimonianza degli eventi alla stazione di polizia, scrisse quello che i poliziotti gli dissero di scrivere.

Ma il meglio deve ancora venire. In una domanda posta a Vusal da Emin, Vusal ha pubblicamente negato che Emin o Adnan fossero abbastanza forti da picchiarlo. Poco prima aveva affermato di praticare arti marziali.

Nel tentativo di aggiungere un’ulteriore accusa, gli investigatori hanno accusato gli imputati del crimine definito all’articolo 127 del Codice Penale – "uso volontario di violenza fisica".

Durante l’intero processo sono state commesse diverse violazioni della Convenzione Europea dei Diritti Dell’Uomo di cui l’Azerbaijan è membro. Svariati appelli e lamentele formali presentate da Emin e Adnan sono state ignorate: il principio che ogni persona è considerata innocente fino a prova contraria non è stato rispettato; è stato negato agli imputati il diritto di ricevere visite e di essere rilasciati nel periodo fra le udienze preliminari e il processo; la richiesta di cambiare aula durante una delle udienze, dato che quella assegnata era troppo piccola e non abbastanza capiente da contenere tutte le persone che volevano assistere all’udienza quel giorno, è stata negata.

L’accusa ha inoltre giocato molto bene le proprie carte: le prove fornite dagli avvocati di Emin e Adnan, fra cui anche registrazioni della scena del crimine effettuate dalle telecamere di sicurezza e da alcuni telefonini, sono state tutte rifiutate. Questo rappresenta una violazione dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti Dell’Uomo. Durante l’udienza di mercoledì l’accusa è arrivata al punto di annunciare di essere il possesso di registrazioni telefoniche risalenti al giorno dell’arresto (avvenuto l’8 luglio), fornite dalla compagnia telefonica Azercell. "Le strade di Baku sono grandi e non si può stabilire dove si trovassero Emin e Adnan", ha dichiarato l’avvocato dell’accusa durante la presentazione delle registrazioni.

La linea ufficiale

Le autorità negano qualsiasi implicazione politica e appoggiano completamente la decisione della Corte. In un’intervista a Radio Liberty, un parlamentare e direttore di "Azerbaijan", un giornale a favore del governo, ha detto di ritenere che si tratti di una "sentenza giusta". " Non ero presente alle udienze, ma sono sicuro che il processo si è svolto in maniera chiara e trasparente. Per questo rispetto la decisione della Corte, i giudici hanno preso una decisione giusta. Il sistema penale dell’Azerbaijan è indipendente".

Ma i sostenitori e gli avvocati non sono d’accordo. "Non si tratta di un normale caso legale. E’ una questione politica" ha detto al Servizio della RFE/RL in Azerbaijan Elton Guliyev, avvocato difensore di Emin, fuori dal tribunale lo scorso mercoledì. "Da questo momento in poi possiamo dire che questi giovani sono prigionieri politici perché sono stati arrestati solamente sulla base di motivazioni politiche". Entrambi gli avvocati, Elton Guliyev e Isaxan Ashurov hanno intenzione di ricorrere in appello. Erkin Gadirli, famoso avvocato nonché loro amico, ha detto che faranno ricorso fino alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo se necessario.

Dietro le quinte

Non è la prima volta che rappresentanti dei mezzi di informazione finiscono in manette in Azerbaijan. In molte altre occasioni, diversi giornalisti che avevano mosso critiche sono stati messi in stato di fermo e arrestati. Ma ciò che rende il caso di Adnan ed Emin unico è il movimento di massa che si è mobilitato dopo l’arresto.

Composto soprattutto da amici e conoscenti di Emin e Adnan, il movimento è riuscito in poco tempo a portare all’attenzione il caso ovunque, senza parlare del crescente numero di persone che vi hanno aderito. Hanno usato ogni mezzo, da Facebook a Twitter, a YouTube, oltre a blog e contatti personali con istituzioni internazionali e mezzi di informazione. Il movimento è composto da persone istruite all’estero o che semplicemente condividono gli stessi valori di Emin e Adnan e, nonostante il verdetto della corte, continua a rafforzarsi.

Secondo Rashad Shirin, un esperto indipendente di analisi politica nonché amico di alcuni autori di blog che sono stati arrestati, il movimento non si fermerà. Anzi, secondo Shirin "le autorità hanno toccato un punto dolente per la società (i giovani progressisti) e continuerà a crescere".

Lo shock del dopo sentenza

Quindi, data l’ampia rete di persone coinvolte, non sorprende il fatto che la decisione della Corte abbia innescato pesanti critiche all’interno dei social network su internet e da parte dei mezzi di informazione. Twitter e Facebook sono stati inondati di aggiornamenti e commenti sulla sentenza da parte di utenti che esprimevano la propria rabbia, frustrazione ed indignazione al riguardo. La BBC, la CNN, il New York Times, la RFE/RL sono fra i network internazionali che hanno risposto all’arresto diffondendo la storia dei blogger e il suo gran finale.

E nonostante tutto, anche se la saga del processo a Emin e Adnan finisce qui, i "giovani progressisti" dell’Azerbaijan sono più determinati che mai a continuare uniti la lotta.

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