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A nord di Tehran
Nonostante in Iran vi sia un’ampia minoranza azera, poco meno di un quarto della popolazione, in Azerbaijan autorità e media pubblici hanno sostanzialmente ignorato le proteste che avvenivano dall’altra parte del confine
Il 12 giugno 2009 Mahmoud Ahmadinejad è stato eletto per la seconda volta come presidente della Repubblica islamica dell’Iran, con un contestato 63% dei voti. Quando sono stati resi noti i risultati delle votazioni, il suo principale avversario, Mir Hossein Mousavi, ha parlato di brogli elettorali, invitando ad un ritorno alle urne. Nessuno si aspettava la reazione di migliaia di iraniani di tutte le età, che sono scesi in piazza a protestare per giorni, con episodi di violenza che secondo alcuni report avrebbero portato alla morte di 17 innocenti.
Le notizie
Le notizie di tumulti si sono subito diffuse in Azerbaijan, Paese che condivide un ampio confine con l’Iran, ed il governo di Baku ha tentato di trarre qualche lezione dalle notizie che provengono continuamente dall’Iran. Molto prudentemente, le autorità hanno fatto sì che nei canali televisivi statali non venissero trasmesse le immagini delle proteste, bensì solo quelle della rielezione del presidente Ahmadinejad, dei suoi discorsi e dei suoi commenti. Di sicuro c’è il timore che tali informazioni possano influenzare simili reazioni alle prossime elezioni parlamentari, che si terranno nel 2010 in Azerbaijan, e questo non è certo sfuggito all’attenzione dell’amministrazione azera.
Nella versione on-line di uno dei giornali di proprietà dello stato, Xalq (Nazione), lo scorso 13 giugno è apparso un articolo sul processo elettorale in Iran e sul numero di iraniani che vivono in Azerbaijan intenzionati a votare dall’estero. Un articolo del 17 giugno, poi, ha parlato delle proteste, in seguito non è stato scritto più niente a riguardo.
Ciononostante, il controllo sui canali tv statali, il silenzio imposto e la limitata copertura degli eventi, non è valso a molto. Ci sono state, infatti, altre fonti d’informazione, come il web, l’opposizione, la stampa indipendente. Zerkalo, un giornale indipendente in lingua russa (disponibile anche in azero) ha informato quotidianamente sulle proteste in Iran, descrivendo le aggressioni sulle strade, le immagini di violenza sulle vie di Teheran, le ragioni della protesta e tutti gli sviluppi che hanno avuto luogo nel paese.
È stato possibile accedere alle informazioni aggiornate da diverse fonti on-line come YouTube, per vedere le immagini delle proteste, e Twitter, per le notizie dell’ultima ora. Su Facebook è stato possibile reperire tutto questo: video, informazioni, commenti e aggiornamenti costanti, specialmente durante i primi giorni della protesta. Una delle notizie che è subito circolata tra i vari gruppi di amici è stata una lettera di una studentessa iraniana della Columbia University, negli Stati Uniti, che ha spiegato ogni minimo dettaglio delle proteste nel suo paese in seguito ad una conversazione telefonica con la sua famiglia, convinta che questo potrebbe essere il momento giusto per il cambiamento.
Visto dall’Azerbaijan
Ufficialmente il voto in Iran si è svolto in modo piuttosto tranquillo. Il presidente azero Ilham Aliyev è stato tra i primi leader a congratularsi con Ahmadinejad per la sua vittoria. Nel suo messaggio al presidente rieletto, Aliyev ha sottolineato l’importanza dei "contatti economici che si stanno sviluppando tra i due paesi", sorvolando sulle proteste successive e sull’ipotesi dei brogli elettorali.
Il governo azero si è astenuto dal pronunciarsi sulle proteste, sottolineando che la cosa più importante è che nel paese vicino "torni al più presto la stabilità".
Riguardo alla situazione in Iran, il sottosegretario del ministro degli Esteri azero Araz Azimov, in una conferenza stampa, ha dichiarato: "l’Iran è un paese vicino, sosteniamo una positiva soluzione di qualsiasi questione. Speriamo che si trovi presto una risposta politica e che la riconciliazione tra i diversi gruppi della società avvenga su basi democratiche". Ha poi aggiunto che l’Azerbaijan spera che in Iran torni presto la stabilità e che "qualsiasi crisi nel paese confinante avrà le sue ripercussioni sull’Azerbaijan".
In una nota simile, lo scorso 23 giugno il ministro degli Esteri Elmar Mammadyarov ha dichiarato ai giornalisti che "l’Azerbaijan spinge per un rapido ritorno alla stabilità in Iran, perché questo è molto importante per il paese". Le ragioni di questa importanza non sono state riportate.
E l’opinione pubblica?
Mentre il governo si attiene a dichiarazioni di questo tipo, voci non ufficiali erano e rimangono turbate dal modo in cui le autorità iraniane hanno cercato di sopprimere le proteste e da come il governo azero abbia cercato di celare le notizie. Parlando con alcuni giovani della moderna capitale durante i primi giorni della protesta di Teheran, è emerso un tema comune: un segnale di speranza. Alcuni credono che questo potrebbe essere il futuro, "l’inizio del mondo che i giovani iraniani stanno cercando di costruire", come afferma Ruslan Asadov, membro di "OL!", un movimento giovanile in Azerbaijan.
Altri sperano in un giorno in cui un forte movimento unito come quello che si è visto in Iran, emerga anche in Azerbaijan. "Non ci sono abbastanza persone come noi!" afferma un altro giovane attivista. Potrebbe avere ragione. Stando seduti in un caffè in un sobborgo di Baku, si sentono poche persone parlare degli scontri che stanno avendo luogo dall’altra parte del confine.