La battaglia di Eurovision

Armenia e Azerbaijan si sono affrontati sul campo di Eurovision a colpi di note e dossier avvelenati. La posta in palio, che vale investimenti da milioni di euro, è l’ingresso del Caucaso nella cultura pop mondiale. Note a margine della più celebre gara musicale internazionale sconosciuta in Italia

07/06/2010, Onnik James Krikorian - Yerevan

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Safura (Foto Aktivioslo, Flickr)

L’edizione 2010 di Eurovision si è tenuta a Oslo, in Norvegia. Iniziata negli anni ’50, questa manifestazione è ormai giunta alla sua 55sima edizione. Concepita in un momento in cui l’Europa si stava ancora riprendendo dalle ferite della Seconda guerra mondiale, Eurovision è nata sulla base di un’idea molto semplice. Nonostante i problemi tecnici, al tempo, fossero enormi, l’obiettivo era quello di creare un sentimento di unità [tra i partecipanti] e di sperimentare la messa in onda dal vivo. I diversi membri della European Broadcasting Union (EBU) avrebbero trasmesso un proprio spettacolo in una gara musicale internazionale, mandata in onda in simultanea televisiva in ogni Paese.

Da allora, il numero dei Paesi partecipanti a Eurovision è cresciuto. Nel 1956 ce n’erano solo 7 mentre nel 1993, dopo la fine dell’Unione Sovietica, erano 25. Quest’anno sono stati 39. L’Armenia partecipa dal 2006, la Georgia dal 2007 e l’Azerbaijan dal 2008.

L’intenzione è rimasta quella di promuovere un sentimento di unità tra i partecipanti. Eurovision, però, non è rimasta esente da occasionali contrasti. Nel 2005, ad esempio, il Libano fu costretto ad uscire dalla competizione per aver rifiutato di mandare in onda la canzone israeliana. Negli anni recenti, gli scandali di gran lunga maggiori sono stati quelli che hanno coinvolto i Paesi del Caucaso meridionale. L’anno scorso la Georgia si è ritirata perché la sua canzone, che prendeva in giro il Primo ministro russo Vladimir Putin, era stata considerata “troppo politica”. Le controversie più grandi, però, sono state quasi sempre quelle tra Armenia e Azerbaijan.

I due Paesi sono ancora bloccati in un duro confronto per il territorio conteso del Nagorno Karabakh. Alcuni osservatori ritengono che questo conflitto possa esplodere nuovamente in forma aperta. Nella guerra che si è combattuta all’inizio degli anni ’90 sono morte più di 25.000 persone, e un milione sono stati costretti ad abbandonare le proprie case. Nel 1994 è stato firmato un cessate il fuoco, ma un accordo di pace definitivo non è ancora in vista. Le forze armene attualmente controllano il 16% di quello che, secondo la comunità internazionale, è territorio azero.

In un contesto tale forse non è strano che Eurovision sia diventata, oltre che una gara di musica, anche il palco di una guerra di propaganda da utilizzare di fronte a circa 120 milioni di spettatori in tutto il mondo. L’anno scorso, ad esempio, i due Paesi si sono scontrati dopo che il video della canzone armena ha mostrato una statua che simboleggia il controllo armeno sul Nagorno Karabakh. L’Azerbaijan ha protestato, e il monumento è stato tolto da Eurovision. Il presentatore armeno, però, ha mostrato la statua della discordia su di un monitor utilizzato per leggere i risultati nella finale. Ma la cosa non è finita lì.

Durante la gara, in Azerbaijan il numero di telefono che serviva per mandare voti via sms all’Armenia è stato deliberatamente oscurato. Questa misura non ha impedito ad alcuni spettatori, dall’altra parte della linea del cessate il fuoco, di votare per il proprio nemico. Uno di loro era Rovshan Nasirli, un profugo azero del Nagorno Karabakh, che per questo è stato convocato dal Servizio di Sicurezza Nazionale Azero per essere interrogato. Secondo Nasirli, i servizi di sicurezza avevano nomi e indirizzi di altre 42 persone che avevano votato allo stesso modo. Nella sua difesa, Nasirli ha dichiarato di aver votato per la canzone armena, che è arrivata decima, perché sembrava “più azera” di quella presentata dall’Azerbaijan, che è arrivata terza.

All’Azerbaijan è stata inflitta una multa di 2.700 € per l’incidente.

Non è stata dunque una sorpresa per nessuno che quest’anno, in febbraio, quando l’Armenia ha scelto la propria canzone, tutto indicava che la gara sarebbe andata nello stesso modo. La canzone “Nocciolo di albicocca”, di Eva Rivas, una cittadina russa di origine in parte armena, secondo alcuni rappresentava la nostalgia degli esuli costretti ad abbandonare le proprie case nel corso dei massacri del 1915 e della deportazione di circa un milione e mezzo di armeni che abitavano nell’allora Impero Ottomano. Gli armeni, e la maggioranza degli storici, considerano gli eventi di circa un secolo fa come il primo genocidio del XX secolo. La Turchia respinge le accuse.

Un altro scandalo però si è imposto al centro dell’attenzione, eclissando lo scontro infinito tra i due nemici, quando i fan di alcuni rivali locali di Eva Rivas hanno cominciato a sostenere che la selezione era stata truccata. Anche nel vicino Azerbaijan sono emerse accuse simili dopo che a marzo, nelle eliminatorie locali, è stata scelta la diciassettenne Safura Alizadeh. In nessuno dei due Paesi, tuttavia, sono state presentate prove per sostenere le accuse. La cosa interessante, però, è stata che l’ennesimo potenziale scontro tra due Paesi è stato evitato da problemi interni.

Significativamente, infatti, non si sono avute molte delle polemiche e dei bisticci che avevano caratterizzato la partecipazione dei due Paesi in passato.

Quando però gli scommettitori hanno piazzato Safura come favorita, grazie al suo uso efficace dei media online e ad una campagna pubblicitaria furba e ben finanziata, alcuni in Armenia hanno reagito duramente all’attenzione che veniva mostrata dalla stampa musicale nei confronti della giovane cantante. Contro di lei è stata organizzata una campagna, anche se di dimensioni ridotte e non ufficiale, secondo cui la ragazza sarebbe stata sostenuta direttamente dalle autorità azere e in particolare dal presidente Ilham Aliyev. Niente di tutto questo era avvenuto quando l’Armenia, nel 2008, aveva candidato Sirusho, nuora dell’ex presidente Robert Kocharian.

Alcuni media russi, tuttavia, hanno riportato dichiarazioni secondo cui la canzone azera era costata 10 milioni di euro, ed era il risultato di una sorta di “guerra” tra la mafia russa e quella dell’Azerbaijan. Le cifre non sono ancora note, ma secondo alcuni media internazionali, tra cui la BBC, il costo della canzone sarebbe stato tra gli uno e i tre milioni di dollari. Oppositori del governo azero, invece, ritengono che sia stato tra i 6 e i 16 milioni di dollari. Oggi non si sa ancora quanto abbiano speso l’Armenia o l’Azerbaijan, in un momento in cui anche alcuni Paesi dell’Europa occidentale si sono lamentati per gli alti costi richiesti per partecipare alla gara.

Una famosa blogger azera che scrive in inglese, Scary Azeri, ha analizzato il fenomeno rappresentato da Eurovision nella regione, spiegando, con un commento che vale anche per l’Armenia o per la Georgia, perché secondo lei costi colossali di partecipazione non hanno impedito al proprio Paese di partecipare. “Spero che i pensionati poveri che vivono in Azerbaijan apprezzino l’investimento fatto in quello che probabilmente è lo show musicale più privo di talenti al mondo, piuttosto che sulla loro pensione minima. Perché questo accade? Forse perché, per Paesi come l’Azerbaijan, Eurovision rappresenta l’unica possibilità per sentirsi parte della cultura pop mondiale?”

Nella seconda semifinale che ha deciso i partecipanti alla finale del 29 maggio, il Caucaso ha dominato il voto. Con uno show elaborato e pesanti coreografie, Safura (Azerbaijan) è arrivata seconda. Sofia Nizharadze (Georgia) è arrivata terza mentre Eva Rivas (Armenia) sesta. Secondo diversi esperti di Eurovision, e per gli scommettitori, Safura restava la principale favorita per vincere la gara, insieme a Lena (Germania). E’ stato a quel punto, però, che sono emersi nuovi attriti.

Sulla sua pagina di Facebook, Riva ha esortato i suoi sostenitori a votare per lei, per non far vincere l’Azerbaijan o la Turchia. Il giorno della finale, poi, la ministra armena per la Diaspora, Hranush Hakobyan, si è rivolta tramite i media a tutti gli armeni che vivono fuori dallo Stato chiedendo loro di votare per Eva Rivas: “E’ giunto di nuovo il momento per l’unificazione e la vittoria. Possa l’Armenia vincere [e] possa sventolare la bandiera trionfante dell’Armenia. Il nocciolo dell’albicocca è nostro, solo nostro […] e la Diaspora raccoglierà i frutti degli investimenti […] e una vera vittoria culturale”.

Allo stesso tempo, i media armeni hanno riportato che l’Azerbaijan si era lamentato per l’omissione di alcuni territori, che ora sono sotto il controllo delle forze armene, in un’animazione della propria carta geografica apparsa durante lo show televisivo. Altri, in Europa e altrove, erano piuttosto preoccupati per l’atteggiamento politico mostrato nel voto dai Paesi dell’est. La Russia, ad esempio, ha dato i voti migliori ai suoi ex satelliti nella regione. La cosa però non sembra aver avuto conseguenze.

Alla fine ha vinto Lena (Germania). La Turchia è arrivata seconda, l’Azerbaijan quinto, l’Armenia settima e la Georgia nona.

La cosa più importante, forse, è stata che nonostante alcuni bisticci di scarso rilievo, fuori dai circoli ufficiali, la gara per una volta si è svolta senza nessun incidente. Un analista armeno della regione, Kevork Oskanian, ha mandato un breve messaggio sul famoso sito di micro-blogging, Twitter: “La semplicità e l’efficienza tedesca hanno vinto sui soldi del petrolio e sul nazionalismo delle diaspore. Fantastico.”

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