Attivisti sotto inchiesta
Mariam Sukhudyan, volontaria e attivista ecologista, aveva denunciato un caso di violenze sui minori a Yerevan. Ora si trova indagata per diffamazione. L’ennesimo caso di giovane attivista sotto inchiesta nel Caucaso meridionale
Mariam Sukhudyan, fa parte di un gruppo che lotta contro il taglio illegale delle foreste di Teghut in Armenia. Oggi rischia di dover affrontare una condanna sino a cinque anni di reclusione per diffamazione. Insieme ad un gruppo di volontari Mariam nei mesi scorsi aveva accusato il personale della scuola speciale Nubarashen No.11 a Yerevan, capitale dell’Armenia, di aver continuativamente maltrattato i bambini di cui si occupavano. Sugli abusi e i maltrattamenti Mariam Sukhudyan aveva prodotto del materiale video che è stato trasmesso in un servizio speciale lo scorso novembre sulle principali reti televisive pubbliche armene.
"I bambini raccontano di aver subito violenza e altre forme di punizione psicologica", si legge in una dichiarazione del gruppo postata online. "Abbiamo personalmente constatato come i bambini vengano trattati dalle insegnanti e dalle guardie notturne in modo particolarmente duro senza che ve ne sia necessità. Il direttore del collegio e altri funzionari amministrativi adoperano i bambini come forza lavoro gratuita nelle loro case e residenze estive", proseguiva la dichiarazione firmata da Sukhudyan e da altre otto persone.
Questo tipo di affermazioni non desta particolare stupore tra chi ha esperienza dei malridotti collegi armeni dell’era sovietica.
Sin da quando l’Armenia ha ottenuto l’indipendenza, queste istituzioni restano i principali custodi di bambini con difficoltà di apprendimento o disabilità motorie nonché di quelli provenienti da famiglie socialmente vulnerabili. Le condizioni sono sotto la soglia standard e i direttori ricevono i finanziamenti a seconda del numero di bambini presenti. Proprio per questo, secondo persone critiche dell’attuale sistema, il personale è contrario ai progetti sostenuti dalle organizzazioni internazionali che permetterebbero ai bambini di tornare dai loro genitori biologici, darli in affidamento o farli integrare nel sistema educativo.
Sebbene, negli ultimi anni, il numero di bambini iscritti a questo genere di scuole sia sceso da 12,000 a 5,000, i bambini provenienti da famiglie estremamente povere ci vanno ancora per ricevere cibo e in certi casi abbigliamento donato dalle istituzioni. Per esempio, in un collegio specializzato per bambini ciechi o con problemi di vista a Yerevan, il 60% dei bambini non ha in effetti alcun problema di vista.
"Con il livello delle istituzioni residenziali in declino, l’attuale tendenza è la formazione di una sotto-classe di bambini in stato di povertà, emarginazione e privi di cure idonee ed educazione, fattori che probabilmente porteranno alla mancanza di opportunità per questi bambini quando saranno adulti" – si legge in un rapporto della Banca Mondiale del 2002 – "Fino a quando questi bambini finiranno in istituzioni per disabili mentali che offrono solamente un programma speciale di educazione per bambini con problemi, il loro sviluppo verrà seriamente ostacolato dalla mancanza di effettive opportunità educative".
La scorsa settimana, in un’intervista con Al Jazeera English, Kristine Mikhailidi, funzionario di World Vision Armenia’s Child Protection è andata anche oltre, sottolineando che, a prescindere dal tipo di bambini che frequenta questi collegi, le condizioni rimangono molto preoccupanti. "L’abuso fisico è sempre presente. Le urla e le percosse contro questi bambini sono fatti reali. Strutture chiuse, nessuna interazione con la società fuori, nessuno che interviene, la mancanza di competenze nel lavorare con questi bambini, tutto ciò porta ad una situazione di abuso".
Un insegnante accusato di abusi sessuali ha nel frattempo dato le proprie dimissioni dalla scuola che però respinge le accuse sollevate da Mariam Sukhudyan e dalle sue colleghe . "Stanno mentendo", ha dichiarato Donara Hovhanissyan, responsabile dell’educazione al Nubarashen, quando è stata intervistata da Matthew Collin di Al Jazeera English. "Siccome sono giovani e inesperte, non comprendono che ogni bambino qui ha disabilità mentali e una fervida immaginazione. È molto facile per loro inventarsi qualcosa".
Nonostante Mariam Sukhudyan abbia affermato di non aver mai assistito ad abusi sessuali al Nubarashen, analizza le accuse fatte dai bambini. "Questa ragazzina mentre parlava di un abuso sessuale molto serio era terribilmente turbata; era in questo stato quando ho detto che dovevamo smettere di farle domande perché era troppo scossa dal punto di vista emotivo".
La polizia ha aperto un’inchiesta sul caso ma, verso la fine di agosto di quest’anno, le autorità hanno iniziato paradossalmente ad occuparsi invece di Mariam Sukhudyan. La ventinovenne, a seguito delle sue denunce, rischia ora una condanna a cinque anni di prigione per diffamazione. I suoi sostenitori ritengono però che l’azione legale faccia parte di una tendenza a colpire giovani attivisti sempre più diffusa tra i governi della regione.
Sukhudyan non ha alcun collegamento a partiti politici, sia di governo che dell’opposizione ma è nota soprattutto come una delle principali ambientaliste che protesta contro le miniere di rame e i depositi di molibdeno nel nord-est del paese che danneggiano le foreste locali. Mentre la polizia indaga sui suoi capi d’accusa, l’attivista è opportunamente confinata a Yerevan e le viene impedito di proseguire la sua protesta ambientalista fuori dalla capitale, in particolar modo a Teghut dove si trova la miniera di rame-molibdeno.
"Non posso fare a meno di collegare questo caso con Teghut, anche perché non sono la prima attivista a subire questo genere di pressioni" ha dichiarato la Sukhudyan lo scorso mese a RFE/RL "Questa potrebbe essere un’ottima occasione per le autorità di spezzare il nostro movimento e obbligarmi a tacere".
Sicuramente il fatto che Sukhudyan sia l’unica tra i tanti che hanno denunciato gli abusi del Nubarashen ad essere indagata dalla polizia solleva molti interrogativi e molti attivisti e organizzazioni della società civile hanno già condannato l’azione delle autorità contro di lei. "Sembra che la cittadinanza attiva non sia incoraggiata nel nostro paese – ha dichiarato il mese scorso Sona Ayvazyan, esperta della sezione armena di Transparency International, centro che si occupa di corruzione internazionale – le autorità sembrano voler eliminare questi cittadini uno ad uno. Mariam è semplicemente l’ultima vittima e non sappiamo chi sarà la prossima."
L’autore ha collaborato con Matthew Collin di Al Jazeera English ad un servizio riguardante Mariam Sukhudyan e il Nubarashen #11. Il servizio é andato in onda il 13 settembre 2009.