Armenia-Azerbaijan, si torna alle armi
Sembrava ormai avviato una sorta di processo di pace: gli incontri trilaterali tra Armenia e Azerbaijan con la mediazione del presidente del Consiglio europeo avrebbero dovuto portare distensione e nuovi accordi. Tuttavia nella notte tra il 12 e il 13 settembre pesanti scontri a fuoco hanno riacceso il conflitto
Il 31 agosto si è svolto a Bruxelles il quarto incontro trilaterale tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev sotto la mediazione del presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Stando alla dichiarazione di Michel , questo incontro avrebbe portato avanti in modo sostanziale la stesura di un trattato di pace per la disciplina delle relazioni interstatali tra Armenia e Azerbaijan. La palla doveva poi andare ai ministri degli Esteri che entro un mese avrebbero dovuto incontrarsi e lavorare sulla bozza. Durante l’incontro sarebbero state affrontate anche le questioni umanitarie relative allo sminamento, i detenuti, le persone scomparse. Per quanto riguarda le mine, l’Agenzia per l’Azione contro le Mine della Repubblica dell’Azerbaijan ha pubblicato il dato aggiornato secondo il quale è stata sminata un’area totale di 5.523 ettari tra il 1° e il 31 agosto, con il ritrovamento di un totale di 2.353 mine antiuomo. Il problema è persistente e ha pesanti ricadute sulla vivibilità e la riqualifica dell’area riconquistata nel 2020.
Michel ha insistito sul coinvolgimento della popolazione. Il processo di pace – che si pensava ormai potesse essere definito tale dato un trattato in discussione che avrebbe dovuto trasformare definitivamente la fase post bellica e fornire una soluzione politica – mancava però di coinvolgimento della società civile nell’uno e nell’altro paese, e anche di trasparenza sui meccanismi di compromesso. Dopo l’incontro di Bruxelles altri 5 prigionieri armeni ancora detenuti in Azerbaijan sono stati rimpatriati, tutto sembrava procedere nella giusta direzione, nonostante la retorica e le accuse reciproche di violazione del cessate il fuoco.
Ma dal tavolo delle trattative si è passati al campo di battaglia. Nella notte fra il 12 e il 13 settembre sono scoppiati scontri su larga scala tra le truppe azere e quelle armene in un’area non parte del etrritorio del Nagorno Karabakh. Entrambe le parti si sono incolpate a vicenda per l’escalation: per l’Armenia è un tentativo di affondo nel proprio territorio vicino alle città di Vardenis, Goris, Sotk e Jermuk, bersagliate con artiglieria e armi di grosso calibro. Per l’Azerbaijan una reazione a una provocazione armena e alla posa di nuove mine nelle regioni di Dashkasan, Kalbajar e Laçin. Nel momento in cui si scrive non è chiaro se un nuovo cessate il fuoco sia efficace e abbia posto termine alla più grave recrudescenza di conflitto dal 2020, e come lo scontro della notte impatterà sulle negoziazioni. L’opzione militare rimane chiaramente sul tavolo.
La striscia di sangue degli scontri della notte, con diversi morti da entrambe le parti, getta un’ombra inquietante sui prossimi passi che verranno compiuti.
Aliyev, da Bruxelles a Roma, e oltre
Fra le negoziazioni e questa escalation il presidente Ilham Aliyev è stato a Roma, dove ha incontrato il presidente Mattarella e il primo ministro Mario Draghi. Aliyev ha partecipato il 1 settembre all’inaugurazione della nuova Ambasciata dell’Azerbaijan a Roma, ha partecipato a una cerimonia di firma degli accordi di cooperazione accademica tra università. Sono seguiti quindi incontri politici e istituzionali durante i quali si è constatato che il commercio tra Italia e Azerbaijan è in continuo aumento. Le parti hanno anche sottolineato il ruolo di Baku nel garantire la sicurezza energetica dell’Unione europea e dell’Italia in particolare. Le parti hanno poi discusso della firma del Memorandum d’intesa sul Partenariato Strategico nel campo dell’energia tra l’Azerbaijan e l’Unione Europea. L’Azerbaijan in questo momento si sente quindi solidamente in controllo della propria posizione e del proprio potenziale.
L’Azerbaijan è paese fornitore e transito di idrocarburi anche dall’Asia centrale, ora che anche il Kazakistan si sta staccando dalla rete di distribuzione ed esportazione russa a favore del Caucaso. In un recente incontro , Aliyev e Tokaev, presidente kazako, non hanno usato il russo come lingua comune durante la conferenza stampa, ma hanno parlato i rispettivi idiomi, azero e kazako. Un gesto inedito e carico di significato.
Sul ruolo dell’Azerbaijan come hub verso l’Asia centrale tiene gli occhi puntati anche la Turchia, che insiste per l’apertura di “corridoi”. Ad agosto il vice ministro del Commercio turco ha fissato la cifra ambiziosa di triplicare il commercio bilaterale. L’Azerbaijan ha già registrato un aumento di più del 50% dei traffici verso l’estero in questi mesi del 2022, e il vice ministro turco ha sostenuto che in particolare le infrastrutture che attraverseranno l’Armenia congiungendo Azerbaijan e Turchia saranno fondamentali per aumentare il volume degli scambi anche con l’Asia centrale, e che di questo Ankara e Mosca stanno dialogando “ai massimi livelli”.
Aliyev in Italia ha partecipato anche al forum di Cernobbio dove ha dichiarato che l’Azerbaijan ha preso atto che il mondo non sarà più lo stesso di prima del febbraio 2022, e che come paese di recente indipendenza perseguirà i propri interessi in conformità con il nuovo contesto che si andrà delineando, anche in base a come usciranno dalla guerra in Ucraina i principali attori dell’area caucasica.
La versione della Russia
Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Affari Esteri russo nei suoi briefing ha negato che siano in corso i contatti di cui parla il ministero turco. E ha sostenuto che nessuno dei partner della Russia coinvolti nel processo di normalizzazione post bellica armeno-azera abbia condiviso una qualsivoglia informazione su accordi di pace. Il tono della Zakharova è cambiato molto, in merito al ruolo dell’Unione Europea nella questione Armenia-Azerbaijan. Se un tempo il ministero degli Esteri russo rimandava sistematicamente alla leadership russa nella negoziazione di pace ma non negava che altri attori vi potessero contribuire, ora la Zakharova ha dichiarato : “Vediamo che l’attività dell’UE nel Caucaso meridionale è definita da ambizioni geopolitiche e non da un reale desiderio di contribuire alla normalizzazione delle relazioni azerbaigiano-armeno. Le pseudo-iniziative degli europei sembrano più un tentativo spudorato di appropriarsi degli allori della mediazione, sotto i quali non c’è nulla di sostanziale.”