Viaggio nell’Albania dal comunismo al futuro

"In alto mare. Viaggio nell’Albania dal comunismo al futuro" del giornalista italiano Antonio Caiazza. Un libro adatto agli italiani che vogliono conoscere da vicino un paese ancora poco conosciuto, e altrettanto utile agli albanesi per rivivere la loro storia più recente. Nostra recensione

18/07/2008, Marjola Rukaj -

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Centro di Tirana

"In alto mare. Viaggio nell’Albania. Dal comunismo al futuro", è una sorta di diario albanese del giornalista italiano Antonio Caiazza. Una narrazione tridimensionale dell’Albania di oggi, in cui traspare anche il suo passato recente. Con una scrittura di taglio giornalistico, e approccio da giornalista d’altri tempi – come in molti l’hanno definito – Caiazza esplora in lungo e in largo l’Albania che cambia, attraverso i suoi viaggi per il paese e in particolar modo la capitale Tirana. Racconta degli amici che ha visto ridere e piangere, intervista personalità importanti della politica e cultura albanese di oggi e del passato, e conclude con un’Albania che cambia a ritmi smisurati.

Il racconto dell’Albania inizia negli ormai lontani anni ’80, quando il paese era ancora un bastione del marxismo ortodosso, che dal suo isolamento ermetico trasmetteva notizie sulle onde di Radio Tirana sulla lotta solitaria di un paese piccolo e surreale contro tutti, scaturendo fascino e mistero tra i marxisti d’occidente. Caiazza fu tra i pochi stranieri che riuscirono a visitare l’Albania nel ’85, negli itinerari predisposti dallo stato, trovandosi in uno dei due autobus di turisti che in quei giorni attraversavano il paese. Su quei viaggi però non si ha molto da raccontare, turisti e albanesi vivevano in due modi paralleli cui era impedito confrontarsi.

Si avrà invece da raccontare dell’Albania dei primi anni ’90, quando il paese irrompe sulla scena internazionale, con tutta la sua disperazione e rabbia collettiva. Caiazza incontrerà i protagonisti di quei giorni che hanno cambiato la storia del paese, i giovani dell’epoca che a bordo di camion e macchine sfondavano le mura delle ambasciate occidentali per poi infiltrarsi e trovare rifugio in quei piccoli pezzi di terra occidentale intoccabile nel cuore di Tirana. Erano giorni di forte tensione e caos, che non si è ancora finito di commentare. Oggi i protagonisti sono delle persone realizzate, che raccontano quei giorni della propria vita in perfetto italiano con forte cadenza della regione in cui vivono.

Si parla dell’Albania degli anni ’90, un paese disorientato, travolto dal pessimismo, che tutti vogliono abbandonare per andare all’estero. Sono gli anni del boom edilizio, e di Tirana sfigurata, delle grandi privatizzazioni ultimate in un batter d’occhio, che trasformano la capitale in una periferia enorme, abusiva, senza animo urbano e senza storia, salvando solo il simbolo della città: Piazza Scanderbeg e la statua equestre dell’eroe nazionale. Caiazza percorre quegli anni bui con rabbia e sentimento che a tratti fanno pensare che a scrivere sia un albanese irritato per il grave scempio della città.

Ma poi si parla della nuova identità, della Tirana dei palazzi calvi del comunismo che vengono dipinti con colori stravaganti su iniziativa di Edi Rama, il sindaco artista divenuto ormai un simbolo della città. E arriva anche l’abbattimento degli edifici abusivi, e il ritorno, anche se modesto, degli spazi verdi. Non si poteva dimenticare l’unico edificio abusivo che non è stato possibile demolire, una kulla (tipica abitazione del nord albanese) in cui vivono ermetizzati degli uomini che secondo il kanun delle montagne del nord albanese rischierebbero altrimenti la vita per la vendetta. E’ una piaga la migrazione verso la capitale dal profondo nord albanese, di gente dalla cultura dell’autogestione, dove persino il senso dello stato aveva un’incidenza molto minore rispetto al resto del paese. E’ un fenomeno che fa parte dell’Albania contemporanea, che sta cambiando il carattere della città, tra pregiudizi vecchi e nuovi. Lo svuotamento delle montagne Caiazza lo traduce in una denuncia per le mancate politiche sociali ed economiche, per il nord dimenticato del paese, persino dall’attuale premier Berisha, figlio di quel nord, eletto zelantemente con grande e cieca fedeltà proprio dagli abitanti originari di quella regione.

Ma l’Albania che visita Caiazza, nelle sue numerose visite degli ultimi vent’anni, è fatta di amici che raccontano il loro passato comunista e il loro presente. E’ il paese dove un terzo della popolazione si è trasferita all’estero, e che ritorna d’estate ripopolando città e spiagge, portando con sé la seconda generazione, quella dei figli che l’albanese lo parlano a stento, come nell’infanzia salernitana dell’autore. Sono gli stessi amici, che una volta intenti a lasciare il paese, oggi all’estero ci vanno per turismo o per esperienze di studio che poi utilizzeranno al ritorno nel proprio paese. E’ un’Albania nuova, di cui in Italia non si parla, quella degli albanesi che non vogliono più emigrare.

Tra gli amici, anche personalità illustri, lo scrittore Dritero Agolli, che analizza l’odierna politica albanese ma parla anche del passato. Non può non menzionare la moglie russa rimpatriata per motivi politici, un fenomeno raccapricciante che ha segnato l’élite albanese del dopo guerra. Tra gli intervistati anche Ramiz Alia, l’ultimo leader del potere comunista, che si esprime in un italiano dotto, studiato in epoca fascista.

Non manca lo stupore nel parlare della percezione del Kosovo, tra diffidenze e pregiudizi che smentiscono le aspettative di uno straniero in Albania, ma anche del pragmatismo politico ed europeista sintetizzato nelle parole della maggiore poetessa contemporanea albanese Mimoza Ahmeti: "Auguriamo pace e prosperità ai kosovari come ai serbi". Per concludersi in una Tirana città aperta, dove cittadini dei paesi balcanici vivono e lavorano indisturbati, mentre la vita notturna di Tirana spesso ha per colonna sonora il meglio della musica serba.

"In alto mare" descrive un’Albania che cambia, e una capitale che tra i mille problemi si candida ad acquisire un’identità europea. E’ un libro che serve a colmare il vuoto di informazioni che ha coperto l’Albania negli ultimi anni, una volta uscita dalla cronaca nera dei giornali italiani. Serve agli italiani che vogliono conoscere da vicino un paese che rimane sconosciuto, ma serve anche agli albanesi per rivivere la loro storia più recente: il paese, le crisi e le trasformazioni ma anche i problemi di oggi che tendono a essere spinti nel dimenticatoio, in un’Albania pragmatica e fanaticamente proiettata verso il futuro.

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