Serbi d’Albania

In Albania non si parla molto delle minoranze. Il sistema nazional-comunista di Hoxha ha cercato di omologarle e i censimenti non hanno mai fatto chiarezza. Ma quanti sono e dove risiedono i serbi d’Albania?

28/03/2008, Marjola Rukaj -

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Scutari, il ponte vecchio (www.albaniabridge.co.uk/)

Non si sa con precisione quanti siano i serbi d’Albania. Per una delle associazioni che li rappresenta si contano all’incirca 30 mila membri sparsi tra Scutari, la città principale abitata dalla minoranza serba e montenegrina, Tirana, Durazzo, Fier e naturalmente tra i paesi dell’Europa Occidentale in cui sono emigrati. Alcuni vivono in queste città da tempo immemore, altri hanno storie più recenti di incessanti migrazioni balcaniche, o sono parte di fenomeni sociologici che hanno motivato flussi continui di spostamenti familiari.

Le statistiche sul numero approssimativo dichiarato sono di pubblicazione dell’associazione Moraca-Rozafa che dagli anni ’90 si è presa l’incarico di rappresentare la minoranza serba e montenegrina. Ma dal 2006 esiste anche l’associazione Albamontenegro che dopo l’indipendenza del Montenegro mira a rappresentare coloro che si definiscono montenegrini. Mentre in Albania si ritiene che oggi vi siano tra le minoranze sia serbi che montenegrini, la loro denominazione è variata da un censimento all’altro a seconda del criterio impiegato per la definizione: serba, per quanto riguarda la lingua, o montenegrina basandosi sul fatto che la maggior parte delle abitazioni tradizionali di tale minoranza si trovavano in vicinanza del confine montenegrino.

Ma tra gli appartenenti della minoranza moltissimi si sono trovati a vivere da queste parti a fianco ad altre etnie balcaniche per secoli – come spesso i censimenti riportano, altri sono giunti dalle aree montagnose secoli fa, quando Scutari era un nodo cruciale in questa parte dell’Adriatico, e altri ancora vi si sono trasferiti più di recente, per mimetizzarsi trovando una nuova identità, fuggendo alle faide e alla vendetta.

I censimenti sono tra l’altro un problema constante dei vari sistemi politici albanesi che spesso hanno preferito dichiarare cifre complessive per tutte le minoranze senza rilevare ognuna di esse a parte, oppure risultati di diversi censimenti non sono stati resi pubblici affatto come rileva lo studioso Arqile Berxolli in una sua pubblicazione. Vi sono state inoltre cospicue tendenze a speculare sulla percentuale delle minoranze che già dal regime di re Zogu vanno sempre diminuendosi, per poi subire politiche ancora più ostili durante il nazional-comunismo di Enver Hoxha, e l’idea dominante dello stato-nazione monoetinco. Rimane però molto limitata la possibilità di comparazione con situazioni precedenti all’indipendenza dello Stato albanese, poiché, secondo molti studiosi che hanno anche cercato di sfatare la posizione nazional-comunista sulle minoranze etniche, spesso nelle statistiche o censimenti, veniva incluso uno spazio che andava molto al di là dei confini dell’Albania odierna basandosi sulle unità amministrative ottomane riguardanti la regione.

La minoranza serbofona in Albania si è vista trattare a seconda della piega che prendevano i rapporti con gli stati di riferimento. La politica ostile è iniziata già con il regime di re Zogu che ha chiuso le scuole in lingua serba nelle zone in cui tale minoranza aveva una presenza più massiccia. In seguito quando i rapporti con la Jugoslavia di allora sono migliorati, particolarmente nei primi anni del regime di Hoxha le scuole si sono riaperte e il serbo-croato è stato inserito come seconda lingua obbligatoria anche per gli studenti albanesi in vista del progetto di integrare anche l’Albania nella Federazione Jugoslava.

La rottura tra Hoxha e Tito ha portato invece l’inizio delle politiche nazional-comuniste che hanno imposto i propri canoni di sradicamento e di fomentazione di una identità culturale nazionale decisamente albanese. Si è trattato in realtà dell’ennesimo processo di sradicamento che la società albanese si è trovata a subire nel XX secolo, quando Hoxha, avviò delle politiche volte a formare il "nuovo uomo" albanese secondo i canoni stalinisti del comunismo, e dall’identità culturale che non andasse oltre l’albanità.

Alle minoranze è stato tolto il diritto di dichiarare la propria nazionalità, mentre lo stesso concetto di nazionalità andava uguagliandosi con quello di cittadinanza tanto da risultare molto esotico agli occhi degli albanesi di oggi. Essendo il principio del nazional-comunismo albanese l’omologazione culturale e l’eliminazione di qualsiasi elemento diversivo, i serbi sono stati costretti a modificare i propri cognomi albanizzando le desinenze tipiche serbe, ma anche cambiandoli del tutto e sostituendoli con dei nomi albanesi, o anche con sostantivi non sempre eleganti come Druri (legno), Dritarja (finestra) ecc.

Solo negli anni ’90, dopo la caduta del comunismo è stato permesso di presentarsi all’anagrafe per recuperare il cognome precedente alle politiche nazional-comuniste. Ma non è stato concesso lo stesso diritto anche per i nomi, che per i giovani come per tutti gli altri albanesi sono per lo più nomi illirici oppure delle combinazioni acronimiche, introvabili altrove, che per anni sono andati molto di moda in Albania. Non è stato invece menzionato il diritto di esprimere la nazionalità.

Ma l’abrogazione del diritto alla nazionalità ha prodotto, come un vantaggio dell’omologazione, un trattamento paritario con gli altri cittadini dello Stato albanese che ha alleviato significativamente ostacoli e discriminazioni nei vari aspetti della vita nell’Albania comunista. Sono state numerose anche le personalità politiche o culturali che hanno dato enormi cotributi alla società albanese, di cui però quasi sempre non si conosce altra origine oltre quella albanese. Il comunismo di Hoxha, con la sua tendenza a omologare il più possibile la popolazione e l’invito a mescolarsi tra comunisti senza distinzioni culturali religiose o regionali, ha fatto dell’Albania un paese dalla cultura molto promiscua che spesso sta stretta alle definizioni tradizionali.

Anche i serbi si sono trovati spesso in matrimoni misti che continuano a essere all’ordine del giorno e sono, secondo i rappresentanti della minoranza, sempre più tollerati. Ma si sono venute a creare identità plurime, e la serbità si è finiti per affrontarla in modo piuttosto culturale che identificativo in senso etnico, nazionale o religioso. Hanno contribuito a tutto ciò oltre alle politiche di omologazione anche le grandi migrazioni interne che dalla fine della seconda guerra mondiale interessano intensivamente il paese, e in seguito anche quelle degli anni ’90 verso l’estero, che tendono a multiculturalizzare diverse generazioni. Per molti infatti l’origine serba rimane una caratteristica secondaria a quella di appartenenza culturale o politica determinata da altri fattori.

Le politiche dello stato albanese nei confronti delle minoranze risentono in parte del nazional-romanticismo che per molti versi rimane un canone del "politicamente corretto" per i media albanesi, ma anche di una conseguenza diretta dell’epoca comunista che ha sradicato il senso della minoranza, tanto che esso è diventato in Albania un concetto di dibattito non solo sulla rilevanza numerica delle varie comunità ma sulla stessa definizione del concetto, lasciando spazio a speculazioni ed estremizzazioni. Le convenzioni sulle minoranze sono state per lo più recepite senza esitazione ma l’atteggiamento dei governi albanesi in materia è piuttosto impacciato non essendo di particolare priorità tra le condizioni che i processi di integrazione euro-atlantica richiedono. Attualmente sono presenti nel parlamento albanese solo 2 greci come rappresentanti delle minoranze, ma secondo il presidente della Moraca-Rozafa, nella riforma elettorale che ha coinvolto la politica albanese da qualche mese, sarà previsto anche la partecipazione di rappresentanti di tutte le minoranze tra cui anche quella serbo-montenegrina.

Un punto debole anche dopo il crollo del comunismo è stato l’insegnamento della lingua serba, che viene conservata solo da una piccola parte degli appartenenti della minoranza nella sua versione ijekaviana, molto vicina alla parlata del vicino Montenegro. Sono in pochi i giovani serbo-albanesi a conoscere adeguatamente la lingua e sono per lo più quelli che abitano nei dintorni di Scutari dove la comunità serba è riuscita a conservarsi più compatta, zona da cui provengono anche la maggior parte degli studenti serbo-abanesi che si iscrivono ai corsi universitari in Serbia. "Ma la conoscenza della lingua rimane un ostacolo che penalizza il buon conseguimento degli studi" osserva Pavlo Jakoja Brahoviq, presidente della Moraca-Rozafa. Solo negli ultimi mesi si è riusciti ad aprire presso l’associazione di Scutari un corso di lingua serba per 40 giovani appartenenti alla minoranza. Mentre per anni, oltre ai finanziamenti, era difficile riuscire a trovare il personale in grado di insegnare la lingua poiché gli studi slavi in Albania attirano veramente poco, e ogni anno vi sono pochissimi laureati. Il problema è stato risolto infatti solo facendo venire a Scutari un docente della vicina Cetinje.

Uno degli obiettivi dell’azione della Moraca-Rozafa è anche la trasmissione nelle lingue delle minoranze etniche attraverso la poco seguita televisione statale albanese, che sembra tra l’altro sia stata accolta senza grandi opposizioni da parte del governo albanese. Mentre per ora i media più seguiti rimangono quelli privati in lingua albanese e quelli di Belgrado.

I legami con la madrepatria rimangono segnati dai rapporti politici turbolenti tra Serbia e Albania, mentre si hanno forti legami con il Montenegro. I rapporti con la Serbia sono per molti versi limitati alla sfera economica. Vige tuttora la forte barriera del visto d’ingresso per i cittadini albanesi, e non fanno eccezione alla regola neanche gli appartenenti alla minoranza serba, che però se iscritti all’associazione Moraca-Rozafa si possono risparmiare i 35 euro del costo del visto. L’ostacolo burocratico che permane tra i due paesi, non aiuta certo l’avvicinamento, mentre scoraggia anche i legami della minoranza con la Serbia specie per i giovani che si trovano a vivere in un’Albania che punta tutto sull’occidente e la cultura d’oltre Adriatico.

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