La costruzione del nemico ‘jugoslavo/serbo’ da parte del governo comunista albanese

In questa tesi di laurea un’analisi del discorso del dittatore albanese Enver Hoxha, a partire dalla nascita del movimento comunista albanese fino alla scomparsa del dittatore nel 1985

12/07/2022, Xhorxhina Molla -

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All'interno di Bunkart 2, ex bunker nucleare a Tirana trasformato in museo di storia - © posztos/Shutterstock

La tesi dal titolo “The Construction Of The ‘Yugoslav/Serbian’ Enemy By The Albanian Communist Government” (La costruzione del nemico ‘jugoslavo/serbo’ da parte del governo comunista albanese) è un’analisi del discorso del dittatore albanese Enver Hoxha, a partire dalla nascita del movimento comunista albanese fino alla scomparsa del dittatore nel 1985.

Durante la guerra fredda, la costruzione del nemico era uno strumento ricorrente della propaganda politica di entrambi i blocchi, sia quello socialista che quello capitalista. Enver Hoxha attraverso i suoi numerosi scritti, discorsi pubblici e memorie plasma la realtà della società comunista albanese, andando a definire di volta in volta, un nuovo nemico da eliminare: a volte interno alla società comunista, a volte esterno, rappresentato da un nemico straniero. Quando si tratta della relazione serbo-albanese, all’interno della letteratura attuale si tende a tenere conto quasi-esclusivamente del punto di vista di Pristina, lasciando in secondo piano quello di Tirana, o a volte addirittura inglobandolo a quello kosovaro-albanese. La realtà era molto più complessa di quanto si possa pensare, e per capire il significato degli scritti del dittatore Hoxha è necessario distinguere tra nemico jugoslavo e nemico serbo. Lo scopo di questa tesi è infatti quello di capire come i nemici comunisti jugoslavi e i nazionalisti serbi sono stati costruiti all’interno della propaganda del partito albanese, mettendo in luce la distinzione tra i due.

Da un lato, vi è infatti quello ideologico rappresentato dal partito comunista jugoslavo ed il maresciallo Tito, un nemico emerso dal 1948, quando Tito e Stalin ruppero definitivamente i rapporti. Il dittatore albanese decise di approfittarne e condannò Tito e il suo partito per il loro revanscismo in quanto nemici del ‘vero comunismo’, mettendosi dalla parte di Stalin. L’elemento del nemico esterno jugoslavo verrà utilizzato spesso da parte del dittatore albanese per puntare il dito contro diversi membri del partito come traditori della patria, oltre a definirli spie ed agenti jugoslavi, come avvenne nei casi di Koçi Xoxe e Mehmet Shehu.

Dall’altro lato, vi è il nemico etnico rappresentato dai nazionalisti serbi, che emerge negli anni ’60 con l’inizio delle proteste degli albanesi nella regione del Kosovo. In questo caso, è importante sottolineare che Hoxha non si riferisce alla totalità del popolo serbo, ma solo a quella classe politica nazionalista accusata di avere come scopo l’eliminazione del popolo kosovaro-albanese. Vi è quindi un’importante differenza rispetto al discorso kosovaro-albanese, poiché Hoxha critica l’azione dei membri del partito comunista serbo, specificando che anche i serbi della regione sono da considerarsi vittime del loro operato.

Entrambi i nemici creati dalla propaganda di Enver Hoxha mettono in luce la sua abilità nell’utilizzare la narrazione del partito per manipolare e concentrare il potere nelle sue mani grazie al totale controllo dei mezzi di comunicazione. Quello che emerge è una realtà delle relazioni jugoslavo/serbo-albanesi più complessa di ciò che può inizialmente apparire.

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