L’aquila spennata

Si è formato dal punto di vista artistico in Italia, ma non ha mai perso i contatti con il suo paese d’origine. Anzi, l’Albania, nelle sue opere, non manca mai. Un’intervista a Olson Lamaj

02/11/2010, Marjola Rukaj -

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L'aquila spennata - Olson Lamaj

Olson Lamaj è tra i giovani artisti di spicco dell’arte contemporanea albanese. Nato a Tirana nel 1985, vive e lavora tra Milano e la capitale albanese. Fa parte della generazione dei nuovi artisti contemporanei albanesi che attraverso numerose tecniche artistiche criticano e fanno riflettere sulla realtà del loro paese d’origine non senza note di ironia e provocazione. Dopo aver studiato fotografia a Firenze e all’Accademia di Brera, utilizza come medium principale proprio fotografia e fotomontaggio. Con opere surrealiste, metamorfiche nelle quali l’Albania non manca mai.

Quando hai iniziato ad occuparti di arte?

Ho iniziato all’età di 6 anni. I miei genitori mi avevano iscritto al Palazzo dei Pionieri, l’istituzione che all’epoca promuoveva le attività ricreative dei giovani, e poi ho frequentato il liceo artistico “Jordan Misja” di Tirana. Sono in Italia da sei anni e direi che la mia maturità artistica l’ho raggiunta qui. Ho frequentato l’Accademia di Firenze e in seguito mi sono trasferito a Milano per la specializzazione all’Accademia di Brera, in fotografia.

Come nascono le tue opere? Dove trovi gli spunti?

Quando sono arrivato in Italia ho scoperto per la prima volta l’arte contemporanea. Dopo aver iniziato a capirla ho iniziato a creare anch’io, sperimentando. Ho spaziato attraverso molte tecniche e generi per trasmettere le mie idee, i miei messaggi. Senza alcun dubbio i miei modelli provengono dall’arte italiana.

Quanta Albania c’è nella tua produzione artistica?

Penso che nei miei lavori ci sia tantissima Albania, nonostante io sia propenso ad astrarre il contenuto delle mie opere dal palese contesto albanese cercando di rendere i miei lavori universalmente leggibili. Cerco sempre di trasformare i miei spunti albanesi in riflessioni dalla dimensione simbolica e universale.

Cosa ti colpisce della realtà albanese e che poi motiva i tuoi lavori?

La realtà albanese è molto stimolante artisticamente parlando. Questo perché l’Albania è un paese pieno di paradossi.

Che tipo di paradossi?

Il territorio e l’ambiente sono in continua costruzione e trasformazione. E’ il posto perfetto per notare il contrasto tra il vecchio e il nuovo, il ricco e il povero, il passato e il presente.

Quali tecniche preferisci usare per esprimere questi paradossi?

Non discrimino. Cerco di utilizzare tutte le tecniche possibili e immaginabili per riuscire ad esprimere fedelmente le mie idee. Non ho dei principi e non mi limito in alcun modo. Però devo dire che negli ultimi anni mi viene sempre più spontaneo e naturale utilizzare la fotografia.

Quali sono gli artisti a cui fai riferimento?

Del passato direi decisamente Michelangelo Buonarroti. Tra i contemporanei sono moltissimi. Consumo molta arte contemporanea, direi tra i primi Bill Viola, Jeff Wall, Bernd e Hilla Becher…

Come mai hai scelto proprio l’Italia per studiare arte?

Semplicemente perché noi albanesi abbiamo più familiarità con la lingua e la cultura italiana. Ed è più facile arrivarci.

Cosa ti ha portato l’esperienza italiana?

L’Italia mi ha sicuramente facilitato la formazione nel mio percorso culturale e artistico. Penso sia una formazione molto buona quella che l’Italia offre nel mio ambito.

Cosa pensi dell’arte contemporanea in Albania?

Ha bisogno di più confronto, di un mercato strutturato e di più legami con ciò che avviene fuori dall’Albania. Senza tali condizioni non può avanzare come nei paesi occidentali e tanto meno presentarsi con delle alternative di pari valore nell’arena dell’arte contemporanea internazionale. Direi che negli ultimi 20 anni è stato fatto comunque un notevole progresso. Nel mondo girano diversi ottimi artisti contemporanei albanesi, ma all’interno dell’Albania la strada rimane ancora lunga.

Partecipi agli eventi d’arte contemporanea promossi in Albania?

Cerco di non mancare mai. Ho partecipato a diverse mostre collettive organizzate dalla Galleria Nazionale delle Arti di Tirana e ad altre attività saltuarie.

Torneresti in Albania per viverci e lavorarci?

Attualmente vivo tra Milano e Tirana. Ma vorrei che nel prossimo futuro Tirana diventasse la mia residenza stabile. E’ una città molto stimolante per l’arte contemporanea, offre numerosi spunti quotidiani. Vorrei però ritornare in Albania senza mai tagliare i ponti con l’estero, vorrei continuare a lavorare e ad esporre i miei lavori altrove. Spero che l’Albania non rimanga a lungo un paese isolato quale è adesso.

Sei in contatto con gli artisti contemporanei albanesi?

Conosco molti di loro, sia tra quelli che vivono in Albania sia tra quelli che vivono all’estero. Ma sono in pochi e tra noi abbiamo scarsi rapporti. Poi non tocca a me giudicare se sono bravi o meno.

Come mai la scelta di rappresentare oggetti che si trasformano? Corpi che diventano mura fatiscenti, pane, cuscini…?

Mi piace il corpo umano e cerco sempre di creare dei lavori che si legano alla sua figura. Con la fotografia e il fotomontaggio riesco a esprimere in maniera più completa la mia visione estetica in merito alla trasformazione del corpo umano.

Un tuo lavoro raffigura un’aquila bicipite spennata: il simbolo nazionale albanese ridotto a pelle e ossa. Che tipo di reazioni in Albania?

L’aquila spennata è stato un lavoro realizzato appositamente per la mostra “Pavarësi” (Indipendenza) curata da Elsa Martini e ospitata dalla Galleria Nazionale di Tirana nell’ottobre del 2007. Il periodo di esposizione della mostra coincideva anche con la festa dell’indipendenza albanese, la festa nazionale più importante, festeggiata da tutti gli albanesi senza distinzione di religione o provenienza geografica. In più era il periodo in cui non si faceva che parlare del Kosovo e dei negoziati sul suo status. Ho cercato di esprimere lo stato attuale dell’Albania ma anche quello del Kosovo: se vogliamo rappresentare questi due paesi attraverso il simbolo nazionale, l’aquila bicipite, quest’ultima è certamente spennata. E’ un’aquila che infatti non riesce a spiccare il volo per muoversi liberamente, per farlo ha avuto bisogno fino a poco tempo fa del burocratico visto d’ingresso. Sulle reazioni in Albania non c’è molto da dire. Il pubblico ne è stato affascinato e ha reagito con entusiasmo. I media albanesi invece non si sono degnati neanche di una parola. L’opera, oltre alla provocazione estetica, era lì per far riflettere in senso costruttivo.

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