Il fantasma di Gerdec
La tragedia dell’esplosione del deposito di munizioni di Gerdec, rimasta senza colpevoli, ritorna sulle prima pagine dei giornali e scuote la politica albanese. I lavoratori del deposito chiedono risarcimenti e scioperano ad oltranza. Revocata l’immunità all’ex ministro della Difesa
Nonostante i ritmi movimentati della politica albanese e il susseguirsi di vari eventi cui è stata attribuita un’importanza storica, a tre mesi dall’esplosione del deposito di munizioni, il fantasma di Gerdec continua ad aleggiare sul cielo della repubblica delle aquile, riportando la tragedia e il destino delle sue vittime sulle prime pagine dei giornali locali. Molto limitata, invece, la reazione dei politici, e in particolar modo della maggioranza al potere, con il premier Sali Berisha impegnato in un tour per il paese in cui, oltre a continuare le celebrazioni per la prossima adesione del paese alla Nato, il primo ministro ne approfitta per inaugurare strade, ponti e altre opere pubbliche.
Ma l’irrisolta tragedia di Gerdec è tornata a galla il 5 giugno, quando dei rappresentanti dell’associazione "Ex lavoratori di Alba-demil" (la società responsabile della fabbrica di Gerdec) hanno iniziato uno sciopero della fame per ottenere una risposta positiva alle loro richieste, già inviate al governo da diverse settimane, ma rimaste finora senza alcuna risposta. "La gente di Gerdec, non solo ha subito una grave tragedia, la cui responsabilità non può che essere attribuita allo Stato – ha affermato nei primi giorni dello sciopero Andi Belliu, leader degli scioperanti – ma si trova a dover affrontare pesanti problemi economici, poiché tutti sono rimasti senza lavoro, senza abitazione, e naturalmente deve affrontare problemi di salute, oltre che di natura psicologica, che nessuno sta prendendo in considerazione".
In questi mesi gli abitanti di Gerdec non hanno mai cessato di protestare e denunciare la leggerezza con cui le strutture statali hanno affrontato i problemi legati al soccorso alle vittime, sia riguardo la distribuzione di aiuti economici, sia riguardo la sistemazione in abitazioni alternative. In molti tra analisti e politici dell’opposizione hanno paragonato le misure prese dal governo con l’atteggiamento tipico preso in caso di catastrofe naturale. Molte famiglie si trovano ora abbandonate e costrette persino a lasciare le abitazioni provvisorie in cui sono state sistemate, per lo più delle residenze estive che durante i mesi estivi sono destinate a ospitare i turisti.
Sono in molti ad aver iniziato a ricostruire le abitazioni distrutte di Gerdec, sebbene gli esperti e gli ambientalisti valutino la zona come estremamente nociva, ma non vi è nessuna reazione da parte delle autorità per impedire il ritorno degli abitanti. Gli unici ad aver alzato la voce sono stati i media, portando sullo schermo uomini impegnati nella ricostruzione delle case, i quali, consci dell’inopportunità di vivere a Gerdec, affermano tristemente di non avere altra scelta.
I rappresentanti dell’associazione delle vittime di Gerdec ritengono che il fondo adibito al loro sostegno da parte del governo albanese non sia sufficiente, poiché, oltre alla distribuzione mal organizzata, l’intervento comprende tutta l’area dei danni causati dall’esplosione e non prevede alcuna tutela concreta a medio termine per le vittime più colpite più direttamente, e in particolar modo per chi lavorava a Gerdec. Gli otto scioperanti di Gerdec richiedono un aiuto mensile di 400mila lek (circa 3.300 euro) per ogni lavoratore per almeno un anno, uno stipendio di 500mila lek (4.100 euro) per un anno e l’ottenimento dell’assegno di assistenza dopo tale periodo. Chiedono poi pensioni per le famiglie delle vittime, un risarcimento per gli autoveicoli gravemente danneggiati nei pressi dell’esplosione, e il versamento dei contributi dei lavoratori dal 2006 fino al giorno dell’incidente.
L’inizio dello sciopero ha faticato a cogliere l’attenzione dei media e della politica. Si è iniziato a dedicargli maggiore attenzione il quinto giorno, quando sette uomini sono stati portati in ospedale per ricevere assistenza medica, per via delle loro gravi condizioni di salute. In ospedale si sono visti anche i rappresentati dell’opposizione che hanno offerto pieno sostegno alle richieste delle vittime di Gerdec, riproponendo in parlamento il dibattito sulla diretta responsabilità del premier. Presente anche la società civile, in particolar modo Mjaft, e il G99, nuovo movimento creato di recente da Erjon Veliaj. "Per soddisfare le richieste degli abitanti di Gerdec – ha affermato sui media albanesi Veliaj – basta l’ammontare che è stato speso per quell’infinita festa di adesione alla Nato".
Ma dal governo, il principale bersaglio del messaggio dello sciopero, non c’è stata alcuna reazione ufficiale. L’unico a reagire dalle fila del Partito Democratico (PD), è stato il deputato della zona elettorale di Gerdec, Astrit Patozi, il quale ha definito esagerate le richieste, commentando: "Non abbiamo mica uno stato miliardario in Albania". Patozi ha inoltre sminuito l’importanza dello sciopero che considera "un’opera dell’opposizione per i motivi a tutti noti". Totale silenzio invece da parte di Berisha. L’indifferenza del premier è stata a più riprese condannata sia dalla società civile sia dai partiti dell’opposizione. "L’indifferenza davanti a questa gente equivale a commettere di nuovo il crimine che hanno subito" – è stata una delle affermazioni del capogruppo parlamentare del Partito Socialista (PS), Valentina Leska.
Gli scioperanti, dal canto loro, hanno più volte ribadito l’intenzione di andare fino in fondo. Una volta ricevute le cure mediche, lo sciopero è ripreso, sempre all’ombra del silenzio delle autorità. Ma negli ultimi giorni, i sette scioperanti hanno deciso di lasciare l’appartamento di Vora dove si erano riuniti per digiunare, e di trasferirsi nei giardini a fianco della sede del Consiglio dei ministri. "Così Berisha non potrà più fingersi cieco, e far finta di non vederci" hanno commentato davanti ai riflettori. Le forze dell’ordine, però, nonostante i permessi regolarmente ottenuti, non hanno consentito l’installazione delle tende nei giardini, facendo sì che gli scioperanti – come riportato dalla stampa albanese – si recassero vicino al vertice del potere con delle coperture improvvisate.
Nonostante il silenzio della maggioranza, lo sciopero sembra aver dato notevole spinta al dibattito parlamentare sull’immunità dell’ex ministro della Difesa, Fatmir Mediu. Il procuratore generale, Ina Rama, aveva chiesto una revoca dell’immunità, essendo Mediu uno dei nomi direttamente coinvolti nelle enormi irregolarità di Gerdec. Per settimane in parlamento si era esitato a votare la revoca dell’immunità di Mediu, personalità proveniente dalle fila del Partito Repubblicano, uno degli alleati più stretti del PD di Berisha. I repubblicani hanno infatti commentato la disponibilità dei loro alleati di "sacrificare" Mediu alla giustizia, come una mossa che mira a mascherare le responsabilità di personalità più potenti.
Alla fine, proprio nei giorni in cui le vittime di Gerdec scioperavano, il parlamento ha votato con 101 voti a favore sulla revoca dell’immunità di Mediu, atto che molti sperano faccia progredire alla svelta il processo sui fatti di Gerdec. Inoltre, è stato rimosso dall’incarico il capo di Stato Maggiore, il generale Luan Hoxha, più volte citato nelle poco chiare affermazioni di Mediu come uno dei principali responsabili delle irregolarità che hanno portato alla tragedia.