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Igli Tare, professione bomber
E’ stato il più famoso calciatore albanese a militare in squadre europee. Brescia, Bologna e Lazio le squadre italiane. In quest’intervista la sua carriera e una panormamica sul calcio nel suo paese d’origine, l’Albania
Quest’intervista è pubblicata in contemporanea su Bota Shqiptare , il periodico degli albanesi in Italia
Cosa significa essere un calciatore albanese nel contesto del calcio europeo?
Dipende dall’aspetto che si vuole prendere in considerazione. Se da calciatore albanese fossi in Albania, i rapporti con il calcio europeo sarebbero nulli, poiché il calcio albanese giace in una situazione che non gli permette un’affermazione oltre i propri confini. Per quando riguarda invece la mia esperienza da calciatore albanese in squadre europee per me è stato il raggiungimento di un obiettivo impossibile. Qualcosa di semplicemente grandioso.
Come è entrato nel mondo del calcio?
Come tutti i ragazzini albanesi, sono cresciuto in un paese che è tra i pochi paesi in Europa dove ancora si gioca a calcio per strada. Questa è una cosa molto positiva per far nascere la passione per il calcio. La mia generazione è cresciuta così. Dalle partite con i ragazzi del quartiere, sono passato poi nel gruppo dei giovani del Partizan verso l’età di 15 anni. Poi ho iniziato a far parte di squadre di prima categoria. E infine negli anni ’90, come molti albanesi della mia generazione, ho lasciato il mio paese e ho iniziato l’avventura nel calcio non albanese.
Quali le sue esperienze più rilevanti all’estero?
Inizialmente sono andato in Grecia, dove sono riuscito a giocare con qualche squadra greca. Ma non potevo giocare sul serio perché non avevo i documenti: non me li davano perché non ero del Vorio Epiro, non appartenevo cioè alla minoranza greca in Albania. Mi sono trovato a dover scegliere tra il ritorno indietro oppure la rinuncia alla nazionalità albanese a favore di quella greca. Cosa che francamente mi sembrava assurda e non volevo accettare. Non avendo altra scelta sono rientrato in Albania e poi ho trovato il modo per partire per la Germania, dove ho giocato in terza categoria. Sono stati anni difficili e tristi, soprattutto perché è l’unico periodo della mia vita in cui ho smesso di giocare per la nazionale albanese. Poi sono passato al Karlsruhe, e ad altre squadre della massima serie tedesca, la Bundesliga.
Ed è stato tra i primi calciatori albanesi a militare nel calcio europeo …
Sì, io faccio parte di quella generazione che ha aperto la strada a tutti gli altri, in particolar modo in Germania. Poi sarebbero venuti Lala, Skela, Rrapi, Strakosha, Cani, solo per citarne alcuni. Abbiamo dovuto affrontare difficoltà indescrivibili. Per me è stato difficilissimo perché provenivo da un calcio molto debole e senza alcun prestigio. Quindi ho dovuto iniziare tutto daccapo, mettendomi seriamente in discussione. Penso che almeno psicologicamente un giovane calciatore albanese oggi abbia dei grossi vantaggi. E’ cambiata l’immagine che si ha in questa parte del mondo del calcio albanese e soprattutto è migliorata l’immagine degli albanesi.
Il calcio ha avuto qualche merito in questo miglioramento?
Il calcio è stato forse l’unico campo che ha contribuito ad una rappresentazione positiva dell’Albania e ha migliorato la sua immagine in Europa. Ovviamente di conseguenza anche l’immagine degli albanesi. E’ una cosa che percepisco sempre quando mi capita di trovarmi davanti ai tifosi, in Germania e soprattutto in Italia. E’ chiaro che noi calciatori siamo diventati una sorta di ambasciatori di prestigio, e gli albanesi che vivono all’estero ci considerano come tali. Io ho firmato puntualmente petizioni ogni volta che gli albanesi si sono visti vittime di accanimenti mediatici che hanno prodotto un albanofobia nota a tutti in Italia. I personaggi pubblici di origine albanese hanno un compito naturale di contribuire al miglioramento dell’immagine dell’Albania. Personalmente lo sento un obbligo morale. Siamo in qualche modo dei punti di riferimento per la gente comune e bisogna sfruttare questa posizione.
Di che tipo di reputazione gode il calcio albanese oggi secondo lei?
I tifosi europei hanno un’opinione sempre migliore del calcio albanese avendo presente tutti i calciatori albanesi che giocano nelle squadre europee. Ma il calcio in Albania non ha niente a che vedere con i calciatori che arrivano qua. C’è un dislivello inimmaginabile. E’ una vera sfortuna per coloro che vogliono fare calcio in Albania. Hanno grossi problemi di organizzazione, amministrazione, finanziamenti e sotto vari altri aspetti.
Perché a suo avviso si è arrivati ad una situazione del genere?
Dipende da moltissime cose. Ci sono grosse carenze di stadi, di idee, di professionalità… Vi sono grosse ambizioni – il calcio è lo sport più seguito in Albania – ma né il Ministero né la Confederazione del calcio albanese ha strategie.
E il fatto che negli ultimi anni si è sempre puntato su allenatori stranieri, ha avuto un riscontro positivo nel miglioramento del calcio albanese?
Ho sempre sostenuto la presenza di allenatori stranieri in Albania, perché sono sempre stato convinto che è la migliore soluzione per portare al calcio albanese nuove esperienze, e modi di fare che nel paese mancano. Per ora gli allenatori stranieri offrono esperienze che gli albanesi non offrono ma in futuro penso che si formeranno anche giovani generazioni di albanesi altrettanto preparati. Ciò che finora è mancato secondo me è il lavoro psicologico. Se noi perdevamo qualche partita 2 a 1 o 2 a 0, i nostri allenatori gioivano come se avessimo vinto. Dicevano: "Basta che ci abbiano battuto con 2 goal di scarto e non con 4". Ma questo tipo di mentalità ha gravi conseguenze per i calciatori.
Lei tornerebbe in Albania per fare l’allenatore ad esempio per la nazionale albanese?
Il mio sogno è offrire al calcio albanese ciò che ho acquisito nella mia carriera. Può darsi come allenatore di una squadra, o con qualche scuola… Non so quando ciò avverrà ma è sempre nei miei progetti.