Giornalismo in Albania: scoop, politica ed autocensura
E’ il Paese europeo con il maggior numero di media per abitante. Ma a questo non corrisponde una sufficiente qualità giornalistica. Un’analisi della libertà di stampa e del ruolo dei mezzi di comunicazione in Albania in un’intervista a Lutfi Dervishi, esperto di media e direttore esecutivo di Transparency International Albania
Quale la situazione dei media in Albania?
Dal punto di vista quantitativo, in Albania opera un numero sorprendentemente grande di media: radio, tv, giornali stampati e online. A prima vista il quadro sembrerebbe positivo, ma guardandolo più da vicino si scopre, ad esempio, che la tiratura dei quotidiani non supera le 20 mila copie, il che significa che i giornali da noi non vengono letti. Probabilmente sono molto seguiti i media radiotelevisivi, ma su questo non si dispone di dati qualificati.
Dal punto di vista legislativo la libertà di stampa è garantita dalla Costituzione, la criminalizzazione dei giornalisti è stata abrogata, mentre l’articolo del Codice civile sulla diffamazione non è stato più utilizzato dopo la crisi del ’97.
Per capire in che stato si trovi la libertà di stampa in Albania, però, bisogna capirsi su cosa si intenda per libertà di stampa. E come viene definito il ruolo del giornalista o del redattore in rapporto a tale libertà. Quello che si nota quotidianamente nei media albanesi è che essi sono caratterizzati dall’autocensura e da un modo superficiale di fare giornalismo.
Che cosa causa l’autocensura?
Vi sono diverse cause. Attualmente in Albania stiamo assistendo ad una feticizzazione della tecnologia: tutti investono nei media, in quanto è prestigioso nel Paese investire in aziende ad alta tecnologia, però nessuno investe sui giornalisti e sulla loro preparazione professionale: nessun aggiornamento, nessun corso di formazione. Abbiamo quindi dei media che rappresentano spesso grandi investimenti, soprattutto per quanto riguarda le tecnologie, ma non abbiamo la stessa qualità di informazione e di approfondimento giornalistico.
L’Albania è il Paese europeo con il maggior numero di media per abitante. Da dove questo fenomeno?
Penso che sia dovuto in parte al fatto che i media liberi sono stati una mela proibita fino al ’91. Dopo il crollo del comunismo i giornali, le radio e le tv private si sono moltiplicate di giorno in giorno, all’inverosimile. E stranamente, nonostante il mercato albanese sia molto piccolo, tenendo presente che si tratta di un Paese di circa 3 milioni di abitanti, la maggior parte dei media ha continuato ad esistere anche dopo la fase del primo entusiasmo pluralistico nel Paese.
Come riescono a sopravvivere?
La maggior parte di questi media non rappresentano l’unico investimento degli imprenditori che li possiedono. Spesso l’obiettivo è tenerli come capitale pubblico, e come mezzo di comunicazione pubblica, per mantenere o accrescere l’influenza di determinati gruppi politici od economici nel Paese. Gli imprenditori fanno di tutto per non far fallire questi media, nonostante la loro scarsa redditività sul mercato.
Vi sono dei media che non rientrano in questo schema?
Non direi. Vi sono media privati piuttosto che media liberi. Di solito, per riuscire a controllarli meglio, si assumono pochi giornalisti. Il compito del giornalista consiste nel riempire le pagine. Non è facile fare vero giornalismo. Ci vuole tempo, e denaro. Ma la qualità è l’ultima delle preoccupazioni.
Quanto incide in tutto ciò la preparazione dei giornalisti?
Direi che non c’è una buona integrazione del giornalista con la realtà. Le facoltà di giornalismo offrono una preparazione teorica. La pratica è un’altra cosa. Inoltre questa è una professione che ha bisogno di continui aggiornamenti, ma i nostri giornalisti non frequentano mai corsi di aggiornamento e non sanno come va il giornalismo fuori dal nostro territorio. Persino i più preparati e specializzati sono dei giornalisti low cost. Il loro modo di fare giornalismo consiste nel riferire cosa dice un politico, come risponde un altro, e i nostri giornali finiscono per avere un sovraccarico di retorica politica. I media non sono dei watch-dog del pubblico. I giornalisti non criticano perché vengono pagati proprio da questa gente. Di conseguenza l’etica professionale passa in secondo ordine e prevale quello che noi chiamiamo “giornalismo a pistola”. Ci sono molti media, ma vige la celebrity culture, tutto è concentrato a Tirana, e i giornalisti non prendono in considerazione l’idea di andare sul campo. Le redazioni sono piccole, quindi non hanno le capacità di mandare i giornalisti altrove e allo stesso tempo stampare il giornale o mandare in onda i servizi a Tirana.
Però essendo parte di grandi gruppi e proprietà di magnati di vari settori dell’economia, verrebbe naturale pensare che i mancati investimenti in qualità non siano dovuti a problemi economici…
Sì, è vero, non è questione di risorse limitate. Non si vuole investire nel giornalismo di qualità, punto e basta. Come ho già detto, i media sono mezzi di pressione nella società albanese. Ma penso che molto sia dovuto anche alla nostra mentalità, impulsiva e passionale, e al motto “meglio un uovo oggi, che una gallina domani”. Noi non siamo così razionali da poter costruire strategie a lungo termine, e questo si rispecchia anche nel modo in cui ragionano i nostri imprenditori mediatici.
Nonostante ciò i media hanno un potere enorme nella società albanese…
I media sono, a mio avviso, il maggior successo della transizione albanese. I media hanno potere, tanto da riuscire a controllare gli altri poteri, e da innescare persino processi di auto-giustizia come nel caso del video Meta-Prifti. Questo è un tipo di libertà, che rispecchia il potere dei media nella nostra società, ma il fatto che accadano cose del genere non è necessariamente un indicatore della libertà dei media. Per essere liberi i media devono anche essere responsabili.
Come interpreta, da questo punto di vista, la trasmissione del video Meta-Prifti su Top Channel?
Gli abusi dei media hanno un prezzo che cade sulla società. D’altronde a volte è meglio si verifichino questo tipo di abusi, piuttosto che l’autocensura che regna maggiormente.
Negli ultimi anni, l’Albania ha fatto dei passi indietro nella maggior parte delle classifiche internazionali riguardanti la libertà dei media. Spesso si colloca addirittura allo stesso livello di alcuni Paesi africani non democratici. Come spiega questo regresso?
È una questione molto relativa. Di sicuro non è responsabilità dello Stato. Lo Stato controlla solo la pubblicità. Sono in casi sporadici abbiamo conflitti tra lo Stato ed i media, come il caso Tema, ma quello è molto personale e riguarda il premier Berisha e il giornalista Mero Baze, che in passato erano molto vicini. Il nostro problema più grande è l’autocensura dei giornalisti, ma penso che esso si risolverà col tempo. Ora è evidente che non si può avere giornalisti liberi se questi sono poveri. Inoltre quello che notiamo tutti negli ultimi anni è che i giornali vengono letti sempre meno, il che vuol dire che il lettore sta punendo la mancanza di qualità. Questo è un buon inizio per favorire una selezione dei media e una loro migliore qualità.