Uranio impoverito, a volte si dimentica

Con tutta probabilità anche in Afghanistan si stanno utilizzando munizioni all’uranio impoverito. L’articolo seguente, curato dall’Osservatorio, verrà pubblicato su "Carta" prossimamente in edicola

31/10/2001, Davide Sighele -

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Kosovo, elicottero Nato (Tobrouk - Flickr)

Colpire bunker in cemento armato in profondità. Far crollare le gallerie nascoste nell’intimità dei deserti di pietre dell’Afghanistan, nelle sue austere montagne. Solo in questo modo sarà possibile stanare Bin Laden ed i talebani. Per non essere costretti, in quei cunicoli, a entrarci come topi. La soluzione sono bombe a grappolo perforanti. Bombe che riescono ad incunearsi ed a sfondare la roccia. Lì sotto nessuno può rimanere tranquillo. Bombe particolari, grazie al loro guscio in uranio impoverito. Per andare più a fondo è fondamentale. Ha una densità estremamente elevata, molto maggiore di quella dei corpi che incontra. Di qui i tank dell’esercito serbo in Kossovo sventrati con facilità.

Quando si bombarda sembra che dell’uranio impoverito non ne sappia più nulla nessuno. E’ accaduto durante la guerra contro l’Iraq per poi ritrovare 28.000 veterani americani ai quali il proprio Governo eroga una sorta di pensione di invalidità in seguito alla cosiddetta sindrome del Golfo. Certo non solo legata all’uranio impoverito ma con tutta probabilità dovuta anche ad esso. Poi la storia si ripete in Bosnia e Kossovo. Le famiglie dei militari preoccupate, si ritrovano a contattare Peacelink, associazione italiana che si occupa di garantire "contro-informazione" e che da subito si è occupata dell’uranio impoverito. Sono loro i primi a pubblicare delle mappe con le zone del Kossovo a rischio di contaminazione. Pochi altri ne parlano e solo dopo le polemiche arrivano le reazioni delle Istituzioni. Accade ora nuovamente in questa "guerra contro il t[]ismo".

"Le bombe a penetrazione utilizzate attualmente in Afghanistan hanno con tutta probabilità un guscio ad uranio impoverito. Queste bombe, di circa una tonnellata, sono le stesse utilizzate in Kossovo" afferma Maurizio Martellini, fisico, Segretario Generale del Landau Network-Centro Volta, struttura di cooperazione culturale e scientifica che si occupa di disarmo, sicurezza internazionale e questioni ambientali. "Ma non paragonerei la situazione dell’Afghanistan a quella del Kossovo. I danni dell’uranio impoverito vengono causati da una combinazione tra tossicologia chimica ed effetti radiologici, e non colpiscono tutti i soggetti esposti ma diventano evidenti solo analizzando un gran numero di casi. In Afghanistan l’effetto sarà inferiore rispetto ai danni causati nei Balcani, perché in qualche misura gli obiettivi che si colpiscono sono quasi deserti. La popolazione dell’Afghanistan ha ben altri problemi". Al telefono una breve pausa. "Certo è che il problema dell’uranio impoverito è stato rimosso dalla coscienza collettiva internazionale. Non lo si è voluto affrontare e gli effetti si vedranno solo sul lungo periodo anche se alcune precauzioni sono già state prese. Ad esempio i corpi dei marines hanno eliminato questa tipologia di proiettili dai loro armamenti, per lo meno da quelli leggeri ….".

Il rischio connesso all’uranio impoverito è riconosciuto infatti dalle stesse forze armate statunitensi che hanno realizzato due filmati, titolati "Depleted uranium: hazard awareness" e "Contamined and damaged equipment management operation" nei quali vengono illustrati tutti i possibili rischi di contaminazione e le necessarie misure di precauzione.

Anche le Nazioni Unite sono state chiare. In una risoluzione approvata il 29 agosto del 1996 si esortano gli Stati membri a "guidare le loro politiche nazionali in base alla necessità di mettere freno alla produzione ed alla diffusione di armi per la distruzione di massa o con effetti indiscriminati, in particolare armi nucleari, armi chimiche, bombe fuel-air, napalm, bombe a grappolo, armi biologiche e armi contenenti uranio impoverito".

Ma è facile dimenticare e dimenticarsi, anche quando l’evidenza è ovvia. Più difficile è farlo per le popolazioni che si trovano direttamente coinvolte e non solo con i propri militari e volontari all’estero. Accade ad esempio nei Balcani. Agli inizi di ottobre si è tenuta a Belgrado una tavola di discussione sulle conseguenze dell’uranio impoverito organizzato da alcuni esperti del Centro Clinico della capitale e dagli scienziati dell’Istituto della Scienza Nucleare di Vinca, sempre in Serbia. Il quadro che ne è uscito non è certo rassicurante.

E’ stato ribadito che un totale di 112 luoghi in Kossovo, 4 in Serbia e 1 sulla costa adriatica sono stati contaminati durante gli attacchi. Le persone con i maggiori rischi di contaminazione sono state quelle che hanno assistito alle esplosioni. Il numero di queste persone è di circa 1.300 (tra cui i membri dell’esercito jugoslavo), e le loro condizioni sono costantemente monitorate in tre cliniche, due a Belgrado e una a Nis. Si è fatto inoltre notare un aumento allarmante, rispetto al 1992, di bambini che presentano la distruzione del livello di cellule, in particolare aberrazioni cromosomiche che possono causare serie malattie durante la loro vita.

Ed intanto le bombe perforanti continuano a fare il loro dovere, e l’uranio impoverito pure.

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