Il collasso dell’agricoltura croata
In Croazia non sembrano diminuire le importazioni di prodotti agricoli. Il settore agricolo è in ginocchio, i costi di produzione troppo alti non solo per competere sui mercati internazionali ma anche per vendere sul mercato interno.
Negli ultimi dieci anni la Croazia ha importato l’equivalente di 10 miliardi di dollari in derrate alimentari. Un miliardo di dollari all’anno. Si comprendono le dimensioni di questa cifra paragonandola con il budget annuale croato che si aggira sui 9 miliardi di dollari. Quando i partiti attualmente al potere erano all’opposizione hanno fortemente criticato l’HDZ per la poca attenzione dimostrata per lo sviluppo dell’agricoltura e per le eccessive importazioni di derrate alimentari. Nonostante questo anche quest’anno le stime parlano di importazioni per un controvalore che supererà il miliardo di dollari.
Drammatica la situazione se la si paragona agli inizi degli anni ’90 quando la Croazia aveva un surplus annuale nel commercio estero per quanto riguarda i prodotti agricoli di 16 milioni di dollari mentra attualmente si è di fronte ad un deficit annuale di bilancia commerciale, sempre considerando i medesimi prodotti, di circa 500 milioni di dollari. Questo dimostra come dopo dieci anni l’agricoltura si ritrovi distrutta: sono solo 5 i prodotti che riescono a soddisfare la domanda interna: vino, uova, pollame, frumento, granoturco. Tutto il resto deve essere importato.
Difficile uscire da una situazione dove i costi di produzione per i contadini croati risultano essere superiori ai prezzi sui mercati internazionali. Inoltre riesce arduo all’agricoltura croata (priva di qualsiasi incentivo e "copertura" statale) competere con altri sistemi produttivi altamente agevolati e favoriti da sussidi, quali ad esempio quelli dei Paesi dell’UE. E la recente entrata nella WTO avrà con tutta probabilità effetti ancora peggiori sulla produzione agricola del Paese.
Se la Croazia vuole basare le proprie prospettive di sviluppo sul binomio produzione agricola – turismo, certamente ricco di opportunità, qualcosa dovrà cambiare. Si rischia infatti che ai turisti stranieri, ospiti degli hotel sulla costa, tra l’altro sempre più in mano straniera, si offrano cibi e prodotti importati. Resterà la possibilità di nuotare nel limpido mare croato e respirare l’aria di questo bel Paese. Ma queste offerte, e ciò va a scapito naturalmente dell’industria turistica, non sono a pagamento.
Abbiamo qui tradotto e sintetizzato alcune parti del reportage pubblicato da AIM Zagreb il 9 dicembre 2001 e curato da Drago Hedl.