Chi è Ali Ahmeti? da dove proviene? quali sono le sue mire politiche? ed infine che opinione hanno di questo uomo controverso gli attori internazionali e locali? Dejan Georgievski, corrispondente da Skopje per l’Osservatorio, prova a tracciare un profilo del nuovo leader politico degli albanesi di Macedonia.
Ali Ahmeti, il leader politico dell’ex Esercito di Liberazione Nazionale non può certo essere lasciato in pace: tutti vogliono sapere di più sul suo conto. Quali sono i suoi obiettivi? Quali sono le sue esperienze politiche e le sue preferenze? Come mai, in qualità di comandante supremo del "movimento di insurrezione albanese", non riesce a fermare quella che definisce l’"insignificante minoranza", quella che spara nella notte, quella minoranza rappresentata soprattutto dal "presunto" Esercito Nazionale Albanese (ANA)? È forse, per così dire, un suo uomo, oppure rappresenta solo la facciata di qualcuno che tira le fila della politica dall’ombra, forse addirittura gli attuali politici albanesi? Questi ultimi troverebbero certamente utile un personaggio che li sollevasse dal peso del "radicalismo" e dell’"estremismo", in modo tale da farli risultare una sorta di nuovi moderati alle prossime elezioni. Alla fine, se è veramente quello che dichiara di essere, e se le sue idee e i suoi ideali corrispondono a quanto dice, era davvero necessario – per non dire conveniente – iniziare una guerra per il miglioramento dei diritti delle minoranze? Non è un paradosso par excellence?
Punti di vista…
Timothy Garton Ash nel suo articolo intitolato "Esiste un buon t[]ista?" scrive: "Ahmeti, un uomo dall’aspetto affaticato dai capelli grigio argento pettinati all’indietro e le dita che portano visibili macchie di nicotina, prese posto a gambe accavallate su di una poltrona dall’aspetto affaticato e mi offrì un whisky che lui stesso ha definito "molto buono"- un Bowmore invecchiato 15 anni dell’isola scozzese di Islay. Ne assaggiò qualche sorso anche lui" (New York Review of Books, 19 novembre 2001).
Katerina Blazevska del quotidiano "Dnevnik>" (2 febbraio 2002), non condivide le impressioni di Ash, e così scrive su Ahmeti: "Non ho visto nessuna bottiglia di ‘Bowmore’ a casa di Ali, Timothy deve esserselo bevuto tutto. Ma ho visto che un bicchiere di vino bianco macedone nella mano di Ahmeti potrebbe combattere l’Islam con lo stesso zelo e la stessa dignità. Non mi è sembrato affaticato, al contrario ha l’aspetto di un uomo che ha fatto il suo lavoro e aspetta la giusta ricompensa. Se fosse un personaggio anonimo non lo noteresti incontrandolo in un negozio di alimentari, o per la strada, o mentre aspetti di fare benzina al distributore. Piuttosto basso, con i capelli grigi e un colorito pallido, ha l’aspetto di una persona qualunque, non gli si addice l’immagine da leader, meno che mai quella di un combattente. Eliminando i tic nervosi usa la sua calma con abilità per nascondere l’ansia e ciò che sembra essere solo un pizzico di vanità."
Sfortunatamente i mass media albanesi non hanno mostrato molto interesse nel fornire un simile profilo sul signor Ahmeti. Dopo aver parlato con la gente della rivista "Lobi" e del pressonline, ho scoperto che nulla di simile su di lui era stato scritto dalla stampa albanese. Lo avevano sì menzionato, ma solo nel più ampio contesto del mondo politico albanese, nonostante Kim Mehmeti (noto intellettuale e scrittore albanese) lo definisca come "la persona più carismatica nella storia contemporanea degli albanesi in Macedonia. Il suo ritratto è completato dai suoi comandanti e dalle migliaia di giovani che credevano in lui e non lo hanno abbandonato nemmeno quando pochissimi immaginavano il risultato finale." (rivista "Lobi", febbraio 2002).
Questa idea, a mio umile avviso, è leggermente esagerata. Ahmeti emana piuttosto un’aura di efficiente burocrate, ruolo che ai nostri giorni gli si addice di più. Se vogliamo parlare di carisma, questo gli verrà più dalla sua leadership in un conflitto armato che da altro.
Secondo le parole di Ilir Kula, analista di Tirana, che recentemente ha scritto anche per "Lobi" riguardo al personaggio politico Ahmeti: "Ali Ahmeti farebbe bene a non dimenticare di essere stato sostenuto attraverso la forza che lui e i suoi seguaci hanno dimostrato. Trasformarsi da leone in piccione non può far altro che nuocergli".
La leggenda…
Le informazioni sparse qua e là riguardo il signor Ahmeti riportano la sua nascita a Zijas, una piccola comunità nei pressi Kicevo in Macedonia, nel 1959. Ricevette l’istruzione primaria e secondaria a Kicevo, dopodiché, come la maggior parte degli albanesi, continuò gli studi a Pristina, in Kossovo, presso la facoltà di pedagogia. A 22 anni si unì al Movimento Marxista-leninista che sosteneva il progetto di una repubblica socialista per il Kossovo nel contesto dell’ex Jugoslavia.
Dedicò un po’ di tempo a partecipare a ciò che Garton Ash definisce "un’insurrezione", ma se vogliamo essere realistici, a quella gigantesca manifestazione studentesca che sfociò in episodi di violenza. Dopo di che, partì per la Svizzera, dove svolgeva la sua attività politica per le organizzazioni dei kossovari albanesi, soprattutto combattendo di nuovo per l’indipendenza del Kossovo: fu lui uno dei fondatori dell’"Homeland Calling Fund" (fondo di riferimento per la patria) che raccolse il denaro necessario a intraprendere la guerra contro i serbi in Kossovo Nel 1993 i casi della vita lo riportano in Macedonia, dove cerca di organizzare un gruppo di guerriglieri, progetto disilluso dal fatto che i partiti politici albanesi speravano ancora di realizzare un programma per raggiungere la parità di diritti tramite le istituzioni politiche del Paese. Passò un certo periodo in Kossovo durante la guerra del 1998-1999 e, a seconda delle fonti d’informazione, combattente o meno per l’Esercito di liberazione del Kossovo .
Il resto della storia è piuttosto conosciuto: apparve improvvisamente durante il secondo mese di combattimenti in Macedonia, quando firmò l’accordo con Abel Xhaferi e Imer Imeri, rispettivamente il leader del DPA e del PDP. Poi fu la volta della famosa foto. In sostanza, tutto ciò che si poteva vedere di lui a quel tempo era la parte superiore di una testa (la sua) laboriosamente chinata su un libro. Di che libro si trattasse non lo abbiamo mai scoperto, ma era chiaro che stava ancora facendo parlare di sé. Eccomi , diceva la foto, un uomo che passerebbe il tempo a leggere, (confidò a Garton Ash che in Svizzera aveva letto molti libri, "prevalentemente sulla psicologia e sulla guerriglia") piuttosto che combattere una guerra da qualche parte nei Balcani.
L’impatto…
Ci si potrebbe chiedere, allora, che tipo di impressione Ali Ahmeti ha fatto su persone diverse in Macedonia e all’estero? L’impressione generale potrebbe essere che non si dovrebbe preoccupare degli stranieri. Ha escogitato una Bosnia, ha funzionato in Croazia, ha funzionato in Kossovo, e salvo contrordini si potrebbe scommettere che funzionerebbe anche qui.
"Adoro Ali Ahmeti", dice Roberto Belicanec, Direttore Esecutivo del "Macedonia Media Center": "basta ascoltarlo, dice solo le cose giuste. È il compendio delle pubbliche relazioni". Quando gli si ricorda che Ahmeti dovrà mettere in pratica queste parole, Belicanec afferma: "sì, certamente, ma guarda il mondo che ci circonda: a nessuno importa quello che gli altri fanno, tutto ciò che conta sono le parole."
Comunque, è chiaro che Ali Ahmeti dovrà dimostrare la verità di molte cose; il suo futuro politico in Macedonia dipenderà da quanto sarà in grado di comunicare. E dipende anche da quanto la percezione che i macedoni hanno di Ahmeti come di "un mostro e una bestia"(citato dall’intervista che ha rilasciato a Forum) può essere cambiata in un’ottica più positiva.
Al momento la questione più dibattuta, specialmente tenendo presenti le prossime elezioni generali, è l’ulteriore impegno di Ahmeti nella politica albanese. Dispone di varie opzioni, come accenna Ilir Kula nel suo commento: potrebbe unirsi ad uno dei partiti politici già esistenti, a fianco degli albanesi macedoni, cercando di unificare il DPA e il PDP sotto la sua guida, oppure formare un suo partito e trarre profitto dalla recente guerra in Macedonia. Comunque, sia Kula che Mehmeti sono contrari alla seconda ipotesi. Come sostiene Mehmeti nel suo commento "Ali, Abaz and Mister Ahmeti": "L’immagine di Ali Ahmeti seduto fra gli ufficiali del DPA mostra un panorama piuttosto incredibile. Non perché spicchi come il solo senza barba, ma perché il ritratto di quest’uomo di Kicevo sembrerebbe irreale fra le due barbe che coprono le smorfie di un Machiavelli e di un Fushe.
Ahmeti risulta ancora meno immaginabile nel PDP, così è poco chiaro se stia muovendo in avanti o indietro…"
Le conseguenze
Per di più, come scrisse l’anno scorso Mirka Velinovska, redattore capo della rivista "Zum", sarebbe inconcepibile per un partito macedone coalizzarsi con qualunque forza politica che fosse guidata da Ali Ahmeti (presentato come la conditio sine qua non della politica macedone), poiché qualsiasi partito che facesse una mossa del genere sarebbe destinato ad affrontare l’inesorabile perdita del voto dei suoi elettori. Vorrei chiedere a un qualsiasi personaggio politico occidentale se sarebbe disposto a correre un rischio del genere." Lo stesso Ahmeti ne sembra consapevole, e ha dichiarato ai mass media che "con grande probabilità non sarà coinvolto direttamente nella vita politica, conoscendo l’animosità che il suo nome alimenta presso i macedoni."
I due commentatori sopra menzionati danno un suggerimento ad Ahmeti, sintetizzato con le parole eloquenti di Ilir Kula: "Ali Ahmeti è necessario all’Occidente come la figura in grado di controllare le potenti forze politiche albanesi, non come leader dei moderati. Quest’ultimo è un ruolo assegnato al signor Xhaferi, che continuerà a ricevere sostegno per mantenere tale ruolo. Entrare a far parte del DPA porterà alla luce le debolezze di Ahmeti politico, distruggendo così la posizione che lui stesso si è costruito durante la guerra. La migliore alternativa per Ahmeti sarebbe di stare al di sopra delle parti politiche attuali; dovrebbe formare una coalizione di tipo nazionalista, per mantenere il suo ruolo di catalizzatore fra la comunità internazionale e le persone che ha guidato durante la guerra, diventando così il partner indiscutibile in ambito internazionale. Dovrebbe continuamente tener presente l’ Accordo Prizren firmato con Xhaferi e Imeri, senza però diventarne ostaggio. Qualsiasi movimento diverso da questo porterebbe all’usura e all’eventuale scomparsa di Ahmeti dal panorama politico".
Ovviamente la decisione di Ahmeti di istituire il Consiglio di Coordinamento Albanese è una mossa che né Kula né Mehmeti perdonerebbero. A parte le ragioni elencate, esiste un ulteriore pericolo: che questo provochi una reazione simile nell’elettorato macedone. I partiti politici macedoni subiscono già la pressione dell’opinione pubblica oltre ai presunti interessi nazionali, tanto che gli elettori potrebbero optare per un supporto schiacciante verso un singolo partito politico, molto probabilmente quello più nazionalista.
Questo contribuirebbe a rovinare la ripetuta formula occidentale della "integrazione e pacifica convivenza in Macedonia."
Riguardo al Consiglio di coordinazione Albanese di Ahmeti e alla possibilità a cui ho accennato, Edward Joseph dell’ICG afferma: "È positivo, dato che la sua prima mossa è stata quella di rifiutare la partecipazione di Abduladi Vejseli del PDP e Menduh Thaqui del DPA. E lo ha fatto perché sa che sono corrotti". Allora, ciò potrebbe semplicemente significare che Ahmeti rappresenta davvero la figura anti-corruzione. Figura necessaria nell’ambiente politico albanese e macedone. In ogni caso il suo rifiuto di estromettere i veri e propri cervelli dei due partiti, nonché personaggi che hanno un certo peso politico, potrebbe significare che Ahmeti vuole eliminare tutti i possibili rivali, ostacoli al suo raggiungimento del ruolo di leader politico indiscusso nel panorama albanese.
Un altro problema che rende sospetto Ahmeti è la sua tendenza a parlare per aforismi e slogan, senza far uso di semplici frasi; probabilmente dice le cose giuste, ma per la maggior parte suonano come frasi fatte introiettate con fatica più che come pensieri spontanei. Per esempio, se gli si chiede un commento sulla politica e sulle sue preferenze in questo campo, non comincia – come normalmente ci si aspetterebbe – con una formulazione della sua posizione politica, ma considera sufficiente dire "Oh, sono un social democratico." Lo stesso problema si ripresenta colla sua dichiarazione:"vorrei che la Macedonia un Paese dove i macedoni e gli albanesi convivono come fratelli, fratelli che furono separati da quei furfanti dei Serbi." (Tratto dalla sua intervista a Forum) tenendo presente che, come fa notare la stessa rivista, che "lui stesso diede inizio, l’anno scorso, a un conflitto che creò un distacco quasi insormontabile fra le due comunità, senza una seria ragione."
Questa è una cicatrice che Ahmeti dovrà portare con sé per il futuro a venire. Qualunque cosa dica Ahmeti, sarà difficile per i macedoni smettere di speculare sui fini dell’insurrezione da lui orchestrata. La maggioranza dei macedoni crede ancora che il vero obiettivo, cioè la presunta secessione dalla Macedonia delle regioni con un’ alta percentuale di albanesi, secessione che doveva evolversi in nell’unificazione di tutte le terre abitate dagli albanesi in un singolo stato, sia stata tralasciata per un il tempo a venire. Questo perché l’Occidente, in questo momento, non darebbe il suo appoggio. In un certo senso Ahmeti riuscì a prendersi ciò che voleva, e così facendo ha vinto, se vogliamo, la sua guerra. Ora dovrà conquistare noi e la nostra fiducia: questo a mio avviso sarà il vero compito da superare.
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