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I media nei Balcani

Pubblichiamo la versione online del testo scritto da Luka Zanoni come contributo al Rapporto annuale sulla libertà di informazione, che quest’anno ha avuto come tema l’informazione nelle repubbliche della ex Jugoslavia.

14/05/2002, Luka Zanoni -

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La copertina del rapporto

L’intento del presente articolo è quello di tracciare alcune linee di orientamento per accostare il tema dei mezzi di comunicazione della penisola balcanica, un’area che in questi ultimi dieci anni ha occupato in modo massiccio la scena internazionale mediatica e politica. Bisogna tenere presente che spesso l’informazione sui e dai Balcani non solo è rimasta vittima della manipolazione dei regimi locali, ma si è spesso piegata, anche in Italia, a logiche ambigue ed eterodirette che hanno creato molta confusione e superficialità nell’informazione stessa e, di conseguenza, su ciò che realmente accadeva e tuttora accade. Si è ritenuto importante quindi porre le basi dell’analisi di questo tema ampio e sfaccettato, e per brevità ci si concentrerà su alcuni aspetti del fare informazione nelle repubbliche della ex Jugoslavia, soffermandosi sulla situazione degli organi di informazione dal recente passato ad oggi. Infine, una nota verrà riservata a quelle realtà internazionali ed italiane che fanno informazione sui Balcani.

Dalla manipolazione alla transizione

Gli anni della guerra nella ex Jugoslavia hanno senz’altro segnato la storia di molti media, sia della carta stampata che elettronici. Molti organi di informazione, in questa fase, hanno subito restrizioni e imposizioni sul proprio lavoro tali da render loro difficile il compito di fare un’informazione libera e indipendente, mentre altri sono stati semplicemente manipolati dal potere del momento.

Nel suo ultimo libro, il noto etnologo serbo, Ivan Colovic, dedica un capitolo alla manipolazione dei media, intitolandolo significativamente "I media in Serbia hanno creato il ‘popolo’". Si tratta di un’intervista realizzata nel 1996 in cui Colovic, da sempre strenuo oppositore del regime di Miloševic e della retorica nazionalista della Grande Serbia, sottolinea lucidamente l’efficacia della propaganda dei media in tempo di guerra e la capacità di manipolazione della coscienza collettiva, principali impedimenti alla vita di una società democratica e pluralista.

Colovic ricorda l’importanza del pluralismo dell’informazione così come una attenta vigilanza sulle manipolazioni dei media da parte del potere politico, quali condizioni imprescindibili per lo sviluppo di un’equa concorrenza politica e di un ambiente democratico. "Quando tale condizione non esiste, allora ciò è veramente il segno che il governo dello stato non è basato sul dibattito politico. Detto brevemente, tale stato non è democratico, e i suoi cittadini non sono cittadini nel senso politico, ma "popolo", che è un eufemismo demagogico per un gruppo politicamente non articolato guidato da un’élite divina con un onnipotente signore che le si trova a capo". (1)

Un chiaro esempio di questa "creazione del popolo" in Jugoslavia è offerto da uno studio svolto da due docenti universitari, il sociologo Aljoša Mimica e lo storico Radina Vucetic. Nel loro recente lavoro, dal titolo "Il tempo in cui il popolo ha parlato", viene fatta una puntuale analisi di come dal luglio del 1988 sino al marzo del 1991 la rubrica del maggior quotidiano belgradese, Politika, intitolata "Eco e reazioni" abbia manipolato in modo subdolo l’opinione pubblica. (2)

Più precisamente, si può affermare che la rubrica "Eco e reazioni" ha indottrinato la gente facendole credere che il popolo stesso poteva dialogare in modo del tutto spontaneo con i vertici del potere politico, illudendolo del fatto che finalmente avrebbe potuto prendere in mano il proprio destino. Il lavoro dei due studiosi ha messo in evidenza, tra le altre cose, come dietro l’anonimato degli scrittori vi fossero gruppi di intellettuali e istituzioni come la chiesa ortodossa, che demagogicamente orientavano il pensiero collettivo. Seguendo attentamente la situazione politica venivano organizzati i temi di discussione, che nella stragrande maggioranza dei casi coincidevano con i temi cari al nazionalismo.
Latinka Perovic, storica e intellettuale dissidente del Circolo di Belgrado, commenta la rubrica di Politika con le seguenti parole: "’Eco e reazioni’ è l’espressione condensata di un modo ideologico secondo il quale l’intellighenzia, il sale del popolo, prende dal popolo ciò che è viscerale, lo trasforma in ideologia e lo restituisce al popolo come suo scopo".(3)

La rubrica "Eco e Reazioni" rimane quindi un esempio di grande importanza per capire il modo in cui l’opinione pubblica in Serbia, e nelle parti della ex Jugoslavia abitate dalla popolazione serba, sia stata sistematicamente preparata per la decostruzione pilotata del paese e le conseguenti guerre in Slovenia, Croazia, Bosnia ed infine in Kosovo.(4)

Tuttavia la stessa logica della strumentalizzazione dei media è valsa, in molti casi, anche nelle altre repubbliche nate dalla frammentazione violenta della ex Jugoslavia. Casi di vera e propria ingerenza del regime si sono avuti in Croazia, ad esempio col quotidiano indipendente Slobodna Dalmacija. Come riporta Lino Veljak in una corrispondenza per l’Osservatorio sui Balcani: "Nei primi anni di guerra, il quotidiano spalatino rappresenta l’unica fonte indipendente e una tra le rare voci critiche dell’opinione pubblica in Croazia, e da quotidiano regionale, Slobodna Dalmacija diventa il più importante giornale nazionale. Ecco perché, dal punto di vista dell’allora presidente Tudjman, diventa necessario neutralizzarlo. … Al cambiamento di gestione segue una svolta radicale nella linea politica del quotidiano, che diventa il portavoce più radicale della politica di omogeneizzazione etnica e ideologica della popolazione croata, paragonabile solo al quotidiano di Zagabria Vecernji list".(5)

Possiamo infatti affermare che durante una pesante situazione bellica la formazione dei giornalisti viene spesso commisurata più con la capacità di parlare contro il nemico, che con l’abilità e la bravura professionale. In Bosnia ed Erzegovina – scrive Dario Terzic – "Molte radio e televisioni sono nate proprio basandosi sull’odio nazionale o per sottolineare le differenze".(6)
Ma esempi più recenti di odio etnico trasmesso attraverso i media si sono avuti con il verificarsi del conflitto tra macedoni e albanesi. I media della Macedonia si sono distinti per la loro aperta propaganda e per l’appoggio al nazionalismo. Organi di informazione un tempo rispettabili come il quotidiano Dnevnik, per fare un esempio, si sono schiacciati su posizioni nazionaliste, riecheggiando la voce dei falchi al potere.(7)

In questi ultimi dieci anni, le difficoltà sono gravate non solo sui media statali ma anche e soprattutto su quelli indipendenti, che si sono trovati spesso a combattere contro gli sforzi di omologazione dell’informazione da parte dei regimi nazionalisti. In più di un’occasione i canali informativi indipendenti hanno dovuto letteralmente lottare contro leggi promulgate ad hoc per metterli a tacere o per incriminarli.

Nonostante il concetto stesso di media indipendenti possa essere messo in discussione, rimane tuttavia chiara la differenza tra i media statali, controllati dal potere politico, e quelli svincolati dai governi che si sono battuti per la libertà di informazione, correndo spesso gravi pericoli e subendo minacce. Il caso dell’emittente indipendente serba B-92, da tempo nota sulla scena internazionale, è piuttosto conosciuto; ma esistono anche altri media minori che si sono trovati in serie difficoltà. Si potrebbero citare i casi di Radio Index (8) e della Tv Studio B per la Serbia, ma altri esempi si sono ripetuti in tutte le repubbliche. È bene ricordare inoltre che le leggi sul lavoro dei media in molti casi non sono ancora state definite nella loro interezza, così che spesso gli organi di informazione, soprattutto le radio, sono ancora in attesa di un regolamento ufficiale.(9)

Tuttavia il caso più emblematico e tremendamente attuale riguarda ancora la Croazia. Il riferimento va al settimanale di Spalato Feral Tribune. Uno dei migliori organi della stampa croata che per tutti gli anni novanta, a seguito della sua assidua delegittimazione del potere nazionalista, più volte è stato minacciato e incriminato per gli articoli di denuncia che pubblicava.

A causa della mancata modifica di una draconiana legislazione del periodo Tudjman, recentemente il Feral Tribune si è visto comminare una multa di 200.000 kune (circa 27.000 euro), una cifra considerevole viste anche le difficoltà economiche del giornale, e come se non bastasse le autorità gli hanno bloccato il conto corrente, compromettendo l’esistenza stessa del settimanale.(10) Il motivo ufficiale per cui sono stati presi tali provvedimenti riguarda la pubblicazione di due testi, uno del 1993 e l’altro del 1995, nei quali il Feral denuncia da un lato le manovre della destra croata accusandola di antisemitismo, dall’altro critica il governo per la mancanza di un adeguato concetto della cultura e dell’arte del paese.(11) Il tribunale croato ha dimostrato, in questo modo, di utilizzare l’arma favorita dal defunto presidente Tudjman per far tacere la stampa indipendente, ovvero l’incriminazione per "turbe mentali", che sarebbero state inflitte alle persone che il Feral ha avuto il coraggio di denunciare. In effetti, il tribunale ha contestato non tanto i fatti esposti dal settimanale, quanto i giudizi morali espressi in "modo inadeguato".

È importante notare che gesti di solidarietà con il settimanale indipendente croato sono giunti oltre che dalla società civile croata anche dai media delle altre repubbliche della ex Jugoslavia. In particolare, il direttore dell’emittente indipendente serba B-92, Veran Matic(12), ha sottoscritto un appello per aiutare il Feral anche economicamente, di modo che il settimanale croato possa continuare il proprio lavoro.(13)
Casi di controllo e interferenza della politica sui media, come abbiamo visto, sono all’ordine del giorno(14) e la riflessione su questo tema rimane al centro dell’attenzione. L’incontro organizzato da AIM (15) a Belgrado nel gennaio 2002 ha avuto proprio come tema principale i media e la politica. All’incontro hanno partecipato quasi tutti i capi redattori delle regioni balcaniche, dando vita ad un interessante dibattito. In particolare si è discusso dell’influenza dei recenti cambiamenti politici sui media. Draško Djuranovic, direttore del settimanale indipendente montenegrino Monitor, ha affermato che "Dopo il 5 ottobre (2000, caduta di Milosevic, ndr) la situazione dei media in Montenegro non è cambiata molto. Essi sono divisi e seguono la divisione della società: esistono 6 giornali, 30 stazioni radio e 8 televisioni. È noto infatti che la situazione riguardo i media del Montenegro non è realistica. Si pensa che le cose siano state risolte dopo il 5 ottobre, ma purtroppo non è così". Mentre riguardo alla Serbia, Aleksandar Ciric, vice caporedattore del settimanale serbo Vreme, ha affermato: "La cosa più importante è che il potere attuale non ha ancora modificato la legge sui media ed ora gli ex amici, un tempo all’opposizione, sono al potere. Riguardo alla privatizzazione dei media, la questione è che non esiste ancora un mercato. Il tempo più difficile per i media deve ancora arrivare".(16)

Purtroppo sappiamo che per qualcuno questo tempo è già arrivato. Lo scorso anno anche il più vecchio quotidiano della Bosnia ed Erzegovina si è trovato in gravi difficoltà. Nel mese di maggio Oslobodjenje rischiò la chiusura definitiva, e per alcuni giorni il giornale non venne pubblicato né su carta né nella versione elettronica online. I numerosi debiti e l’inizio di una non chiara privatizzazione fecero temere il peggio per il quotidiano di Sarajevo. Seguirono proteste dei lavoratori, scioperi e accordi con il consiglio di amministrazione, finché il giornale, tra malumori e proteste, ricominciò a pubblicare regolarmente.(17) Certo questo non sarà l’ultimo caso, perché il processo di privatizzazione e transizione dei media è appena iniziato.
D’altro canto oggi i grossi gruppi dell’informazione e della comunicazione cercano di farsi largo anche nei Balcani. Un esempio di riguardo è rappresentato dal massiccio ingresso nei Balcani del colosso dell’informazione tedesco WAZ. Da tempo questa compagnia ha investito ingenti risorse e acquisito alcuni tra i maggiori media della Croazia e della Bulgaria, ma recentemente ha fatto il suo ingresso anche in Serbia acquistando il 49% del quotidiano Politika. Va segnalato che ai vertici del colosso tedesco si trova l’ex coordinatore del Patto di Stabilità, Bodo Hombach, che ha giocato un ruolo determinante nell’acquisizione di Politika grazie anche all’amicizia con il premier serbo Zoran Djindjic.(18)
Da quanto detto sin qui emerge chiaramente che i media balcanici incontrano ancora notevoli difficoltà nell’uscire da anni di isolamento e manipolazione, mentre ciò che più preoccupa è sicuramente il periodo di transizione e la connessa fase di privatizzazione. Il futuro dei media della penisola balcanica rimane pertanto ancora incerto e minato da difficoltà tanto economiche quanto di controllo da parte del potere locale. Da un lato i vertici politici tentano pur sempre di avere una grossa influenza sui media, dall’altro molti dei mezzi di informazione, nati in assenza di adeguate legislazioni, dovranno fare i conti sia con le nuove leggi che con le regole del mercato dell’informazione.

La necessità di un’informazione transnazionale

Due necessità molto sentite nei Balcani sono la formazione di giornalisti indipendenti e critici, strettamente connessa alla obiettività dell’informazione trasmessa, e la possibilità stessa di un’informazione transnazionale. Spesso chi ha cercato di fare un’informazione "senza frontiere" ha riscontrato quotidianamente notevoli difficoltà, e si è visto contrapporre un’informazione che di frontiere ne erge fin troppe. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che nell’arco di questi anni sono stati diversi gli sforzi per ovviare a questa situazione. La nascita di organizzazioni internazionali mirate al supporto e alla diffusione dei media indipendenti hanno gettato le basi per un concreto miglioramento dei media locali.
Tra quelle organizzazioni che hanno cercato di oltrepassare le frontiere etniche dell’informazione, impegnandosi per ristabilire una rete di scambi e reciprocità, va menzionata senz’altro l’Alternativna Informativna Mreza (AIM). Questa rete di informazione alternativa nata circa dieci anni fa si è fatta carico di uno dei più grossi progetti europei, quello appunto di ripristinare la circolazione e gli scambi di informazioni nelle repubbliche ex jugoslave. Si è distinta in tutti questi anni per la sua oggettività, professionalità e multietnicità, colmando in questo modo quello spazio vuoto nell’informazione causato dalla guerra in Jugoslavia. AIM, che ha il suo centro nevralgico a Parigi, si avvale di circa 120 collaboratori e corrispondenti sparsi sul territorio balcanico, che riescono a fornire una costante e aggiornata informazione sulla regione. Tra i collaboratori di AIM figurano alcuni dei migliori giornalisti dell’area balcanica, che al contempo sono redattori di ben note testate indipendenti. AIM inoltre organizza training programs in alcune aeree delicate, come il sud della Serbia, per giovani giornalisti sia in lingua albanese che in lingua serba.

Oltre ad AIM va anche citato l’Institute for War and Peace Reporting (IWPR), organizzazione non governativa che lavora da dieci anni è produce una pubblicazione settimanale comprendente articoli che coprono l’area, redatti da corrispondenti in loco e tradotti in inglese. Come AIM, anche IWPR si avvale della collaborazione di alcuni tra i più noti giornalisti dei Balcani, mentre la sua base è a Londra. Il progetto generale di IWPR è piuttosto simile a quello di AIM, ossia il supporto e lo sviluppo dei media indipendenti e la formazione di giornalisti obiettivi e professionali. Tra i recenti progetti IWPR ha dato vita ad un’interessante iniziativa: un progetto di dialogo tra giornalisti macedoni e albanesi.

Infine, citiamo l’International Crisis Group che, pur essendo un’organizzazione internazionale che fornisce analisi sui Balcani più che pura informazione, lavora a stretto contatto con i media locali e spesso i suoi influenti rapporti vengono ripresi dalla stampa locale.

Per i lettori di lingua italiana, invece, i Balcani possono essere seguiti attraverso due realtà tra loro differenti. L’Osservatorio sui Balcani, un’organizzazione nata poco più di un anno fa, che si avvale di una rete di corrispondenti nell’aerea balcanica. Il portale web fornisce informazioni quotidiane e articoli di analisi sui principali accadimenti balcanici, dando spazio a temi sociali e di attualità e concentrandosi soprattutto sul lavoro delle ONG sia locali che italiane. Sotto l’aspetto dell’informazione, uno degli intenti principali dell’Osservatorio è infatti quello di mettere in comunicazione i vari progetti delle ONG che operano sul territorio, per migliorare l’operato ed aumentare lo scambio di informazioni tra la società civile.(19)

In conclusione citiamo la mailing list Notizie Est.(20) Particolarità di questa mailing list sono le traduzioni di articoli della stampa balcanica, che vengono distribuite via mail agli abbonati e poi archiviate sul sito web di riferimento: I Balcani. Occasionalmente, ma con una certa attenzione e cura, Notizie Est offre commenti e analisi che spaziano dall’economia alla politica dei Balcani, senza trascurare fatti di cronaca e aspetti della vita sociale della regione. Il lavoro sistematico di archiviazione e controllo della stampa balcanica, unito all’interesse per una corretta informazione, ha fatto sì che Notizie Est mettesse a nudo questioni di un certo rilievo.(21) Merito di questa mailing list è senz’altro quello di dar voce ai Balcani stessi, aumentando la familiarità del pubblico italiano con chi svolge informazione dai Balcani.

Sicuramente il quadro che abbiamo presentato non è esaustivo.(22) Non si è fatto cenno, infatti, a tutti quei siti e portali multilingue che offrono quotidianamente informazione sui Balcani, riportando notizie e articoli di commento. Si è cercato, per brevità, di rendere ragione almeno delle principali organizzazioni che si occupano di informazione sui Balcani e che hanno il merito di diffondere in modo ampio e ad un vasto pubblico la voce, spesso ancora sommessa, dei nostri vicini.

Note

(1) I. Colovic, Mediji u Srbiji stvorili su "narod" in Dubina. Clanci i intervjui 1991-2001, Samizdat B92, Beograd 2001, pp. 138-140. Il testo raccoglie una numerosa serie di articoli e interviste che ripercorrono un intero tragico decennio della Serbia, ponendo in primo piano la logica dell’annientamento dell’altro, il feroce nazionalismo e la degenerazione culturale.

(2) A. Mimica e R. Vucetic, Kad narod je govorio, Fond za humanitarno pravo, Beograd 2001. La rubrica del quotidiano Politika cui si fa riferimento era intitolata in lingua originale "Odjeci i reagovanja".

(3) Cfr. Danas Vikend, 16-17 febbraio 2002, sezione Ispod (s)vesti. Per quanto concerne il ruolo degli intellettuali durante il periodo di guerra e la specificità del Circolo di Belgrado nella creazione di un’Altra Serbia, rimandiamo ad un precedente saggio dal titolo: Gli intellettuali e la guerra. Beogradski Krug, contenuto in Economia del dialogo, gli argomenti umani, Ed. Il Ponte, Milano ottobre 2001, pp. 98-110.

(4) Aljoša Mimica, in un’intervista per il quotidiano Danas, ha definito la rubrica come "uno stupidario o un indottrinamento organizzato". E alla domanda se alcuni degli scritti avessero in qualche modo pregiudicato alcune decisioni politiche, risponde: "Come no! La rubrica ‘Eco e reazioni’ non è stata solo una tribuna in cui la cosiddetta vox populi ‘echeggiava’ o ‘reagiva’ ad alcuni effettivi, o più spesso inventati, accadimenti: essa annunciava, quindi anche creava l’accadimento reale. … In quella populistica messa in scena si sarebbe dovuta creare l’illusione secondo la quale tutte le decisioni sarebbero state prese grazie alla pressione irresistibile del ‘popolo’. Una campagna orchestrata inizia giorni prima di quando ciò che deve accadere accada". Le citazioni sono tratte da un’intervista pubblicata dal quotidiano di Belgrado Danas in due parti, rispettivamente: Govor mrznje po diktatu politicara, del 31 gennaio 2002 e Veliki heroji rubrike po obrascu izmedju "jama i neba", del 1° febbraio 2002.

(5) L. Veljak, La stampa in Croazia, Osservatorio sui Balcani, 14 novembre 2001.

(6) D. Terzic, Bosnia Erzegovina: media in transizione, 14 novembre 2001, Osservatorio sui Balcani.

(7) Per approfondire i riferimenti alla Macedonia segnaliamo tra gli altri: Quando i giornalisti e i poliziotti fanno il lavoro altrui (traduzione italiana di un articolo di AIM scritto da Iso Rusi) Notizie Est n. 531; Zanoni-Ferrario, Falchi e altri rapaci, Notizie Est n. 461.
Va notato tuttavia che, il 28 febbraio 2002, è nato il Macedonian Media Advisory Council (MMCA). Si tratta di un’organizzazione non governativa supportata e sviluppata da IWPR che avrà il compito di controllare ed analizzare ciò che viene scritto e riportato dai media della Repubblica di Macedonia. L’MMCA è composto da sette membri, che formano un gruppo etnicamente misto tra cui avvocati, scrittori, professori universitari, ecc. Questo consiglio nei prossimi mesi produrrà delle press realeases sull’operato dei media macedoni, con l’intento di vigilare sulle violazioni della libertà di espressione e di stampa. I reports e le rassegne verranno trasmessi a tutti i media e saranno pubblicati in lingua inglese su un apposito sito. Cfr. http://www.iwpr.net/index.pl?balkans_mac_project.html

(8) Cfr. l’intervista realizzata da A. Sostaric con il giornalista di Radio Index, Pedja Uroševic, Radio e media indipendenti in Serbia, Osservatorio sui Balcani.

(9) Il 7 marzo 2002 durante la tavola rotonda "Media sull’orlo della professione" organizzata del Comitato di Helsinki per i diritti umani di Belgrado, si è giunti alla considerazione che finora poco è stato fatto riguardo la transizione dei media, in particolare per quelli statali, col risultato che ‘l’aspetto dei media non è mai stato così uniforme". Il giornalista Petar Lukovic ha detto che in questo momento in Serbia esiste un "giornalismo mutante in cui tutti i media desiderano essere indipendenti ma in realtà sono statali". Mentre la presidentessa del NUNS (Associazione indipendente dei giornalisti della Serbia), Milica Lucic Cavic, considera che "è ormai diventato impossibile seguire tutto quello che viene trasmesso dai media, dal momento che la scena dei media in Serbia è in ‘metastasi’. In Serbia esistono infatti oltre 700 radio e oltre 300 stazioni TV". Mediji na ivici profesije, Tema B-92, 8 marzo 2002. www.b92.net

(10) Cfr., Feral Tribune, Saopcenje za javnost, 4 marzo 2002.

(11) Cfr., Feral Tribune. Gli articoli in questione sono stati ripubblicati nel numero 860, 11 marzo 2002. Da notare è che il Feral nel recente passato ha collezionato una quantità considerevole di tali accuse, ma di certo non è l’unico, sono infatti circa 1200 le accuse simili rivolte ad altri media croati. Come affermato dal caporedattore del settimanale croato, Heni Erceg: "L’attuale magistratura è guidata dalle stesse persone che ci hanno perseguito per nove anni durante il regime di Tudjman. Racan e la sua coalizione non hanno fatto nulla per riformare la magistratura che è un ‘cancro’ nella società croata", Dragutin Hedl, Dissident paper may fold, IWPR, No. 236, 22 march 2002.

(12) Veran Matic è anche il direttore di ANEM (Association of Indipendent Electronic Media), un’associazione di radio e Tv della Serbia e del Montenegro che ha come scopo la creazione di una rete professionale e obiettiva di piccoli e grandi media della regione, attualmente ne fanno parte 29 radio e 16 emittenti televisive.

(13) Cfr. B-92 lettera di Veran Matic, Poziv B92 na solidarnost sa listom "Feral Tribune", 11 marzo 2002, www.b92.net.

(14) Un altro esempio potrebbe essere rappresentato dai media kosovari. Per uno sguardo sul comportamento dei media in Kosovo e sull’influenza della politica, durante le scorse e prime elezioni politiche, si veda l’articolo di B. Bala, Mediji i njihove obaveze u predizbornoj kampanji, AIM Pristina 17 ottobre 2001. L’autore tratta del ruolo dell’OSCE nel vigilare sul comportamento dei media kosovari alla vigilia delle elezioni, ed offre una breve rassegna dei media locali.

(15) Rete di Informazione Alternativa, vedi più avanti nel testo.

(16) Le citazioni sono basate su appunti presi durante l’incontro con i caporedattori regionali di AIM, tenutosi nei giorni 21 e 22 gennaio 2002 presso l’Hotel Excelsior di Belgrado.

(17) Cfr., E. Cengic, Posljednja Salkina ostavka, Dani, Sarajevo 25 maggio 2001; Le ultime dimissioni di Salko, in italiano per Notizie Est.

(18) Cfr., A. Nenadovic, Mediji u Srbiji: sta se (ne) menja, contenuto nel numero 280 del quindicinale belgradese Republika, 1-15 marzo 2002. L’autore presenta inoltre un’interessante rassegna dei media in Serbia, soffermandosi nel dettaglio su alcuni media indipendenti e non, quali l’agenzia Beta, l’emittente B-92, il quotidiano Danas, la televisione RTS e il quotidiano Politika.

(19) L’Osservatorio sui Balcani ha recentemente realizzato un data base denominato ARCO, nel quale sono contenuti i dati e le informazioni sui progetti delle organizzazioni non governative che operano nei Balcani.

(20) Occorre ricordare che Notizie Est si avvale dell’impegno assiduo e costante di una sola persona, Andrea Ferrario, e della collaborazione volontaria di un gruppo ristretto di redattori che svolgono traduzioni e commenti.

(21) Un significativo esempio riguarda la denuncia di una fonte di disinformazione sui Balcani, che purtroppo è stata ampiamente ripresa dalla stampa italiana. Dopo qualche tempo la stessa Ansa-Balcani ha dato notizia riportando le dichiarazioni stesse del "falsario" dell’informazione. Si fa qui riferimento al caso di Zannoni-Silenzi, un ambiguo personaggio che ripetutamente ha fatto circolare informazioni false sui varie questioni legate all’aerea balcanica: falsi scritti del presidente del Kosovo Rugova, falsi sull’arresto di Karadžic, ecc. Per una maggiore comprensione si rimanda a: A. Ferrario, "Falsi d’autore" tutto confermato, Notizie Est n. 530 e C. Bollino, Italiano confessa, da 13 anni inganno la stampa, Ansa-Balcani 19 febbraio 2002.

(22) Tra i numerosi dovremmo senz’altro citare il francese Le Courrier des Balkans, che offre un’ampia traduzione in lingua francese di articoli della stampa balcanica; il portale Balkan Web che offre notizie e rassegne stampa in lingua inglese e albanese; Balkan Report pubblica quotidianamente un’ampia rassegna di traduzioni in lingua inglese di articoli della stampa kosovara e macedone; Press online, portale multilingue di informazione sulla Macedonia.

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