Le migrazioni in Serbia e Montenegro

Analisi dei flussi migratori e delle problematiche ad essi connesse nella piccola Jugoslavia. Tra vecchi rifugiati e nuovi migranti.

30/07/2002, Redazione -

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La situazione

Serbia e Montenegro hanno recentemente raggiunto un accordo per rinegoziare le proprie relazioni reciproche, dando vita a una sorta di confederazione i cui contorni si preciseranno progressivamente. Il mantenimento di due sistemi amministrativi distinti è comunque una prima questione rilevante in termini di politica migratoria e di controllo delle frontiere. Serbia e Montenegro confinano con sette paesi, e sono diventati, nello scorso decennio, un punto di transito verso l’Europa occidentale molto utilizzato, grazie alla porosità dei confini con altri paesi dell’Europa orientale. I movimenti dei cittadini dei due paesi, in particolare della Serbia, sono legati ai conflitti nella ex Jugoslavia, al peggioramento della situazione economica e al regime di sanzioni economiche degli anni scorsi.
Le migrazioni di transito sono state facilitate in passato dalla circostanza che per molte nazionalità, tra cui cinesi, ucraini, moldavi e rumeni, non era richiesto un visto per entrare nella Federazione jugoslava, mentre le autorità federali e repubblicane serbe, e la polizia jugoslava, prima dell’ottobre 2000, non avevano particolari incentivi a fermare migranti diretti verso i paesi occidentali. Le stesse circostanze hanno facilitato l’operare sul territorio di Serbia e Montenegro di reti di traffico di esseri umani. Un problema a parte è costituito dal numero di rifugiati, più di 400.000 da Croazia e Bosnia, e di sfollati interni, circa 200.000, principalmente serbi e Rom dal Kosovo.

Documentazione

Il rapporto della visita del gruppo di studio e riflessione sulle migrazioni CEME (Cooperative Efforts to Manage Emigration).Philip Schwarm, All Migrations of Serbs Under Milosevic, AIM Podgorica, 27 September 1999. Global Internally Displaced People Project, Federal Republic of Yugoslavia Profile, March 2002.

Notizie

Il censimento in Serbia

Dal 1 al 15 aprile si è svolto in Serbia il primo censimento dopo la dissoluzione della seconda Jugoslavia. L’ultimo censimento effettuato risaliva infatti al 1991, e la nuova consultazione permetterà di analizzare gli effetti delle dinamiche di popolazione del decennio trascorso. Il censimento ha riguardato tutti coloro che risiedono sul territorio compresi stranieri, profughi e sfollati. I primi risultati del censimento sono stati resi noti a metà maggio, e indicano un calo della popolazione rispetto al 1991 dello 0,9%. La popolazione totale della Serbia è di 7.478.820 unità. La diminuzione della popolazione non è uniforme nel paese: il numero degli abitanti è calato in Serbia centrale del 2,3%, mentre è aumentato in Vojvodina del 3%. I cittadini serbi residenti all’estero sono aumentati, nel corso del decennio, del 36,5% e sono oggi 395.942 (Agenzia Beta, 16 maggio 2002).
Il valore politico del censimento è evidenziato dalla vicenda della valle di Presevo, nella Serbia meridionale, teatro l’anno scorso delle azioni di guerriglia dell’UCMPB (Esercito di liberazione di Presevo, Medvedja e Bujanovac). La decisione di due partiti albanesi moderati attivi nella regione, il Partito per l’azione democratica (PDD) e il Partito per l’unione democratica (PUD) di partecipare al censimento sembra segnare una svolta storica dei rapporti tra la minoranza albanese in quest’area e Belgrado, e potrebbe contribuire a emarginare le forze estremiste di entrambi i campi. Gli albanesi della valle di Presevo avevano boicottato tutti i censimenti svoltisi in Serbia dal 1981: il nuovo orientamento si deve al fatto che in questa occasione Belgrado ha accettato alcune richieste specifiche della comunità albanese, come l’attribuzione di un ruolo nel censimento all’OSCE e la possibilità per circa 3.200 sfollati di partecipare alle rilevazioni, oltre al prolungamento dei termini di chiusura al 25 aprile, 10 giorni più tardi rispetto al resto del paese.

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