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Kosovo: l’industria del sesso
Nonostante il Kosovo sia un protettorato internazionale rimane, a tre anni dalla fine della guerra, un’area politicamente instabile nonché luogo di traffici illegali ed uno dei centri più attivi per la cosiddetta "industria del sesso".
Il recente rapporto dell’Institute for War and Peace Reporting, redatto da Jeta Xharra, titola per l’appunto "Kosovosex industry". La giornalista di origine albanese ha condotto un’indagine sul luogo, in cui ha descritto i locali notturni dove ragazze provenienti dadiversi paesi, in prevalenza Moldavia, Ucraina, Romania, si esibiscono in
spogliarelli e offrono "servizi vari" ai clienti più esigenti.
Come riporta la Xharra, nel Kosovo post bellico l’industria del sesso è il"business" che sta crescendo più velocemente: il paese infatti è stato sottoposto ad uno sconvolgimento sociale e politico senza precedenti dopo ilconflitto del 1999. Mobilitata per oltre un decennio contro il regime di
Milosevic, la popolazione ora è ridotta al ruolo di albergatore per la forzadi peacekeeping della KFOR, che fornisce un flusso stabile di clienti ai circa 120 strip club".
La provenienza delle ragazze impiegate nei locali notturni come abbiamodetto è varia. "Circa il 60 per cento proviene dalla Moldavia, le altre dalla Romania e dall’Ucraina". Secondo i dati forniti dalla International Organisation of Migration (IOM) il 70per cento delle donne viene adescato direttamente nei paesi di provenienza con la promessa di lavori comuni, quali servizi di pulizia, baby-sitting elavori domestici.
Sebbene l’arrivo dei 45.000 peacekeepers internazionali – continua il rapporto – sia stato un fattore di sicuro incremento per l’industria delsesso, secondo ricerche svolte lo scorso anno da un team della IOM in Kosovo le vittime del trafficking affermano che la maggior parte della loroclientela è composta da persone locali. Inoltre. nonostante la riluttanza ad ammettere che donne kosovare siano oggetto di trafficking e diprostituzione, la giornalista dell’IWPR riporta alcuni casi di donne kosovare rapite e costrette a prostituirsi.
La città che più sembra essere coinvolta nell’industria del sesso è Urosevac(in albanese Ferizaj), ai confini con la Macedonia. Già prima della guerra – si legge nel rapporto – questa città di circa 130.000 abitanti godeva di unapessima reputazione, guadagnandosi il titolo di capitale dei gangsters
kosovari. A differenza di Pristina, dove le donne non possono entrareliberamente nei club, a Urosevac possono farlo in tutta tranquillità. I gestori dei locali non sembrano nemmeno preoccuparsi della polizia. Acolloquio con Jamie Higgins, capo della sezione dell’UNMIK che si occupa del
trafficking e della prostituzione, la giornalista dell’IWPR è venuta asapere che "in quanto centro del crimine organizzato, un assalto alla città richiederebbe un piano dettagliato ed un numero consistente di poliziottisul terreno – molti più di quelli a disposizione dell’Unità per il trafficking e la prostituzione".
Ma una dichiarazione simile stride col fatto che, sempre a Urosevac, l’Apachi Club, che prende il nome del famoso elicottero degli USA, è stato uno dei primi club ad aprire dopo l’intervento della NATO, con ogniprobabilità – scrive la ricercatrice dell’IWPR – per offrire servizi ai clienti di Bondsteel, la vicina base militare statunitense.
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