La convivenza possibile, scuole multietniche in Kossovo

L’educazione dei giovani è stata la chiave per riaprire il dialogo tra gli adulti. E’ questo il senso del progetto SIPOSCA, promosso dalla Caritas Italiana in Kossovo. Osservatorio pubblica un articolo scritto da uno dei loro volontari.

16/05/2003, Redazione -

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Disegno di bambini

Il progetto SIPOSCA ( School integration through Promotion of socio-Cultural Activities) nasce e si sviluppa nel contesto del Progetto Balcani – Programma Paese Kosovo della Caritas Italiana. L’intervento che si sta sviluppando nella regione, quindi, deve essere visto nel quadro più ampio della progettualità che la Caritas Italiana e le Caritas Diocesane Italiane stanno realizzando nell’area Balcanica.
Il progetto SIPOSCA rientra nel settore pace, riconciliazione e diritti umani, e ha come obbiettivo principale il ristabilimento delle condizioni per una civile e pacifica convivenza tra tutte le etnie che vivevano in Kosovo prima del conflitto, attraverso l’implementazione di azioni utili a promuovere il ripristino di condizioni di normalità, che agevolino percorsi di pace e di tolleranza tra le etnie.
Nel corso dell’implementazione del programma SIPOSCA ( integrazione scolastica primaria nella regione di Gjillan/Gnijlane Kosovo ), lo staff di Caritas Italiana ha ottenuto apprezzabili risultati, contribuendo in maniera determinante all’avvio di due scuole multietniche delle tre esistenti in tutto il Kosovo.
Le due scuole che sono in funzione, la prima dal 4 di marzo 2002 nel villaggio di Mogille/ Mogilla (ospita 112 tra alunni albanesi e serbi in età compresa tra i sei e gli undici anni, e due classi di scuola materna), e la seconda da metà aprile 2002 nel villaggio di Bince/ Binac (ospita 67 tra alunni serbi e albanesi dalla prima alla quarta classe), sono state il primo risultato raggiunto nell’ambito dell’integrazione scolastica voluta dall’ assemblea municipale di Viti/Vitina in un documento programmatico che risale al luglio dell’anno scorso.
L’avvio di questi progetti, ma soprattutto la firma di contratti formali tra tutti i soggetti coinvolti nell’iniziativa, la creazione di comitati di controllo etnicamente misti formati da genitori, la programmazione comune tra i due corpi docenti hanno aperto ulteriori scenari di intervento che potrebbero contribuire a cementare una serie di relazioni multietniche che si sono avviate in questi mesi.
I due villaggi che hanno beneficiato degli interventi previsti dal programma hanno seguito percorsi diversi ottenendo anche differenti risultati. Questo è in parte dovuto alla differente composizione etnico-religiosa dei loro abitanti , nel caso di Mogille/Mogilla serbo-ortodossa e albanese-mussulmana, nel caso di Bince/Binac albanese-cattolica e serbo-ortodossa.
Le condizioni di sicurezza sono aumentate in maniera sensibile da ambo le parti tanto che dalla ripresa dell’anno scolastico i genitori non hanno più richiesto la presenza dei militari della Kfor all’interno degli edifici scolastici durante l’orario delle lezioni.
Le problematiche legate alla sicurezza sono oggi prese in esame dai comitati di genitori, presidi, insegnanti, dai responsabili di Caritas Italiana, dal dipartimento dell’educazione e dalla Kfor in appositi incontri, mentre si tende sempre di più a garantire il regolare svolgimento delle lezioni e delle attività integrate in un ambiente il più normale possibile.
Per tutto l’anno le iniziative con gli alunni e con gli insegnanti sono continuate per garantire la continuità del processo di integrazione con giornate di animazione e attività all’interno degli spazi scolastici e con incontri settimanali con i capi delle comunità che sono stati costantemente coinvolti per cercare di responsabilizzarli al massimo rispetto alle loro potenzialità.
La costruzione ex novo della scuola di Bince/Binac (3 classi), reso possibile grazie al contributo della Caritas Diocesana di Padova e l’allargamento della struttura della scuola di Mogila, con il contributo della Caritas dioceana di Verona, hanno inoltre contribuito a rendere più semplice l’afflusso delle famiglie serbe sfollate dal 1999 in Serbia che stanno ritornando nella regione.
E’ proprio la vicenda legata alla sorte dei rifugiati non albanesi che stanno scegliendo di rientrare in special modo nella regione di Gjilan/Gnjilane, già abitata dalla più alta concentrazione di minoranze in Kosovo, che ha fatto sì che moltiplicassimo le nostre iniziative in favore dell’integrazione sia nel campo scolastico che giovanile in genere.
L’educazione dei giovani si è rivelata la chiave principale per riaprire il dialogo tra gli adulti. La nostra pressante richiesta di partecipazione da parte di genitori e capi comunità sta dando i suoi frutti.
Obiettivo centrale del programma è anche quello di ricostruire e cementare i canali di dialogo e confronto tra gli adulti, canali che si sono interrotti nella metà degli anni novanta, e che con fatica abbiamo riaperto in questi mesi.
Le iniziative collaterali al funzionamento delle due scuole multietniche, che ci sono servite per allargare la nostra area di influenza, ma soprattutto per sensibilizzare e coscientizzare la popolazione vicina a questi due villaggi, si sono sviluppate soprattutto nell’organizzazione di eventi sportivi per i giovani.
Il 15 di settembre 2002, per esempio, si è infatti conclusa l’unica lega di calcio giovanile interetnica in Kosovo, che ha visto la partecipazione di 12 squadre; circa 200 partecipanti con ragazzi fino ai 16 anni, organizzata in collaborazione con la Kfor statunitense.
Nonostante le difficoltà logistiche (scelta e stato del terreno di gioco), quelle legate alla sicurezza e l’iniziale scetticismo dei capi villaggio, dopo quattro mesi di lavoro i risultati sono stati positivi, tanto che si sono firmati degli accordi di massima tra i sei rappresentati serbi e i sei albanesi per la ripetizione dell’iniziativa l’anno prossimo, l’inizio della lega nel 2003 è previsto per il 7 giugno.
Sono inoltre partite le prime due squadre miste che inizieranno ad allenarsi insieme e che speriamo contribuiscano a dimostrare la volontà di molti di proseguire verso la normalizzazione.
Ovviamente le iniziative di questo tipo necessitano di una continuità nel tempo, e di stimoli continui per i ragazzi che devono affrontare difficoltà di movimento (in particolare legate alla sicurezza per i serbi) e per i genitori che devono comunque confrontarsi con il loro risentimento, con anni di sofferenze da entrambe le parti e con le opinioni di altre persone che non sempre accolgono con favore queste iniziative.
In generale dopo alcuni gravi attentati, gli ultimi nel marzo 2003, nella regione non si sono verificati incidenti a sfondo interetnico, e anche durante il periodo che è seguito agli attentati dell’inverno, abbiamo intensamente lavorato con gli organismi internazionali e le forze di sicurezza per garantire la prosecuzione del dialogo.
Dopo una comprensibile fase di stasi le iniziative e gli incontri sono ripresi con regolarità, ciò ci induce a pensare che ci possano essere le condizioni per programmare anche l’apertura di altre scuole multietniche.
In seguito ad una analisi accurata della situazione complessiva esistono infatti due altre realtà miste che potrebbero necessitare di un percorso di mediazione guidata da parte nostra per giungere alla firma di accordi simili a quelli in vigore a Mogille/Mogilla e Bince/ Binac. Esistono le condizioni sia nella zona di Novo Brdo che nella municipalità di Kamenica.
Sempre nell’ambito del settore pace, riconciliazione e diritti umani lo staff del progetto SIPOSCA sta implementando anche un progetto di commercializzazione con il villaggio albanese di Suhareca e quello serbo di Strpce. Il programma ha come fine il commercio e lo scambio di beni tra le due comunità. Tra poco si inizieranno a trasportare i primi prodotti.
Moreno Baggini – Casco Bianco presso la Caritas Italiana

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