Djukanovic nel mirino della Procura di Napoli

A distanza di un anno la magistratura italiana torna a bussare alla porta del premier montenegrino, giungono da Napoli accuse di associazione per delinquere e legami con la mafia, si chiede l’arresto di Djukanovic.

16/07/2003, Tanja Bošković - Podgorica

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Milo Djukanovic

Lo scandalo dei tabacchi, che da anni agita il clima politico del Montenegro, è diventato un dramma la settimana scorsa quando i media montenegrini hanno comunicato che l’agenzia italiana ANSA ha pubblicato la notizia riguardante la richiesta della Procura di Napoli dell’arresto del premier del Montenegro, Milo Djukanovic. Secondo queste fonti, nell’imputazione c’è scritto che il premier montenegrino insieme con Paolo Savino (nato a Napoli e ufficialmente imprenditore nell’editoria), Dusanka Jeknic (sedicente rappresentante di commercio del Montenegro) e Vaselin Barovic (rappresentante della ditta MTT, secondo i media montenegrini legata con il transito di sigarette) hanno "promosso, costituito, diretto e organizzato una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti concernenti il contrabbando di tabacchi lavorati esteri di importazione dal Montenegro e, comunque, da paesi liberi dal regime di monopolio" (Ansa, 9 luglio).

La richiesta dell’arresto è stata respinta dal giudice Anna Di Mauro con la motivazione che Djukanovic gode dell’immunità riconosciuta ai capi di Stato dal diritto internazionale.

Qualche giorno dopo i documenti della Procura sono stati consegnati ai media montenegrini, esattamente al quotidiano "Vijesti". Questo quotidiano ha pubblicato in tre volte successive una parte dell’ampio materiale della procura della Repubblica di Napoli – una ventina sul totale di 364 pagine dove si dimostrano i legami italo-montenegrini. Vi si trovano diversi materiali, tra cui, le trascrizioni di numerose intercettazioni telefoniche, registrate dal telefono di Dusanka Jeknic, con cui si indica che è stata una dei maggiori mediatori tra la mafia italiana dei tabacchi, guidata da Paolo Savino e i livelli statali e politici più alti del Montenegro.

La procura di Napoli accusa Djukanovic del rilascio delle prescritte autorizzazioni (licenze) per lo svolgimento dell’attività di importazione, stoccaggio e movimentazione dei tabacchi proprio sul territorio montenegrino. Inoltre che il premier, insieme con i suoi soci, Barovic e Vujosevic riceveva consistenti somme di denaro da Savino, il cui ruolo era di raccogliere il denaro dai vari capi dei contrabbandieri napoletani interessati all’acquisto di tabacchi. Jeknic invece si occupava della circolazione di questo denaro e di questo informava "la centrale" a Podgorica.

La questione che rimane aperta – insiste il settimanale "Monitor" – è: se anche Djukanovic era protetto con la immunità internazionale, perché non sono stati arrestati gli altri accusati.
Dusanka Jeknic, che in questi giorni si trova in Montenegro per vacanze ha dichiarato a "Monitor": "Paolo Savino è a Capri in vacanza. Noi siamo amici di famiglia. L’ho conosciuto tanti anni fa quando mio marito era console della ex Jugoslavia (SFRJ) a Milano. Io sono amica della moglie, Vesna, che è di Belgrado. Lei era scioccata quando ho chiamato per chiederle se sapeva qualcosa di questa storia di Napoli, della quale sono stata informata dai giornali. Neanche loro, come me, non sanno niente di questa storia".

Jeknic aggiunge che con Savino non ha nessun rapporto di affari e che ingaggerà un avvocato che secondo la legge italiana sarà l’unico che potrà vedere l’indagine. Secondo lei, la procura non l’ha cercata e non l’ha contatta riguardo al caso. "Sono partita dall’Italia senza nessun problema e sono pronta ad affrontare il tribunale, se mi chiamano, perché non ho niente da nascondere e niente di cui temere. Non vi sembra strano che gli atti della procura siano disponibili ai media, e che io, che sono una cosiddetta accusata, non ne abbia idea", conclude Jeknic per "Monitor" (11 luglio).


Il premier montenegrino Milo Djukanovic ha parlato il 9 luglio, durante la conferenza stampa, dei retroscena politici dello scandalo dei tabacchi. Negando i suoi legami con mafia, egli ha insistito che si trattava di un normale transito di merci, in accordo con le leggi jugoslave e con le normative in vigore in tutta l’Europa. Djukanovic ha ribadito che i soldi derivati da quell’attività hanno aiutato il Montenegro a resistere al doppio embargo, della comunità internazionale e del regime di Slobodan Milosevic, per finanziare pensioni, scuole, ospedali.

Due giorni dopo, per la cerimonia di apertura del nuovo ponte in una città del nord del Montenegro, Bijelo Polje, Djukanovic ha sottolineato l’"assoluta mancanza di qualunque documento ufficiale o di conferme sulle accuse da parte delle autorità italiane. Eppure sono state chieste da tempo sia a livello di ministeri della giustizia, sia ad altri livelli. Ma non abbiamo mai ricevuto nulla". ("Vreme"10 luglio)

Miodrag Vukovic, un funzionario del partito di Djukanovic, DPS, ha dichiarato che si trattava di transito delle merci durante il periodo dell’embargo internazionale, e che se nello stesso tempo il denaro si versava su conti internazionali, come si dice nelle accuse, questo era dovuto al fatto che al tempo dell’embargo lo si doveva fare per la specifica situazione in cui si trovava il Montenegro. Ciò che lui invece dimentica è che le trascrizioni telefoniche pubblicate si riferiscono ad un periodo successivo all’embargo. ("Vreme" 10 luglio)

Tutto questo ha infiammato il clima politico montenegrino e continua a tenere banco sulla stampa. L’opposizione montenegrina, che per vari motivi al momento si trova fuori del parlamento, subito ha chiesto le dimissioni del premier, mentre i deputati della maggioranza come si è visto nelle dichiarazioni precedenti, evidenziano il timing di queste accuse, che succedono ogni volta che si ricomincia parlare della indipendenza montenegrina (menzionata da Djukanovic alcuni giorni prima), oppure con l’avvicinarsi del periodo elettorale.

Benché non siano ufficiali, si tratta di accuse serie. Tuttavia, in base a piccole parti del materiale della procura non si può concludere nulla, ha commentato per "Monitor" un avvocato di Podgorica.

Rimane da capire se la procura ha pubblicato la parte più compromettente per il premier, oppure se il peggio deve ancora venire.

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Inchiesta speciale: il caso Nacional
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