Colloqui di Vienna, un primo segnale positivo per il Kosovo

Intervista con Martina Iannizzotto, Returns Officer dell’UNMIK a Belgrado, sullo storico incontro tra la delegazione di Pristina e quella di Belgrado tenutosi ieri a Vienna

15/10/2003, Luka Zanoni -

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B92 - Inizio dei dialoghi a Vienna

Osservatorio sui Balcani: Si è tenuto ieri mattina a Vienna il dialogo tra la delegazione albanese kosovara e quella serba, un dialogo che alcuni media internazionali hanno definito storico. Si tratta infatti del primo incontro ufficiale dopo i fallimentari colloqui di Rambouillet del ’99, prima che la NATO iniziasse la sua campagna di bombardamenti su Kosovo e Serbia. Pensi che si possa parlare finalmente di un disgelo tra serbi e albanesi kosovari?

Martina Iannizzotto: Come hanno detto Solana e Patten, penso che comunque il fatto che dopo 4 anni i rappresentanti di Belgrado e di Pristina si siano seduti allo stesso tavolo, rappresenti un’importante e significativa novità. Dal tono delle dichiarazioni rilasciate da Ibrahim Rugova (presidente del Kosovo) e Nebojsa Covic (capo del centro per il coordinamento del Kosovo) si evince chiaramente come le posizioni politiche sullo status del Kosovo siano lontane, ma lo status del Kosovo non era l’obiettivo dei colloqui. Il risultato importante è che i gruppi di lavoro sui quattro temi – quali il trasporto, l’energia, il rientro degli sfollati e la sorte degli scomparsi – inizieranno a lavorare a novembre.

OB: Purtroppo però i rappresentanti del governo kosovaro non erano presenti ai colloqui. Ciò significa che non hanno accettato i colloqui?

MI: Il primo ministro kosovaro Bajram Rexhepi ha affermato alla stampa di non essere contrario ai colloqui (anzi si è detto favorevole) ma che i colloqui devono tenersi quando, come e dove il governo kosovaro decide. Il PDK, partito di Hashim Thaci è a favore dei colloqui. Secondo me le turbolente trattative politiche che si sono tenute nei giorni passati sia a Pristina che a Belgrado indicano che la questione comunque è importante e dibattuta.
OB: L’UNIMK se non erro ha impedito che ci fosse una delegazione multietnica, concentrando così i colloqui tra serbi e albanesi. Perché questa scelta?

MI: La scelta è stata dettata dal fatto che decidendo il primo ministro di Pristina, Rexhepi, di non partecipare, non era opportuno che partecipassero i ministri del governo di Pristina.La mancata partecipazione del primo ministro kosovaro ha comportato una ridefinizione delle delegazioni: Rugova e Daci (presidente del parlamento) da parte di Pristina e Zivkovic (premier) e Covic da parte di Belgrado. Ma alla fine il dato politicamente significativo è che le delegazioni hanno partecipato e il dialogo si è aperto.

OB: Da parte dell’UNMIK è stato subito posto l’accento sul fatto che si tratta di "colloqui e non di trattative". Qualcuno sperava in un avanzamento verso lo status definitivo del Kosovo?

MI: Sicuramente la questione dello status definitivo del Kosovo è stata toccata nelle dichiarazioni di Rugova e Covic. Rugova ha esordito dicendo che il suo paese, il Kosovo, spera di diventare membro dell’UE e della NATO, mentre Covic ha ribattuto sottolineando come il governo serbo continui a considerare il Kosovo come parte del proprio territorio.Benché non sia certo facile i gruppi di lavoro che inizieranno a lavorare a novembre sui quattro temi, di cui dicevo prima, affronteranno questioni pratiche e rilevanti per la vita dei cittadini del Kosovo al di là dell’etnia a cui appartengono.

OB: Tra i quattro temi al centro del dialogo compare anche la questione sul rientro dei serbi sfollati. Spesso le cifre sui rientri sono molto differenti e contraddittorie. Dal momento che ti occupi proprio di questa delicata questione, potresti farci un quadro sintetico della situazione attuale?

MI: Secondo le statistiche dell’UNHCR dal 2000 ad agosto 2003 sono rientrati 8.379 sfollati. Di questi 4.487 sono serbi sul numero complessivo di 200.000 sfollati che lasciarono il Kosovo dopo il 1999. Nessuno si dichiara soddisfatto di questo risultato, ma è il caso di sottolineare che il rappresentante del centro di coordinamento per il Kosovo che si occupa di ritorni, Vladimir Cucic, ha dichiarato alla stampa pubblicamente che negli ultimi mesi la collaborazione con UNMIK è milgliorata e che passi avanti sostanziali sono stati fatti in questa direzione. C’è poi da ricordare l’importante avvenimento della lettera aperta rilasciata dai principali leader politici kosovari, con la quale nel luglio scorso si invitava gli sfollati al rientro. Certo nessuno può dirsi soddisfatto, ma è importante sottolineare anche i progressi ottenuti.

OB: Infine, come valuti l’incontro di Vienna?

MI: Io sono una persona pratica. La stretta di mano che magari i media si aspettavano non c’è stata, ma i gruppi di lavoro sono stati annunciati per novembre. Questo significa che ci sarà molto da lavorare – albanesi, serbi e comunità internazionale – ed io personalmente lo considero un segnale positivo.

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