Appunti sparsi di un viaggio in Albania

Ramona Parenzan collabora con la Vannini Editrice per la creazione di una collana di pubblicazioni per la scuola dedicate ai Balcani. E’ reduce da un viaggio in Albania che ha deciso di raccontare ai lettori dell’Osservatorio.

21/10/2003, Redazione -

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La statua di Skanderberg, eroe nazionale albanese

… La Città* respira a fatica. Un respiro pesante. Non è facile tenere a bada gente così sognatrice e sanguigna. Se potesse raccontare ciò che pensa e sente, se potesse incontrarsi con altre città in una di quelle riunioni che i potenti della Terra fanno di tanto in tanto, la Città stupirebbe il mondo intero con le storie che ha da raccontare. Perché la gente che vive nel suo seno non è gente come tutti gli altri. Non dorme nelle ore in cui dovrebbe mettersi a dormire e non pensa quando sarebbe il momento di mettersi a pensare. Ma sogna, a occhi aperti e chiusi. Quando insulta oppure fatica, quando si sporca del fango della strada o quando si pavoneggia nei locali, la gente non fa altro che sognare.
* forse Tirana?
(tratto da: Sole bruciato, Feltrinelli, 2001, pag 50. Il libro è di Elvira Dones, bravissima scrittrice albanese residente in Svizzera)

L’arrivo

Martedì 19 agosto ore 16.00, scendo dalla Vichinga (il traghetto partito da Bari) e arrivo al porto di Durazzo. Il viaggio, durato 4 ore, non è stato niente male: aria condizionata, sketches comici albanesi in videocassetta, velocità supersonica… Sono riposata e felice di essere arrivata. Al porto mi accoglie un sole accecante, bambini, mendicanti e tassisti pronti a trasportarti ovunque tu voglia.
Facciamo un leggero ed acrobatico dribbling e arriviamo alla stazione delle corriere dove ci aspetta un autobus pronto a partire per Tirana. Fa caldo, non c’è aria, la gente mormora innervosita. Intorno a noi, lungo i finestrini, sfilano terreni pieni di case costruite a metà che portano fiere in capo la bandiera con l’aquila bicipite, stemma nazionale, e una cisterna per raccogliere l’acqua calda come riserva. Tirana ci accoglie con il suo traffico caotico: niente semafori, piccoli furgoncini come taxi, strade larghe e fangose e, ai bordi delle strade, piccoli negozietti , e venditori al dettaglio. Carichi di valige ci mettiamo alla ricerca della casa. Nel frattempo una amica di Valbona e Luan, i miei due ospiti, che, da più di 10 anni, vivono in Italia con i due figli, ci invita a rinfrescarci. Iniziano i riti di ospitalità di cui già ero a conoscenza: un buon quadratino di Lokum (cubetto di zucchero candito e condensato con la fecola) per cominciare, acqua fresca e del buon caffè turco. Julia, la nostra ospite, mi predice il futuro con i fondi di caffè: un uomo grande e forte che mi ama e mi aspetta (???!!!???) e un futuro pieno di viaggi e scoperte. Niente male come inizio!!

Toni
Faccio subito la conoscenza del giovane nipote di Valbona, Toni, un ragazzo intelligente e pieno di grinta. Mi racconta di aver trascorso 12 anni in Grecia dopo aver studiato anche a Milano come programmatore informatico. Da un mese soltanto è tornato qui, nella sua città, ha già un buon lavoro ed è curioso di riscoprire i posti che non riconosce più. Mi racconta che, fino a pochi anni fa, Tirana era più piccola e meno chiassosa: c’erano meno abitanti, meno case, meno macchine e meno negozi.
Ora la gente dalle montagne e dalle campagne, ma anche rifugiati e profughi, si sono concentrati nella capitale, sperando, così, di costruire un futuro migliore. Toni, in mezzo a questi veloci cambiamenti, si sente un po’ spaesato.
E’ già sera, giriamo per le viuzze buie e silenziose, riconosco la serenità, la magia e il tepore dolce dei ritmi balcanici anche se, poco lontano da noi, nel centro della città, la gente affolla la piazza e stipa i locali.
La nostra casa è bella è accogliente. La sera siamo di nuovo ospiti di Julia. Mangiamo la tipica minestra albanese, burek fatto in casa e formaggio locale. Mentre Luan sorseggia della buona rakjia con il marito di Julia, Toni mi racconta che l’Albania dovrebbe cercare di fare di tutto per entrare in Europa, dopo il regime di Hoxa e il crollo delle piramidi finanziarie del 97 il paese è disorientato, mancano uomini validi al potere e la gente è sfiancata dagli eventi. Toni sarà d’ora in poi, per me, guida preziosa per fare un po’ di luce in una realtà, quella di Tirana, che davvero mi disorienta, mi attira e mi respinge nel contempo con i suoi inesplicabili misteri e con il suo delirante e malinconico respiro.
Scopro soltanto ora che il programma dei giorni seguenti sarà super frenetico: prima della partenza non sapevo che la nostra missione sarebbe stata quella di riunire alcuni intellettuali di Tirana, amici di Valbona, accompagnati dalla televisione e da Radio Tirana (eh si, quella celebre cantata da Battiato : "..E radio Tirana trasmette musica balcanica mentre danzatori bulgari…).
Cocktail di colori e profumi per le vie del centro
E’ mercoledì mattina e, mentre trotterello per le vie del centro cercando di mantenere il passo di Valbona,- concentrata a riunire più amici intellettuali possibili per la presentazione del suo libro venerdì pomeriggio – mi guardo intorno: il giovane sindaco di Tirana, Edi Rama, ha fatto dipingere alcune case del centro con un intonaco dai vari colori sgargianti, quasi a contrastare il fango e il grigiore di alcuni vecchi palazzi non ancora ristrutturati e completamente rivestiti di vecchi terrazzi e da paraboliche, simbolo onnipresente e pervasivo della città.
Il centro, ospita lungo le strade bar stipati di gente, perlopiù uomini, che insieme chiacchierano seduti ai tavoli, sorseggiando con calma caffè (ottimo a Tirana), Rakjia o birra. Intorno alle strade, venditori di pannocchie abbrustolite, vecchine che vendono melanzane e peperoni (anche questi davvero squisiti), negozietti dove si trova di tutto e profumati byrektore e quebabtore (negozi dove vendono il tipico burek, pasta sfoglia con ripieno di carne, verdura o formaggio tipo ricotta ma più saporito).
Mi piace girare con Valbona e Luan fermandoci al mercato della verdura per assaggiare i vari tipi di olive, prendere un caffè servito nei bar con molta calma anche se poi, all’improvviso, la mia serenità precipita per un attimo di fronte all’arroganza degli automobilisti che non lasciano mai passare i pedoni e strombazzano innervositi se non gli si dà la precedenza agli incroci spesso privi di semaforo.

Shpresa e Sotir
Appena dietro Piazza Skanderberg, al centro della quale troneggia sul suo cavallo l’eroe patrio che ha respinto i Turchi e ne ha fermato l’avanzata verso l’Occidente nel 1448, ci aspettano Shpresa, (in lingua albanese significa Speranza!) una cara amica di Valbona, e suo marito Sotir. Shpresa dopo anni di sofferenze (ha perso il padre e la madre quando era ancora piccolissima) oggi ha il dono privilegiato di comunicare con la Madonna a cui ha dedicato un’intera parte della sua piccola casetta all’interno della quale si trova un piccolo altare, statue della Vergine e, dappertutto, foto di Padre Pio e icone ortodosse.
Dopo anni di dittatura, dove era proibito professare fedi religiose, alcuni si sono scoperti profondamente credenti. In Albania ci sono diverse confessioni, in maggioranza mussulmani (70%), ortodossi (20% circa) ed infine cattolici (10%). Dopo la caduta del regime comunista, alcuni edifici religiosi, precedentemente chiusi al culto e adibiti ad usi civili o militari, sono tornati alla loro funzione originaria anche se, in realtà gli albanesi sono di impostazione culturale laica come dice un celebre detto albanese, "Mos shikoni kisha e xhamia feja e shqiptarit asht shqiptari", "Non guardate chiese e moschee, essere albanesi è la nostra religione", ovvero, in Albania la vera religione è l’orgoglio nazionale!.

Sotir, marito di Shpresa, di professione giornalista sportivo ormai in pensione, mi mostra la sua opera: un libro ricco di foto e di test sulla Dinamo, dal 1950 al 2000, la celebre squadra di calcio dello stato, di cui da giovane era allenatore. Per scrivere questo libro Sotir ha speso energie e anni di studio ma lamenta il fatto di non aver avuto alcun tipo di riconoscimento economico da parte dei politici corrotti. Sotir, come molti qui a Tirana, è un intellettuale che stenta a campare con i pochi soldi della misera pensione. Sotir pensa che questa recente pseudodemocrazia non ha affatto aiutato l’economia albanese, tutt’altro. Sono pochissimi quelli che riescono a vivere e, mentre mafiosi, politici e corrotti si arricchiscono, la maggior parte della gente sopravvive passando intere giornate cariche di sogni e spesso di disperazione al bar con gli amici (qui uno stipendio medio di un insegnante è di circa 400 euro al mese mentre i prezzi sono molto simili ai nostri anche perché l’Albania importa quasi tutto, persino le verdure!).
Sadri Hameti

Ho conosciuto il pittore e poeta Sadri Hameti, famoso ormai in tutta Europa, anche lui perseguitato per anni, vive con pochi soldi con sua moglie Bukra e il figlio che sta studiando all’Accademia di Belle arti di Tirana. Valbona mi aveva già parlato a lungo di lui e della sua estrosità. Sadri, sin da piccolo, ha il dono della preveggenza… Appena mi vede inizia a dire "fuoco, fuoco"… Ha uno sguardo vivo e intelligente, anche lui, come Julia che aveva letto per me i fondi del caffè, vede nel mio futuro un marito e una figlia (??!!). Sadri mi regala poi un suo dipinto: un acquarello con due volti di donna accostati. Mi spiega il dono dicendomi che io possiedo due mariti: l’uomo che amo e la società. Sadri Ahmeti è nato in Montenegro nel 1939. Terminati gli studi superiori a Pec/Peja, in Kossovo, emigrò in Albania nell’autunno dell’anno 1957. Fu arrestato quando era studente dell’Istituto delle Belle Arti di Tirana, condannato a 3 anni di prigionia nelle miniere di Spaç e internato per 20 anni nei cantieri di Elbasan per aver dipinto un giovane kossovaro incatenato. Completò poi gli studi all’Accademia delle Belle Arti. Ha preso parte a esposizioni di pittura collettiva, ha presentato sei mostre personali a Tirana e altrettante all’estero.
Sokol Jakova e Raimonda
Incontro Sokol Jakova, cugino di Valbona, intellettuale e scrittore mirabile di racconti popolari per bambini, e sua moglie Raimonda, insegnante delle scuole superiori. Sokol mi racconta che chi scrive libri, nella maggior parte dei casi, soprattutto se si tratta di libri per la scuola e l’infanzia, non può affatto contare nella Casa Editrice per la distribuzione ma è l’autore che si deve arrangiare, spendendo di tasca propria, per farsi un po’ di pubblicità. Con rammarico mi confessa che in Albania molti intellettuali sono caduti in povertà mentre, ora più che mai, il suo paese avrebbe un enorme bisogno di cultura per sconfiggere il consumismo dilagante, l’individualismo e l’assenza di punti di riferimento.
Sokol ha scritto più di 30 racconti. Mi regala una serie delle sue fiabe in doppia versione italiano/albanese (tradotte dalla brava Clara Kodra) corredate di bellissimi disegni originali. Questa volta siamo nel mio campo e mi impegnerò seriamente a trovare un editore delle sue opere in Italia. Con Raimonda mi trovo molto bene, accetto di buon grado i suoi regali (un bel paio di sandali turchi che sostituiscono le mie scarpe non adatte all’asfalto sgarrupato di Tirana, e un anellino d’argento, simbolo di un’amicizia che sento proseguirà anche in futuro). Insieme a loro due, Valbona e Luan, passeggiamo di sera e di giorno per il centro, dove posso ammirare il museo, la biblioteca in Piazza Skanderberg, i palazzi costruiti nel periodo dell’occupazione italiana nel ’39 e tutti i palazzi istituzionali e governativi sorvegliati perennemente da militari che ne difendono l’accesso.

Un racconto di Sokol

Un venditore d’olio fu molto fortunato nel commercio e, entro poco tempo, divenne ricco. Comunque sia, lui era un uomo savio ed onesto che lavorava dal mattino fino alla sera insieme alla famiglia. Perciò tutti gli affari gli andavano bene. Un giorno giunse in bottega un altro mercante per comprare dell’olio. Dopo aver preso il resto dei soldi restituiti dal venditore d’olio, il servitore del mercante caricò le botti nella carrozza e si avviarono insieme verso casa. Ma non era ancora passata un’ora quando il mercante tornò nella bottega del venditore d’olio e gli disse:
– Io ti ho dato i soldi e tu non mi hai restituito il resto.
– Che dice, le ho dato il resto, signore.
– No, non mi ha restituito i soldi – disse il mercante e tolse dalla tasca un mazzo di soldi. Questi soldi sono miei. Li ho contati a casa e risultano essere gli stessi che avevo prima in tasca. Il resto non me lo hai dato!
Il venditore d’olio capì allora che il mendicante era un uomo furbo che voleva prendergli di nuovo i soldi. Ma lui non era affetto meno astuto e furbo.
– Può essere signore che non le abbia dato il resto e..
– Non me lo hai affatto restituito, no, – insistette il mercante.
– Va bene! Allora bisogna che lei sappia che i miei soldi li conosco, perciò voglio fare un esperimento.- Due, se vuoi – disse il mercante
– Mi mostri quel mazzo di soldi che ha in tasca – disse il venditore d’olio
Il mercante tolse di nuovo dalla tasca i soldi e gettò tutto quel mazzo in un bicchiere d’acqua. Il mercante spalancò gli occhi. Dopo pochi secondi, sulla superficie dell’acqua comparvero delle chiazze d’olio.
– Lo vede, signore? – disse il venditore – questi soldi li hanno toccati le mie mani macchiate d’olio. Con l’acqua sono comparse le macchie d’olio. Così l’acqua ci ha mostrato la verità. Adesso prendi i soldi del resto e fila via di qua e cerchi di farla in barba a qualcun altro!
A quel punto il mercante rimase a bocca aperta, abbassò la testa ed uscì dal negozio. Cammin facendo malediva se stesso perché non aveva pensato a cambiare i soldi. Ma come avrebbe potuto immaginare che il venditore d’olio fosse tanto furbo? Comunque, dal quel momento, imparò una cosa nuova che ricorderà per il resto della sua vita!
La conferenza al club delle donne "Giovane Teuta"
Il club di donne "Giovane Teuta" è un bel palazzetto di colore arancio intenso, simpaticamente arredato con servizio bar. Il club è un centro di ritrovo per donne e non solo. Ha scopo aggregativo ma serve, ed è soprattutto servito, per fornire supporto psico-sociale ed assistenziale alle donne del Kossovo durante il periodo critico nel 1999. Al centro si sono rivolte donne kossovare che hanno visto bruciare le loro case, uccidere i loro cari (parenti, figli, mariti) e che ora vivono in compagnia di questi atroci ricordi. Queste donne si aiutano tra loro narrandosi e fornendosi reciproca assistenza anche grazie all’aiuto di specialisti.
Donne, comunque, ancora piene di speranza e voglia di ricominciare. Il club, luogo di ritrovo anche per intellettuali impegnati socialmente, nato inizialmente grazie agli aiuti internazionali oramai esauriti, stenta ora a sopravvivere con i pochi proventi del bar. E’ presso questo club che venerdì 22 agosto si celebra finalmente la tanto patita conferenza della mia ospite. Sono presenti all’incontro più di 20 intellettuali, amici di Sokol e Sadri: sono perlopiù scrittori, poeti, attrici, artisti, storici… Quando sanno che sono italiana e che ho scritto un libro bilingue sull’Albania con Valbona per le scuole italiane si affrettano a presentarsi chiedendomi di aiutarli a pubblicare le loro opere in Italia. Mi faccio scudo del fatto che, nell’editrice presso la quale collaboro, si pubblicano soltanto testi scolastici… Non posso e non desidero illudere nessuno anche se accetto con gioia i loro biglietti da visita e alcuni testi in albanese. L’atmosfera è un po’ nostalgica, anche loro, come la mia amica Valbona, anni fa sono stati perseguitati dal regime per motivi politici, mi raccontano di essere stati sballottati per anni insieme alla famiglia in vari posti dell’Albania per evitare che socializzassero. Ora, un po’ invecchiati ma fieri e orgogliosi (l’orgoglio è il tratto tipico di questo popolo) si commuovono nel ritrovarsi ancora tutti insieme, dopo molto tempo, per festeggiare il successo di Valbona che in questa occasione presenta un testo italiano da lei tradotto in albanese sulla figura del diavolo. E’ presente anche la televisione nonché la simpatica e dolce Valdete, giornalista di Radio Tirana, che tra qualche giorno ci intervisterà. Vengo intervistata anch’ io in quanto amica di Valbona e coautrice, insieme a lei, di un libro sull’Albania per le scuole italiane.Toni mi è vicino con il suo saper osservare in silenzio e con la sua capacità di tradurmi gesti, emozioni e comportamenti. Parole e, talvolta, retorica d’altri tempi, nei discorsi dei presenti. Valbona esulta: dopo anni di esilio finalmente una piccola rivincita!!!
Il viaggio per Elbasan
Abbiamo un’altra piccola missione: andare a trovare i parenti di Luan ad Elbasan, poco distante da Tirana. E’ qui che i due miei amici si sono conosciuti e innamorati da giovani. Lei e la sua famiglia perseguitati dal regime a causa di uno zio intellettuale e politico, lui figlio di un generale dell’esercito di stato. Un amore difficile ma voluto e difeso a tutti i costi. Ascolto la loro storia commossa e ammaliata. Arriviamo ad Elbasan attraverso una ripida e stretta stradina di montagna , accompagnati da un parente taxista di Luan (il cognato) che guida in modo disinvolto e a velocità supersonica! Intorno le colline brulle e le meravigliose montagne… I piccoli villaggi arroccati sui pendii. Saliamo sempre di più mantenendo sempre la medesima velocità, ma qui la gente è abile e sicura nella guida. Di notte, al ritorno, ho appena il tempo per accorgermi che hai bordi della strada si trovano ristoranti e alberghi di lusso, fieri di mostrare una sterminata scia di luci folgoranti (ma in città spesso manca la corrente, si ferma a intermittenza il generatore… come si spiega?). Ritrovo ancora una volta le contraddizioni dei Balcani, ma qui, devo ammetterlo in forma maggiore. Vengo a sapere che la gente frequenta i locali… Rinunciano spesso al necessario per potersi recare almeno un volta in questi luoghi affascinanti e un tantino kitsch (pare che i ristoratori facciano a gara tra loro per avere il locale più luminoso e vasto!). Ad Elbasan incontro i parenti di Luan: due famiglie che abitano in un alto e vecchio palazzo in appartamenti piccoli ma curati. Nel cortile mi fanno festa bambini curiosi che mi parlano un po’ in italiano, tutti vogliono invitarmi a casa loro per un caffè e per magiare qualcosa, adoro la mikpritja albanese (il culto dell’ospitalità). Dopo esserci rifocillati andiamo in giro per la città, visitiamo il cimitero ampio e ben tenuto, una chiesa ortodossa piena di splendide e antiche icone, e finalmente il piccolo villaggio dei rom (Luan mi ci ha gentilmente portato, era un mio grande desiderio recarmi lì!)
I rom di Elbasan
Come immaginavo i rom nei Balcani (non solo a Tirana ma anche quelli conosciuti in Serbia a Kragujevac) perlopiù vivono in case o al massimo in baracche ma è raro vedere campi nomadi come da noi. Si tratta infatti di un insediamento di antica data: i rom sono stanziati nei Balcani da tantissimo tempo e nella maggior parte dei casi sono ben integrati pur non godendo pienamente di tutti i diritti (per esempio nelle scuole non si insegna il romanes, la loro lingua, questo fa si che i rom siano plurilingue ma nel contempo c’è anche il rischio che la loro lingua si estingua). Entro, invitata da loro, nelle loro case. Mi accolgono benissimo un po’ stupiti dal mio entusiasmo e dalle mie 4 parole in romanè. Abbraccio i bambini e ballo con loro. Si lasciano fotografare sorridenti, mi spiace non potermi fermare più a lungo…
L’intervista a Radio Tirana
L’ultimo giorno io Toni e Valbona siamo ospiti di Valdete, giornalista di Radio Tirana. Sono emozionata: la radio è bellissima… Stile architettura e interni che ho visto spesso nei miei amati film dell’est. Mi guardo intorno a lungo. Valdete parla al microfono della radio, arredata in mondo antico (anche gli impianti sono datati), con una voce profonda, dolce e magica, intervallata spesso da buona musica classica. Valdete intervista per prima Valbona che si emoziona. Toni, intanto, a bassa voce mi traduce. Ora tocca a me… Sono completamente estasiata: quella stanza vuota e antica, stile sovietico, mi ha rapito, mi sento in un sogno, non vorrei più spostarmi di lì! Il giorno dopo si parte, ho i piedi stanchi ma tante immagini e sentimenti, emozioni contrastanti dentro di me che ricorderò a lungo….
Ramona Parenzan

Per saperne di più, a cura di Ramona Parenzan (pdf)

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