Il Parlamento Europeo al voto sui Balcani
Approvata la seconda relazione annuale sullo stato del processo di stabilizzazione ed associazione per l’Europa sudorientale. L’Europarlamento accoglie nella versione finale del documento diversi punti della agenda di "Danubio, l’Europa si incontra".
L’approccio europeo ai Balcani sta lentamente cambiando. Emerge dalla Relazione annuale sul processo di stabilizzazione ed associazione del sud est Europa, approvata nei giorni scorsi dal Parlamento Europeo riunitosi a Strasburgo.
Nonostante permangano degli elementi ‘tradizionali’ della politica europea nei confronti dei Balcani, già ribaditi anche negli anni passati – tra questi ad esempio l’invito a combattere criminalità e corruzione, a collaborare con il Tribunale dell’Aja, a favorire il rispetto delle minoranze ed il rientro di sfollati e rifugiati – emergono anche alcuni elementi significativamente nuovi.
Innanzitutto viene ribadita, come era già stato fatto in modo energico lo scorso giugno a Salonicco dal Consiglio europeo, la prospettiva europea di questi Paesi. "La preparazione dei Paesi del sud est Europa per una loro futura integrazione nell’Unione Europea è una priorità fondamentale per l’Unione stessa", si sancisce in uno dei capitoli conclusivi del documento.
Viene inoltre esplicitato come i Balcani stiano divenendo un terreno sul quale si stanno scontrando due modi differenti di percepire la politica e le relazioni internazionali. Da una parte gli Stati Uniti, dall’altra l’Europa. Nella relazione si fa infatti presente che "non si ritiene opportuno che Paesi che abbiano sottoscritto accordi bilaterali con gli USA che di fatto limitano la piena effettività della Corte Penale Internazionale vengano a far parte dell’Unione". Ma la necessità di "recuperare all’Europa" la regione dei Balcani emerge anche quando si insiste in più punti sulla necessità di fare in modo che nelle attuali missioni di peacekeeping alle truppe USA si sostituiscano al più presto quelle europee.
Anche la questione dei visti entra in modo rilevante nell’ultimo documento approvato dal Parlamento Europeo. "L’attuale sistema dei visti tra l’UE ed i Paesi del sud est Europa rischia di minare e rallentare la prospettiva europea per questi Paesi, ed è divenuto fonte di umiliazione per i loro cittadini" per questo motivo "si invitano la Commissione ed il Consiglio europeo a stabilire un percorso chiaro per alleggerire l’attuale sistema dei visti nei confronti del sud est Europa man mano che i Paesi interessati avviano le necessarie riforme". Una presa di posizione chiara e non comune, che si spera apra la porta ad un ulteriore dibattito sulla questione.
Sfumatura nuova in questa relazione rispetto alle precedenti è anche lo spazio dato alle amministrazioni locali. Non solo si invita infatti ad intraprendere un percorso di loro rafforzamento ma le si coinvolge nella programmazione di misure di sviluppo locale. "Si invita la Commissione e l’Agenzia Europea per la Ricostruzione ad assistere le autorità locali nell’adottare budget partecipativi e nel promuovere patti locali di sviluppo del territorio". L’attenzione al locale viene confermata anche quando si afferma che con i programmi CARDS occorre favorire le economie locali tradizionali e sostenere progetti di microcredito in grado di ravvivare le reti della finanza locale, favorendo in questo modo sia lo sviluppo economico che un rafforzamento del senso di responsabilità individuale.
Non mancano poi prese di posizione su alcune questioni specifiche relative a singoli Paesi dell’area. Le due più rilevanti sono forse quelle sui due "protettorati internazionali" dei Balcani. Bosnia Erzegovina e Kossovo. In merito alla prima l’estensore della relazione è stato senza dubbio influenzato dal dibattito sul ruolo dell’OHR, intenso in questi mesi durante i quali, nel panorama internazionale vi è stato chi ha accusato l’Alto rappresentante in Bosnia Erxegovina di essere un vero e proprio viceré imperiale, paragonando la situazione a quella dell’India britannica; altri invece hanno sostenuto, e tra questi l’International Crisis Group, che non si possa prescindere dal paradosso che "per andarsene più in fretta occorra coinvolgersi più intensamente", un invito senza ambiguità fatto all’Alto Rappresentante ad esercitare i propri poteri pienamente. Nella relazione si media tra queste posizioni. Da una parte si ribadisce il ruolo fondamentale dell’OHR (Ufficio dell’Alto Rappresentante), dall’altra si invita la presenza internazionale a passare ad un ruolo di monitoraggio e le autorità locali ad assumersi le proprie responsabilità.
Sul Kossovo invece, pur senza delineare possibili prospettive per quando riguarda lo status finale della provincia, si chiarisce come la definizione di quest’ultimo sia imprescindibile per risolvere anche alcune questioni concrete che sono state riscontrate in questi anni e si fissa un termine importante: entro due anni l’enigma sullo status dovrebbe trovare una soluzione.
Certo il Parlamento Europeo non è la Commissione od il Consiglio europeo. Il suo potere è ancora limitato rispetto a quello di queste due ultime istituzioni. E questo è palese dalle modalità comunicative che caratterizzano questa relazione: emergono chiari indirizzi politici, non troppo smussati od annacquati dalle continue mediazioni che invece le decisioni che contano implicano in ambito europeo, dove si deve trovare un accordo tra tutte le diplomazie dei Paesi membri. Ciononostante è un dato importante che alcune questioni abbiano fatto breccia nel dibattito politico a Strasburgo e Bruxelles.
Ed è anche rilevante che alcuni elementi della Relazione siano stati redatti tenendo conto di alcuni stimoli che arrivavano dal mondo della società civile. In particolare il relatore del rapporto, l’europarlamentare Joost Lagendijk, del gruppo verde, ha deciso di inserire alcuni elementi dei quali si è dibattuto durante "Danubio, l’Europa si incontra", l’iniziativa promossa lo scorso settembre da Osservatorio sui Balcani. Così sulla questione dei visti, dello sviluppo locale e dello sviluppo di reti civiche tra comunità locali europee. Anche per questo alcuni rappresentanti dell’Osservatorio sono stati invitati mercoledì a Strasburgo per incontrare, prima della discussione della Relazione, alcuni dei parlamentari che più si sono interessati in questi anni di sud est Europa. Tra questi lo stesso Joost Lagendijk, Doris Pack e Hannes Swoboda.
Davide Sighele
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Vedi anche:
Strasburgo bagnato dal Danubio
La discussione della relazione sui Balcani all’europarlamento