Cosa la Zastava offre agli americani

Il mercato americano apre alla Zastava Armi creandole un ampio potenziale di utili, nel momento in cui la Serbia-Montenegro è pronta a inviare proprie unità speciali in Afghanistan.

27/11/2003, Redazione -

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Particolare di un fucile Mauser

Di Branimir Gajic – ("Blic News" Belgrado, 19 novembre 2003)
traduzione di Luka Zanoni (pubblicato da Notizie Est 26 novembre 2003)

NOTA: In merito all’articolo che segue, riguardante il mercato americano come potenziale sbocco per le armi prodotte dalla Zastava, si tenga in considerazione che il 18 e il 19 novembre il quotidiano belgradese "Danas" ha scritto, citando un comunicato stampa della Zastava armi, che la fabbrica di Kragujevac nel frattempo ha avviato colloqui con altre tre aziende interessate alla sua produzione. Si tratta dell’italiana Beretta, della francese Unifrance e della greca Microtec. Con ques’utlima la Zastava armi si sarebbe accordata – secondo quanto riporta "Danas"- per l’esportazione in Grecia di fucili da caccia e pistole CZ99 e CZ999 – l.z.
Dopo che si è saputo che i reparti speciali dell’Esercito della Serbia e Montenegro (SM) e i gendarmi del Ministero dell’Interno della Serbia saranno la prima "esportazione" del nostro stato, anche la notizia che la fabbrica Zastava armi dopo dodici anni ritorna sul mercato degli USA mostra che per i paesi sviluppati occidentali la merce più attraente di questi luoghi è proprio ciò che ci è rimasto in eredità dagli scorsi decenni: i prodotti militari, cioè da guerra.
Quando qualche settimana fa negli USA è stata approvata la decisione di normalizzare le relazioni commerciali con la SM, chi ha avuto più motivo di tutti di gioire è stata la fabbrica di armi di Kragujevac. Perché proprio i suoi armamenti sono tra le rare cose che da queste parti hanno una qualche prospettiva sul mercato americano. A dispetto della arretratezza in confronto ai paesi industrializzati, sembra che esistano definitivamente le possibilità per un successo della Zastava armi presso gli acquirenti USA in possesso di licenza.
In pubblico si è discusso molto degli utili che questo "affare del secolo" potrebbe generare: il ministro degli esteri Goran Svilanovic inizialmente ha affermato che questo affare porterò utili per circa nove milioni di euro, mentre il nuovo direttore della Zastava armi, il colonnello Marinko Petrovic, in prima battuta ha formulato una cifra di quattro milioni di dollari, per poi successivamente affermare che si tratterà di "un guadagno di due o tre milioni".
"Penso che la Zastava possa realizzare nel 2004 un’esportazione per nove milioni di euro, mentre nei successivi due o tre anni si stima che si potrebbero raggiungere i trenta milioni" ha dichiarato Svilanovic. Petrovic, di nuovo, afferma che nel 2005 con le esportazioni si potrebbero guadagnare non più di cinque milioni di dollari.
Nonostante la contraddizione tra le dichiarazioni del direttore e del ministro, per ora è più importante che all’arretrata fabbrica di Kragujevac venga comunque assicurato il lavoro. Secondo le affermazioni del direttore Petrovic, sono in corso colloqui con due aziende degli USA, la KBI e la Michell Arms, che dovrebbero vendere attraverso i loro distributori i fucili di Kragujevac. Benché il colonnello Petrovic affermi che i colloqui sono "in corso", entrambe queste aziende offrono con grande evidenza, sui loro cataloghi di vendita, i fucili serbi, mentre alla recente mostra per i 150 anni della fabbrica, svoltasi nel Salone della Zastava di Belgrado, sono già state mostrate tre carabine da caccia costruite su richiesta dei partner americani, che per la qualità della fattura e dei materiali si differenziavano evidentemente dagli altri oggetti esposti.
Alla compagnia Charles Deli, una rinomata azienda americana che anche in passato acquistava i fucili da caccia della Zastava (e che nel frattempo è diventata parte del gruppo della KBI), hanno detto a "Blic News" che "sono fieri di partecipare al ritorno sul mercato americano degli eccezionali fucili con sistema Mauser, fabbricati dalla Zastava".
"Questi fucili della Serbia e Montenegro rappresentano uno dei migliori esempi della produzione europea, ben disegnati, e realizzati in maniera tale da conservare le caratteristiche e le prestazioni del classico Mauser affermatesi nel secolo scorso. Le armi della Zastava sono fabbricate in modo tale da infondere fiducia negli acquirenti grazie alla qualità che ha reso nota la nostra compagnia", ci è stato detto in questa azienda.
Secondo le loro parole, tutti i componenti sono perfettamente lavorati a macchina, con i migliori metalli (cromo vanadio) e, come risultato, si ottengono armi precise, affidabili, resistenti e dal prezzo particolarmente contenuto. Nel catalogo di questa azienda americana i prezzi delle carabine da caccia della Zastava sono compresi tra i 450 e i 570 dollari.
Per capire meglio la terminologia tecnica, occorre ricordare che il sistema Mauser di cui parla Charles Deli si riferisce al modo di fabbricazione dell’otturatore di queste carabine, e ci sono molti nel nostro paese che hanno avuto l’occasione di essere nell’Esercito jugoslavo o di aver partecipato all’allora sistema scolastico in cui era compreso l’insegnamento della difesa nazionale che hanno conosciuto tale otturatore del famoso fucile M-48. Si tratta di un sistema a ripetizione che ha un’impugnatura laterale e si chiama "a perno rotante". Questo sistema è stato applicato per la prima volta sui fucili tedeschi fabbricati nell’azienda Mauser già nel 1898 e ha preso il nome dalla prima produzione. Benché nel frattempo sia stato superato da soluzioni tecniche più avanzate, il sistema della Mauser è diventato classico nel vero senso di questa parola e, nonostante sia vecchio più di un secolo, è ancora molto usato per i fucili da caccia e di precisione di generazione più recente. Sebbene negli ultimi decenni la fabbrica Zastava armi non abbia tenuto il passo con lo sviluppo tecnologico e con la produzione di armi (dove si è giunti a notevoli progressi nella preparazione di nuovi materiali e di nuovi accorgimenti di costruzione), ciò che molti hanno visto come il difetto di questa fabbrica – invecchiamento della fattura e della costruzione degli otturatori dei fucili – sembra invece rappresentare un vantaggio sul mercato americano.
Le affermazioni formulate in questi giorni sui media da alcuni giornalisti serbi, secondo cui sarebbe stato fatto poco nel perfezionamento delle armi della Zastava e "bisogna essere stracontenti per ogni affare concluso di questa fabbrica", svaniscono quando si tratta, innanzitutto, di armi da caccia e gli altri tipi di armamenti destinati all’esportazione negli USA. Perché, uno dei prodotti chiave con cui ora si conta seriamente di realizzare profitti con gli USA è ancora il fucile di precisione di grosso calibro "freccia nera", che è già venduto dalla suddetta azienda californiana Michell Arms. Questa arma è stata sviluppata dalla Zastava all’inizio degli anni novanta, in reazione al trend mondiale degli armamenti militari completamente nuovo registrato a guerra del Golfo appena conclusa. Si tratta di fucili di grosso calibro da 12,7 millimetri o 0,50 pollici (secondo il calibro americano) con i quali è possibile colpire da grandi distanze e con enorme efficacia i veicoli terrestri, le installazioni, gli aerei a terra e altri obiettivi simili che le "semplici" armi da fanteria non possono distruggere né danneggiare.
L’esercito degli USA ha adottato per la prima volta questo tipo di armi in Kuwait nel 1991, suscitando un enorme interesse, sia tra gli altri eserciti che tra i cacciatori, ossia tra quegli estimatori di armi che desideravano avere quel tipo di fucile. Negli ultimi dieci anni si sono affermati sul mercato mondiale parecchi di questi fucili di precisione di grosso calibro, o come li chiamano ufficialmente nell’esercito fucili di precisione "anti-materiali", e la Zastava ha reagito a tale trend. I suoi fucili sono recano il marchio M-93 "freccia nera" e sono stati introdotti negli armamenti dell’Esercito jugoslavo alla fine dello scorso decennio, dove sono stati usati efficacemente nei conflitti del Kosovo e nel Sud della Serbia. A tutt’oggi risulta che siano stati impiegati anche in altri conflitti, in Macedonia e Sierra Leone, mentre per il mercato civile americano – dove è lecito avere fucili di così grosso calibro, e cacciare con essi – la Zastava armi ha preparato una versione dei suoi fucili con una rifinitura speciale.
Che si tratti di armi interessanti per gli acquirenti americani lo confermano indirettamente alcuni dati. Innanzitutto una delle più lette riviste americane di armi ha scritto in modo molto elogiativo "freccia nera", dopo che la Michell Arms due mesi fa durante la più prestigiosa fiera delle armi, chiamata Shot Show, ha presentato il primo modello appena giunto da Kragujevac. Gli esperti presenti hanno accolto con favore la fabbricazione della "freccia", alcune particolari soluzioni apportate a questo fucile, il suo design e l’otturatore realizzato secondo il già menzionato sistema Mauser.
Oltre a ciò, anche il solo prezzo a cui si vende la "freccia nera" negli USA (6.500 dollari al pezzo, il che rappresenta una grossa cifra in questa classe) non sarebbe stato possibile se non si fosse trattato effettivamente di un prodotto di qualità che troverà facilmente il suo pubblico.
L’unico particolare che in una certa misura inficia il successo ottenuto dalla "freccia nera" è il fatto che questo fucile non venga pubblicizato in nessun punto del catalogo della Michell Arms come prodotto serbo e che da nessuna parte compaiano elementi indicanti che si tratta di un fucile della Zastava. Tenendo in considerazione che l’azienda americana ha offerto le sue prime "frecce nere", in serie ridotta, prima del decreto sulla normalizzazione delle relazioni commerciali con la SM, può essere che la decisione di celare la provenienza dei fucili sia stata presa proprio in considerazione di tale situazione.
La stessa Michell Arms è stata una delle aziende che già dal 1986 al 1989 importava le armi della Zastava negli USA. L’affare era passato allora attraverso il gigante statale jugoslavo Jugoimport SDPR, monopolista dei prodotti militari della ex Jugoslavia. All’azienda americana interessavano esclusivamente armi militari adeguate agli standard in vigore negli USA, dove le armi militari automatiche possono essere vendute ai civili solo se dotate di funzionamento semiautomatico. La Michell Arms aveva ordinato grandi quantità del famoso "kalashnikov della Zastava (da noi recante il marchio M-70), di fucili semiautomatici M-59/66, i famosi "papovke", e persino di vecchi M-48.
La fine di tale collaborazione è giunta con il disaccordo del marzo 1989, quando la Michell Arms ha importato l’ultima serie di 9.000 pezzi del M-70, che sono stati sequestrati dalla dogana americana perché nel frattempo era stata emanata una legge che proibiva l’importazione di quelle armi negli USA. Con grande difficoltà, una parte di quell’arsenale è stato venduto nel mondo, mentre una parte è finita per sempre nei magazzini.
Benché dopo lo scandalo Orao dello scorso anno si sia giunti alla destituzione dei vertici della Jugoimport SDPR, con l’insediamento a capo di questa azienda, per volere del premier Zoran Djindjic, del suo vicino collaboratore Stevan Nikcevic, è evidente che con questo nuovissimo affare si sono di nuovo attivate le relazioni con i rivenditori di armi americani, allacciate già ai tempi della ex Jugoslavia. Se si tiene conto del fatto che l’attuale direttore della Zastava armi, il colonnello Marinko Petrovic, è stato assegnato a questa funzione su indicazione personale del Ministero della Difesa, guidato dal vicepresidente del Partito Democratico, Boris Tadic, allora diventano chiare le storie che periodicamente circolano sottovoce: e cioè che già il premier Djindjic era cosciente che per stimolare le esportazioni serbe, e per utilizzare tali esportazioni al fine di creare una base per il resto dell’economia, fosse necessario sfruttare il potenziale dell’industria delle armi, delle munizioni, delle apparecchiature militari, ma anche sugli uomini delle unità speciali. L’evidente somiglianza con ciò che è avvenuto anche nella ex Jugoslavia dimostra che la produzione di armi economiche e affidabili e l’invio di uomini che sanno usarle nelle operazioni militari globali, rappresenta paradossalmente ancora una grande possibilità per lo sviluppo dell’economia in un paese che è stato lacerato da una guerra decennale.

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