Un’Europa ampliata, con ed oltre i Balcani

Non muri ma relazioni. Questa la strategia individuata da Commissione e Parlamento europeo per impostare il futuro con gli Stati ai confini dell’Unione. Un passo avanti, frutto dell’esperienza (e dei fallimenti) europei nei Balcani, afferma Mario Zucconi.

23/01/2004, Redazione -

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Parlamento Europeo

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Non un’Europa allargata ma un’Europa ampliata. E’ quest’ultima la parola chiave che caratterizzerà i rapporti di vicinato dell’Unione nei prossimi anni. Nel marzo del 2003 la Commissione europea ha inviato al Consiglio ed al Parlamento Europeo una comunicazione titolata "Europa ampliata – prossimità: Un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali". Vi si delineano le strategie di relazione dell’Unione con tutti gli Stati che si troveranno a lambire i suoi confini esterni. Indirizzi politici quanto mai necessari in particolare alla luce della prossima adesione di 10 nuovi Stati, tutti appartenenti all’Europa orientale. Adesione che cambierà non solo rapporti e relazioni all’interno dell’UE ma influirà in modo evidente anche sulle relazioni transfrontaliere tra i Paesi che s’apprestano a farne finalmente parte e quelli che rimarranno ancora fuori. Alcuni per poco. Altri invece forse per decenni.
I contenuti del documento "Europa ampliata – Prossimità", poi integrato da una relazione sull’argomento approvata dal Parlamento europeo lo scorso 5 novembre, sono di notevole rilevanza anche per l’area dei Balcani. Per due ragioni. Innanzitutto perché viene fatto un punto sulla situazione delle relazioni dell’Unione con il sud est Europa. E poi perché vengono discusse le nuove relazioni che andranno a crearsi tra i nuovi dieci Paesi in ingesso ed i loro vicini che non entreranno, almeno nel breve periodo, nell’Unione. Questo è un problema cruciale che rischia, se non affrontato, di ghettizzare Paesi che di tutt’altro tranne l’isolamento hanno bisogno. Sebbene le prospettive europee di Serbia, Bosnia Erzegovina, ed altri Paesi dei Balcani siano senza dubbio migliori rispetto a quelle di Ucraina, Bielorussia o Moldavia anche i cittadini del sud est Europa vedranno limitata la loro libertà di movimento in seguito all’allargamento dell’Unione. Più i confini di Schengen s’avvicinano e più ci si ritrova costretti all’interno dei propri territori nazionali. E’ il caso ad esempio dei cittadini della Serbia che anche negli anni dell’embargo potevano visitare senza problemi Budapest. Ora quel tratto del Danubio sarà per loro più difficile da ammirare. Rilevante però sembra essere stata l’esperienza maturata dall’UE nei Balcani per arrivare alla definizione del documento. Lo ricorda Mario Zucconi, estensore per conto del centro di ricerca CESPI di una breve analisi sul documento "Wider Europe". Secondo Zucconi l’Unione Europea ha preso coscienza che la prosperità e la sicurezza non possono che arrivare attraverso un faticoso lavoro di relazioni e scambi con i Paesi ai proprio confini. Utilizzando la rilevante forza di condizionamento che l’Unione ha avuto in questi anni.

Un’Europa quindi ampliata e non allargata. E’ questo lo stratagemma attraverso il quale i decisori della politica europea cercano di influire sulla stabilità di quella parte del continente che non è integrato nell’Unione e sul lato meridionale del mediterraneo. Non prospettive di integrazione quindi, troppo presto proporle a Paesi il cui divario economico e politico rispetto agli standard dell’Unione è ancora abissale, ma possibilità di legami forti, di un confine che sia impermeabile ai traffici ed ai flussi illegali ma poroso agli scambi culturali ed economici. Un’Unione che vorrebbe guardare ai suoi confini esteriori non come muri ma come opportunità.
La Commissione ritiene che la capacità dell’Unione di garantire ai propri cittadini sicurezza, stabilità e sviluppo sia indissociabile dalla necessità di intensificare la cooperazione con i Paesi limitrofi. In termini di scambi e flussi di investimenti, scambi economici, di capitale umano, di conoscenza e cultura. La Commissione ritiene che per far fronte a questa sfida l’UE dovrà rivedere tutte le sue politiche in materia di relazioni esterne, sicurezza, commercio, sviluppo ed ambiente. La filosofia del documento è quella di offrire alla Russia, ai Nuovi Stati Indipendenti occidentali, ai Paesi del Mediterraneo meridionale una partecipazione al mercato interno UE nonché un’ulteriore integrazione e liberalizzazione per favorire la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. L’area dei Balcani non è inserita nell’elenco dei Paesi che faranno parte della Wider Europe poiché è già considerata in termini di integrazione.

Il Parlamento europeo ha raccolto lo stimolo lanciato dalla Commissione e nel novembre 2003 ha prodotto una relazione, relatrice Pasqualina Napoletano, sulle prospettive di un’Europa ampliata. Vengono rimarcati alcuni passaggi della proposta della Commissione, ne vengono integrati degli altri e poi si pongono alcuni paletti, soprattutto in merito alle disponibilità finanziarie con le quali l’Unione sarà in grado di sostanziare queste indicazioni programmatiche. Si sottolinea innanzitutto l’eterogeneità e le forti differenze tra gli Stati che confinano con l’Unione. Questo implica, secondo il Parlamento, l’adozione di strumenti di collaborazione elastici e ad hoc. Emerge poi la preoccupazione che l’allargamento non crei nuovi muri o divisioni ma sia un’opportunità di nuove relazioni. Si rileva inoltre che le azioni proposte dalla Commissione sono già in gran parte realizzabili nel quadro dei programmi esistenti e si chiede che la Commissione specifichi come il quadro dell’esistente debba essere modificato per rendere concreta l’idea di una Wider Europe.
Questi due documenti che arrivano da Bruxelles sono i primi passi verso una politica che si spera riesca a sfaldare l’illusione che una "fortezza" Europa possa garantire pace e prosperità ai cittadini dell’Unione nei prossimi decenni. Per il sud est Europa significano che quest’area non si troverà ad essere "estrema frontiera" dell’Unione bensì regione di mediazione tra ovest ed est. Inoltre rappresentano una conferma dell’intrapreso percorso europeo. Pur restando quest’ultimo ancor poco definito, nella relazione sull’ ‘Europa ampliata’ approvata dal Parlamento europeo si specifica che la politica di prossimità non andrà a sostituire quella di adesione, ma queste ultime debbono restare distinte; che i fondi europei per lo sviluppo dell’area balcanica dovrebbero essere attinti non più dal capitolo finanziario delle relazioni esterne ma da quello delle pre-accesisione; infine si ribadisce che l’allargamento non dovrà creare muri, ma frontiere permeabili ai cittadini ed alle merci, perlomeno per quanto riguarda gli spostamenti transfrontalieri.

d.s

Vai a:
"Europa ampliata – prossimità: Un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali" – Commissione europea
Relazione su "Europa ampliata – prossimità: Un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali" – Parlamento europeo

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