Romania: o il sacerdozio o la politica!
L’aut aut della Chiesa ortodossa è netto. Nessuno potrà presentarsi ad elezioni pena l’allontanamento dal sacerdozio. L’opposizione plaude, il Partito Socialdemocratico è critico ma l’opinione pubblica è dalla parte delle gerarchie ecclesiastiche.
Il mese di febbraio il Sinodo della Chiesa Ortodossa Romena, presieduto dal Patriarca Teoctist, si è riunito a Bucarest per decidere in merito alla presenza del clero romeno nella vita politica del Paese. La decisione si è resa necessaria dal momento che nell’anno delle elezioni i partiti politici invitano con sempre più insistenza i sacerdoti a candidarsi. Dopo più di due giorni di dibattiti la conclusione del Sinodo della Chiesa romena del 13 febbraio ha mostrato una durezza senza precedenti. Hai sacerdoti tentati dalla politica è stato chiesto di scegliere entro dieci giorni tra la vita ecclesiastica e la candidatura. Nel caso si optasse per la seconda ogni possibilità di ritornare a rivestire l’abito religioso viene preclusa senza appello.
La Chiesa ortodossa non l’ha sempre pensata così. Negli ultimi 14 anni i sacerdoti hanno potuto partecipare alle elezioni ed essere eletti sindaci o consiglieri locali. Dei 15.000 preti ortodossi, solo qualche decina in realtà coprono cariche amministrative e sono le stesse gerarchie ecclesiastiche a sottolineare come solo in casi isolati alcuni preti siano entrati in politica. Le norme canoniche sino ad ora lo permettevano.
L’arcivescovo di Cluj, Transilvania, Bartolomeu Anania ha chiarito come sino ad ora per assumere cariche politiche ai sacerdoti veniva permesso di rinunciare per un periodo di quattro anni alla missione religiosa e, dopo aver concluso il loro mandato politico, ritornare alla chiesa. Ma ora non sarà più possibile. I rappresentanti del Sinodo hanno dichiarato che "i canoni della Chiesa non sono negoziabili" e soprattutto che "il clero lavora con l’eternità e non con i cicli elettorali".
In Romania gli ortodossi rappresentano l’86,6% della popolazione, con quasi diciannove milioni di fedeli, i romani cattolici quasi il 5% con un milione di fedeli ed i greco-cattolici lo 0,4% con circa 200.000 fedeli. Aspetti certo da non perdere di vista per la classe politica.
In una campagna elettorale si fa di tutto per attrarre voti, proponendo i canditati più credibili. E perché no, chiedendo ai sacerdoti di far parte delle proprie liste elettorali. L’incisività di una tale campagna elettorale è stata subito sanzionata dalla Chiesa ortodossa molti dei cui rappresentanti temono che in un anno elettorale la Chiesa possa essere manipolata politicamente.
Questo è ancora più vero per la situazione del tutto particolare vissuta dalla chiesa ortodossa romena che dipende molto, dal punto di vista economico, dallo Stato. Quest’ultimo paga gli stipendi dei preti e stanzia fondi per la costruzione o il restauro degli edifici di culto. Anche per questo motivo in passato alcuni preti si sono candidati alle amministrative in modo da favorire dall’interno dell’amministrazione le proprie parrocchie.
La decisione del Sinodo della Chiesa ortodossa romena ha suscitato immediate reazioni del mondo politico, della società civile e della stampa. I partiti politici che più di altri erano interessati ad ‘arruolare’ tra le proprie fila sacerdoti, in particolare alle elezioni locali, l’attuale partito al governo, Partito Social Democratico (PSD) ed il Partito Grande Romania del nazionalista Corneliu Vadim Tudor, hanno naturalmente reagito negativamente.
Il partito di Tudor avrebbe già annunciato che due sacerdoti di Cluj (Transilvania) hanno adrito al proprio partito. Molti analisti ritengono che questa sia stato l’evento che ha spinto il Sinodo a prendere una posizione netta. Voci isolate ritengono invece che la vera intenzione del Partito Grande Romania fosse proprio quella di arrivare all’opposizione del Sinodo contro la partecipazione del clero alla vita politica. Cosa che, in effetti, si è verificata.
Il Partito Sociale Democratico, il mammut della scena politica romena, continua a chiedere "clemenza" al foro supremo della chiesa affinché dia il suo consenso all’entrata in politica dei preti. I rappresentanti locali del partito Sociale Democratico vanno ancora più lontano, e avvertono la Chiesa ortodossa romena che la sua decisione potrebbe essere perdente, dal momento che nessun altro culto ha preso una tale decisione.
Ma il Sinodo della Chiesa Ortodossa Romena sembra fermo sulle proprie posizioni e si appella ai partiti politici affinché questi ultimi interrompano il reclutamento di membri del clero e non utilizzino a scopo elettorale persone, spazi o simboli della chiesa.
I partiti di opposizione che, a dire il vero, sono stati tra i primi a considerare l’ipotesi di avere sacerdoti nel partito, hanno appoggiato la decisione della Chiesa ortodossa romena. I liberali hanno fatto appello a tutti gli altri culti religiosi praticati in Romania chiedendo di adottare posizioni simili a quella della Chiesa ortodossa.
La presa di posizione della Chiesa ortodossa romena è stata vista anche in un contesto più ampio. Più sul lungo termine, correlata alla futura elezione del successore dell’attuale Patriarca (il Patriarca Teoctist ha 89 anni). Partecipando ora alla vita politica o amministrativa, alcuni sacerdoti potrebbero assicurarsi l’appoggio del mondo politico per le elezioni alla più alta carica della Chiesa ortodossa romena. Secondo la Costituzione, i culti religiosi sono liberi di organizzarsi, sono autonomi rispetto allo stato e godono del suo appoggio. Ciò non esclude però che una qualche influenza non esista anche a questo livello.
Secondo i sondaggi sulla fiducia dei romeni verso le istituzioni, la Chiesa occupa il primo posto, seguita dalle Forze Armate. Con la presa di distanza rispetto ad una possibile partecipazione da parte dei preti alle elezioni di quest’anno, la Chiesa ortodossa non delude certo i romeni. Molti sondaggi avevano messo in risalto la contrarietà dell’opinione pubblica romane ai sacerdoti in politica.
Con questa decisione la Chiesa ha guadagnato sicuramente qualche punto in immagine, rafforzando la sua posizione di equidistanza rispetto ai contendenti in campo. Se è riuscita a tenersi lontano dai giochi politici durante il regime comunista, talvolta con il sacrificio supremo, in democrazia niente dovrà deviarla dalla sua linea. Inoltre dopo l’89 la Chiesa ortodossa romena si è guadagnata la fama di chiesa aperta dal punto di vista ecumenico, la prima ad invitare il Papa a visitare un Paese ortodosso, nel maggio 1999, aprendo così una nuova pagina nella storia delle due chiese alla ricerca dell’unità cristiana.
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