Bulgaria: vittime dell’Everest
Himalaya. E’ la stagione delle conquiste. Moltissime le spedizioni che mirano, tra le altre, alla cima dell’Everest. Intanto la montagna continua a mietere vittime. La Bulgaria e l’alpinismo.
Il 24 maggio scorso la Bulgaria festeggiava i monaci Cirillo e Metodio, inventori dell’alfabeto cirillico. Ma il giorno di festa nazionale è stato in parte oscurato dalle notizie che arrivavano dall’Himalaya. Era stato ritrovato infatti il corpo senza vita di Hristo Hristov, alpinista ventiseienne che aveva raggiunto la cima dell’Everest lo scorso 20 maggio ed era poi sparito nel nulla.
Assieme ad altri due scalatori bulgari, Nikolay Petkov e Doychin Boyanov, era partito per la cima senza maschera d’ossigeno. Si era però un po’ attardato e staccato dai suoi compagni d’arrampicata. Il suo corpo è stato scorto dall’alpinista russo Alexander Abramov, quattro giorni dopo, a circa 8680 metri d’altezza. Il motivo della morte è stato probabilmente mancanza d’ossigeno e sovra-affaticamento. I media bulgari hanno dato grande rilievo alla notizia e tutti citano una frase di uno scalatore rumeno che avrebbe fatto parte dell’ascesa assieme Hristov: "saliva senza ossigeno, il suo viso sembrava uscito da un film dell’orrore. Ad un certo punto si è disorientato e non riusciva più ad uscire dalla tempesta di neve".
Hristov era un membro della spedizione bulgara "Everest 2004" costituita per festeggiare il ventiseiesimo anniversario della prima conquista bulgara del monte Everest. Il 20 aprile del 1984 Hristo Prodanov divenne il terzo uomo a riuscire nell’ascesa dell’Everest senza maschera d’ossigeno. Non l’utilizzò ma rimase sull’Everest per sempre. Fu il primo dei sette bulgari che poi morirono tentando di scalare cime della catena himalayana.
E proprio una nipote del celebre alpinista Prodanov, Mariana Maslarova, è stata la seconda vittima bulgara dell’Everest in pochi giorni. La notizia della sua morte è arrivata lo scorso 29 maggio. Era scomparsa il giorno del ritrovamento del corpo di Hristov.
Venti anni dopo, le stesse critiche
I commenti sulla morte di Hristov sono stati molti, anche in seno alla comunità di alpinisti bulgari. Alcuni di questi ultimi hanno accusato i compagni di scalata di non aver avuto alcuno spirito di squadra. Doichin Vassilev, lo scalatore bulgaro che ha scalato la maggior parte di ottomila, è stato tra quelli che ha maggiormente criticato la spedizione e già mesi fa aveva preannunciato la tragedia. "Prodanov si rivolterà nella tomba se sapesse cosa avviene per il suo anniversario", aveva affermato "vent’anni dopo facciamo i suoi stesi []i, se non addirittura peggio". La decisione di scalare gli ottomila senza ossigeno in nome del raggiungimento di "un’impresa più significativa" rasenta, a suo avviso, la pazzia.
Anche secondo un altro famoso alpinista bulgaro, Zaprian Horozov, l’organizzazione della spedizione è stata pessima. Ed uno dei problemi era rappresentato dall’ambizione di salire senza ossigeno. "Ed il rischio è, a causa della mancanza d’ossigeno, di entrare nelle allucinazioni, di uscire di senno .." ha chiarito Horozov. Un altro alpinista restato però anonimo ha criticato Nikolai Péetkov e Doichin Boyanov per aver abbandonato Hristo Hristov. "Un grave []e farlo a soli 50 metri dalla cima", ha affermato.
Oltre i limiti
Cosa è successo sull’Everest? Sono venute meno le forze a Hristov? Ha incontrato una situazione meteorologica problematica? Era male equipaggiato? Sono domande, ricorda il quotidiano Dnevnik, che erano state poste anche vent’anni fa. Dnevnik poi accusa l’irresponsabilità delle nuove generazioni di alpinisti. "Hanno superato i limiti del rischio, la loro natura ha bisogno di continue sfide. Sono ben allenati, ben equipaggiati e spesso operano senza sponsor o assicurazioni. Scalano a loro spese. Nel caso di Hristov ha affrontato l’avventura addirittura senza sherpa e senza ossigeno", si scrive dalle colonne di Dnevnik.
Altri invece sottolineano il fatto che l’alpinismo in alta quota comporti rischi altissimi. Lo fanno per discolpare i compagni di scalata di Hristov dalle accuse di averlo abbandonato. "Non possiamo aspettarci che ci siano operazioni di salvataggio a quelle quote" chiarisce Dimitar Bardarev, dell’Accademia nazionale dello sport. "L’unica possibile assistenza in quell’occasione sarebbe dare un po’ di ossigeno od un thé caldo. L’alpinismo estremo è uno sport puramente individuale. Nessuno può aiutare qualcun altro. E’ impossibile", ha aggiunto Anton Hidzhov, tra gli allnatori della spedizione "Everest 2004".
La tradizione alpinistica bulgara
Nel novembre del 1929, 18 persone, in gran parte appartenenti all’élite culturale del Paese, fondarono Slavianska reseda, il primo club alpinistico di Sofia. Agli anni ’60 risalgono poi le prime imprese sulle Alpi e nel Caucaso. 917 alpinisti bulgari realizzarono più di 1500 ascese nel Caucaso e 800 alpinisti bulgari più di 1800 ascese nelle Alpi. Si apre allora un ventennio di adesione di massa all’alpinismo: nel Paese nascono più di 105 club alpini con più di 2000 aderenti. Negli anni ’70 alcuni di questi club organizzarono spedizioni alla conquista di molti settemila in prevalenza nelle regioni del Pamir, del Tian Shan e dell’Hindu Kush. Il periodo dell’Himalaya scatta poi nel 1981 quando viene organizzata una spedizione per scalare la cima del Lhoce. Da allora alpinisti bulgari hanno scalato nove delle quattordici cime al mondo sopra gli ottomila. Attualmente in Bulgaria vi è una Federazione di venti club alpini per un totale di circa 700 soci.
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