Slovenia: tra porte e finestre
Leonardo Barattin percorre ogni anno migliaia di chilometri sulle strade dell’est Europa in veste di consulente per un’azienda del nord est. Un suo reportage sulla lavorazione del legno in Slovenia.
Tra i settori di punta dell’industria slovena vi è quello della lavorazione del legno per la produzione di porte e finestre. Ramo produttivo di tradizione consolidata e capace di raggiungere e mantenere buoni standard qualitativi ha conosciuto un forte sviluppo in epoca jugoslava. Nel quadro della specializzazione produttiva propria di ciascuna Repubblica la Slovenia rivestiva un ruolo di primaria importanza in quest’attività che si inserisce nell’indotto dell’edilizia e dell’arredamento – complice anche l’abbondanza di zone boschive e di legno da taglio che caratterizzano larga parte del suo territorio.
Abete e larice sono le essenze autoctone di maggior utilizzo, mentre rovere e faggio sono principalmente importati, rispettivamente da Slavonia e Bosnia. "Le grandi imprese del settore acquistano anche altre varietà di legno da Russia e Romania" dicono all’ufficio acquisti di K-LES, azienda produttrice della Slovenia del nord "Spesso, però, le essenze importate da questi due Paesi sono di bassa qualità e non vengono destinate alla lavorazione. Così, ad esempio, il legno romeno viene di norma utilizzato per gli imballi".
Come nel caso del colosso degli elettrodomestici Gorenje, il nome delle grandi compagnie di Stato di un tempo – oggi impegnate nella produzione di alti numeri di porte e finestre in veste di aziende private – è tuttora ben noto ad un vasto pubblico della ex-Jugoslavia: Kli, Jelovica e Lesna svettano sugli altri produttori sloveni in quanto a fama ed hanno ancora oggi una forte capacità di penetrazione commerciale nel territorio ex-jugoslavo. La concorrenza delle poche ma ben organizzate industrie del legno croate si fa sentire, ma la forza delle imprese slovene è ancora elevata all’interno delle diverse ex-"repubbliche sorelle". "Siamo in fase di lavorazione e di consegna di importanti commesse destinate alla Macedonia" racconta Franci Habjan – responsabile di produzione di Lesna -, proprio mentre i camion provenienti da quell’area si alternano sul piazzale riservato al carico dei serramenti imballati; e non bastassero le continue parole di tecnici e dirigenti di queste industrie a sottolineare i loro forti interessi commerciali nel perimetro della ex-Jugoslavia la costante presenza di KLI e Jelovica alle annuali fiere di settore di Zagabria e Sarajevo ne costituisce un indice ulteriore.
Accanto a queste tre aziende maggiori esiste poi un panorama variegato di imprese medie e piccole disseminate su larga parte del territorio nazionale: alcune sono eredi di vecchie imprese statali (un tempo specializzate magari nelle sole attività di segheria e prima lavorazione); altre sono legate a cooperative contadine di lungo corso, oggi composte da più società specializzate in diversi ambiti produttivi, dotate di reti di distribuzione capillari e capaci di alti fatturati; altre ancora, di dimensione varia, sono probabilmente l’evoluzione di piccole imprese artigiane ovvero il frutto della iniziativa e dell’ingegno di ex-dipendenti delle fabbriche di Stato messisi in proprio. In questo quadro sono anche da menzionare i cosiddetti "portaioli" (tra i quali Lip Bled e Liko Lesna), specializzati nella sola produzione di porte interne ed esterne e dotati di impianti che consentono loro di produrre e distribuire in Slovenia e nei mercati esteri numerose decine di migliaia di porte all’anno.
Il management della gran parte delle imprese del legno – soprattutto quello delle compagnie più quotate sul mercato – ha subito un fortissimo ricambio a partire dalla metà degli anni Novanta: un fenomeno, questo, che ha visto il rapido pensionamento della generazione degli jugo-managers e che ha aperto la strada ad una generazione di trentenni e quarantenni che ora occupano le posizioni decisionali in ambito tecnico, commerciale e direzionale.
Nonostante la concorrenza dei più economici serramenti in PVC o in alluminio e l’appiattimento su modelli funzionali ed estetici tedeschi, l’industria del legno slovena rimane vitale, soprattutto grazie ad una pluralità di mercati esteri di sbocco della produzione. Il problema di un mercato interno estremamente limitato sotto il profilo demografico (una questione, questa, avvertita in più contesti) viene infatti superato attraverso un’intensa commercializzazione del prodotto all’estero: Germania, Austria ed ex-Jugoslavia (in particolare Bosnia, Macedonia e Kosovo) sono tra i principali mercati di destinazione, seguiti a distanza da Italia, Russia ed altri Stati dell’Europa Orientale.
E le relazioni economiche con l’Italia? La necessità di produrre serramenti destinati a soddisfare i mercati di lingua tedesca, unita a modelli culturali profondamente imbevuti di riferimenti al mondo germanico e ad un’ammirazione per la tecnologia, l’organizzazione, i metodi di lavoro e la qualità di matrice austro-tedesca spingono i produttori sloveni a privilegiare fornitori di quest’area geografica e culturale. Così, nonostante la presenza di macchine, attrezzature e componenti italiane nel settore del legno sloveno non sia per nulla trascurabile, le competenze italiane vengono spesso pesate sulla sua capacità di essere "all’altezza del maestro tedesco". Difficile quindi l’attecchimento e radicamento nel mercato sloveno.
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