Milosevic, novembre 2004
A margine del convegno di Campolongo Maggiore su "La giustizia internazionale nei conflitti balcanici", la Procuratrice Capo del Tribunale dell’Aja, Carla Del Ponte, ha incontrato alcuni giornalisti presenti. Le domande si sono incentrate in modo particolare sul processo Milosevic. La trascrizione del colloquio
A questa sessione hanno partecipato Osservatorio sui Balcani, Il Gazzettino e Radio 24 – Il sole 24 ore.
Il processo Milosevic, la fase attuale
Carla Del Ponte: A febbraio di quest’anno abbiamo finalmente potuto terminare di presentare le prove d’accusa. Come voi sapete, il nostro è essenzialmente un sistema di common law, tutte le prove devono essere presentate. Abbiamo avuto diversi ritardi, perché quando Milosevic aveva la pressione troppo alta non veniva in aula. Abbiamo perso diverse settimane per questo motivo. Naturalmente poi si tratta di dieci anni di crimini, ci vuole tempo. Bisogna portare tutte le prove dei crimini di base e poi le prove della responsabilità penale del leader politico. In giugno, Milosevic avrebbe dovuto cominciare la presentazione della difesa, ma questa fase non ha potuto essere avviata che a settembre. In settembre poi i rapporti dei medici hanno confermato la nostra supposizione, cioè che Milosevic prendeva le pillole contro la pressione alta quando voleva, e quando invece voleva interrompere il processo non le prendeva, in definitiva non seguiva le terapie. Lui si è giustificato in aula dicendo che il suo medico di Belgrado gli aveva prescritto di prendere qualcos’altro, insomma una querelle medico scientifica che ha fatto sì che fino a settembre non abbiamo potuto riprendere. Naturalmente fin dall’inizio di questo processo noi volevamo che la Corte decidesse di imporgli un difensore di fiducia o d’ufficio. La Corte all’inizio non voleva, ma poi ha deciso per il sì, per un difensore d’ufficio, anzi due, scegliendo l’avvocato Kay, che faceva parte del gruppo di amici curiae. Abbiamo cominciato, solo che molti testi si sono rifiutati di comparire perché dicevano che la Corte aveva violato il diritto di Milosevic a difendersi da solo, e quindi loro rifiutavano di presentarsi. Il difensore d’ufficio ha potuto far venire solo 5 testimoni in un mese. Lavoriamo solo tre giorni alla settimana, sempre per le condizioni di salute di Milosevic, e adesso siamo bloccati di nuovo perché non ci sono i testi. Ora la procedura permette alla Corte di emanare un ordine sub poena, e di farli venire, ma intanto siamo nuovamente bloccati per due settimane. Il difensore d’ufficio ha infatti presentato appello contro la propria nomina, perché Milosevic si era espresso contro questa decisione. In questi giorni ci sarà l’udienza sull’appello, spero che questa decisione venga presa la settimana prossima i giudici della Camera d’Appello hanno deciso che Milosevic ha il diritto di continuare a difendersi da solo, sostenendo allo stesso tempo in linea di principio la decisione della Corte di assegnare a Milosevic un difensore d’ufficio. Quest’ultimo dovrà tuttavia svolgere un ruolo meramente suppletivo e intervenire in rappresentanza dell’accusato solo nel caso questo sia impossibilitato a difendersi da solo per le cattive condizioni di salute, ndr. Direi che siamo in un momento molto delicato e difficile. Il difensore non vuole più fare il difensore, aspettiamo una decisione d’appello, i testi non vogliono comparire. Io come Procuratore sono a posto, il mio caso l’ho presentato.
Quali sono i capi d’accusa?
Carla Del Ponte: Ci sono capi d’accusa relativi al primo conflitto, la Croazia, poi la Bosnia Erzegovina, diversi massacri, incluso il più importante che è quello di Srebrenica, e su Srebrenica abbiamo presentato l’accusa di genocidio, e poi naturalmente il Kosovo. Per il Kosovo si tratta di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, così come per la Croazia. Milosevic, in quanto la più alta personalità politica nella ex Jugoslavia, secondo le prove che abbiamo, porta la responsabilità dei crimini commessi in questo conflitto. Come sapete l’articolo 7 del nostro Statuto, in particolare al comma 3, prevede non solo la responsabilità di chi ha ordinato, pianificato, fatto eseguire questi crimini, ma anche quella di chi – responsabile politico o militare – sapeva che questi crimini venivano commessi e non ha fatto niente per impedirli, o addirittura non ha fatto niente per punire i responsabili. Si tratta della responsabilità di comando.
La sentenza di appello nel processo Krstic ha provato definitivamente che quello di Srebrenica è stato un genocidio, ma come sarà possibile provare che Milosevic sapeva?
Carla Del Ponte: Il processo è in corso e non mi autorizzo io stessa a parlarne. Ne parleremo al momento della requisitoria che verrà fatta alla fine della presentazione delle prove, non posso discutere qui con voi i dettagli del processo anche per rispetto alla Corte, i primi a sentire la discussione tra le parti devono essere i giudici e poi dopo ne potremo parlare liberamente, quando sarà chiuso.
Quando vi aspettate che si possa arrivare ad una sentenza?
Carla Del Ponte: La Corte ha deciso che entro ottobre 2005 Milosevic deve finire di presentare le sue prove. Quindi ha 150 giorni di udienza, fino a ottobre 2005. Questo è stato stabilito, c’è un ordine della Corte. Al termine di questa fase ci vorrà forse ancora qualche mese, noi avremo ancora qualche teste da sentire, e poi passeremo alle requisitorie. Credo che al più tardi finiremo nella primavera del 2006.
Negli ultimi mesi Milosevic ha usato quasi degli espedienti per non sostenere il processo, per chiamarsi fuori. Secondo lei questo è un segno che si sente alle corde?
Carla Del Ponte: Non credo che Milosevic si chiami fuori dal processo, lui fa una difesa essenzialmente politica sin dall’inizio. Non riconosce il Tribunale, non riconosce naturalmente l’istituzione in quanto tale, fa i contro interrogatori, quando parla si indirizza al suo popolo serbo, lo dice apertamente. Non si sottrae, ma non vuole che questo processo finisca.
Il numero di testimoni che ha chiamato è imponente…
Carla Del Ponte: Sì, ma intanto non ne abbiamo neanche uno che venga. Lui l’ha detto in questi giorni in aula, arrabbiatissimo, affermando che è stato violato il suo diritto di difendersi personalmente. Il presidente della Corte gli ha detto che se aveva delle domande da fare dopo il difensore poteva farlo, ma lui si è rifiutato, sostenendo che il suo difensore sbagliava tutto, che rovinava le testimonianze.
E’ cambiata la strategia di Milosevic?
Carla Del Ponte: No, continua a non riconoscere il Tribunale tanto è vero che dice il difensore che avete nominato è il difensore vostro, non il mio.
Milosevic non è l’unico responsabile dei crimini di guerra in ex Jugoslavia, sono ancora molti i pezzi grossi che aspettano di essere presi…
Carla Del Ponte: Sì, purtroppo sì
Vi aspettate che cambi qualcosa, che vengano arrestati Karadzic e Mladic?
Carla Del Ponte: Io sto alla decisione del Consiglio di Sicurezza che ha menzionato esplicitamente Karadzic, Mladic e Gotovina. Questo Tribunale non chiude le sue porte fintanto che questi tre non passeranno in giudizio all’Aja. La comunità internazionale fa pressione nei confronti del Tribunale perché si celebrino questi processi, affinchè si possa finire il più presto possibile, perché il Tribunale costa troppo. Noi abbiamo detto va bene, facciamo il possibile, ma l’impossibile non lo possiamo fare, quindi i latitanti devono essere arrestati. Io ne ho 21. Noi lavoriamo perché si arrivi ad averli, per quel poco che possiamo fare noi, il resto deve essere fatto dalle autorità locali, noi non possiamo procedere all’arresto. Se anche io identifico o localizzo qualcuno, devo poi passare le informazioni alle autorità locali per l’arresto.
C’è collaborazione con le autorità locali?
Carla Del Ponte: Con alcune. Le difficoltà attualmente sono soprattutto con Belgrado e con la Republika Srpska, ossia con Banja Luka.
Il processo Milosevic ha catalizzato l’attenzione dell’Occidente relativamente alla discussione sui crimini di guerra. Secondo lei si può parlare di una volontà di semplificare e in qualche modo rimuovere?
Carla Del Ponte: Non credo proprio, anche per quella che è la situazione mondiale attuale. Con tutte le difficoltà che abbiamo, noi siamo pur sempre la prova vivente che si può e si deve poter perseguire questo tipo di reati, dei quali fino all’esistenza del Tribunale per la ex Jugoslavia nessuno si occupava. Ora è una è realtà, ed è stata creata anche la Corte Permanente, quindi credo che la sensibilità ci sia. Naturalmente ci sono anche difficoltà politiche, però l’importante per esempio è che la Corte Permanente possa iniziare a lavorare. Poi che non venga il successo pieno subito, questo non è importante, lo vediamo noi anche su di una scala più piccola, nel senso che siamo limitati nella nostra giurisdizione alla ex Jugoslavia, e vediamo quali sono i problemi, ma l’importante è non mollare mai. Milosevic siamo riusciti ad averlo, ma anche Karadzic e Mladic li avremo. Naturalmente sarebbe meglio poterli avere in tempi più rapidi.
In giugno si era parlato addirittura di una prossima resa di Karadzic…
Carla Del Ponte: L’unica volta che ha mandato messaggi dichiarando che era pronto a costituirsi era il ’99, poi non ci sono più stati contatti.
Recentemente è stato presentato un suo libro a Belgrado…
Carla Del Ponte: Sì, e siccome l’Unione Europea ha richiesto di bloccare tutti gli averi dei latitanti, ho subito fatto sapere che si bloccheranno anche gli eventuali proventi della vendita del libro di Karadzic, oltre alle pensioni che ricevono. Mladic riceve una pensione militare dal governo di Belgrado…
Gli viene corrisposta?
Carla Del Ponte: In ogni caso veniva corrisposta fino a poco tempo fa, abbiamo chiesto che venga bloccata. Gliela si darà nel momento in cui verrà arrestato, così la potrà utilizzare per pagare i suoi difensori. L’Unione Europea ha emanato questa decisione che secondo me è importantissima, perché la latitanza costa, costa in protezione, costa in corruzione.
Vedi anche:
La giustizia internazionale nei conflitti balcanici: intervista a Carla Del Ponte