Uranio impoverito: negli alimenti che provengono da Bosnia Erzegovina e Kossovo?
Con un proprio decreto il Ministro Sirchia ha avviato un monitoraggio in particolare su funghi, cereali, altri vegetali, prodotti lattiero-caseari e prodotti ittici. Alla ricerca di uranio ed arsenico.
E’ stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 28 ottobre scorso. Il Ministero della salute ha emesso un decreto con il quale si avvia un programma di monitoraggio sulle derrate alimentari provenienti da Bosnia Erzegovina e Kossovo.
Sono due i contaminanti chimico-fisici ricercati: uranio ed arsenico. Si ritorna quindi a parlare di uranio impoverito. Non è chiaro se quest’iniziativa del Ministero avvenga solo ora a causa dei ritardi caratteristici della nostra burocrazia, l’iter sarebbe stato in questo caso avviato nel 2000, in seguito alle prime polemiche sulle morti sospette dei militari italiani deceduti per la "Sindrome dei Balcani", oppure se Sirchia sia intervenuto a seguito di nuovi elementi non ancora resi pubblici.
Molto più probabile è la prima ipotesi. Certo è che, dopo le numerose denunce di pacifisti ed ambientalisti, anche le autorità si preoccupano per la salute dei consumatori italiani e quindi si ritiene che sia almeno da verificare l’ipotesi che in Bosnia Erzegovina ed in Kossovo i bombardamenti NATO con proiettili all’uranio impoverito abbiano causato forti contaminazioni che rischiano di avere conseguenze gravi sulla salute rispettivamente a 9 anni ed a 5 dai bombardamenti.
Difficile comunque che queste analisi, a così tanti anni di distanza e specifiche rispetto ai prodotti che provengono dai luoghi bombardati e quindi con il rischio contaminazione più alto, riscontrino la presenza di contaminanti chimico-fisici. D’altronde già in passato una ricerca svolta in Bosnia Erzegovina dall’UNEP aveva riscontrato bassi livelli di radioattività nelle zone colpite con proiettili all’uranio impoverito – percentuali ritenute in quell’occasione dagli esperti UNEP non pericolose per la salute – ma Pekka Haavisto, responsabile di quella missione avvenuta nel 2002 aveva tenuto a precisare che in ogni caso si era intervenuti tardi e che quindi le analisi fatte in quell’occasione poco potevano dire rispetto ai tassi di contaminazione raggiunti negli anni precedenti. Ora il monitoraggio italiano interviene a sua volta a ben 2 anni di distanza dalla già ritardataria missione UNEP.
Se invece si verificasse il contrario, e quindi si riscontrasse presenza di uranio ed arsenico nei prodotti agroalimentari provenienti da Bosnia Erzegovina e Kossovo, allora significa che il livello di contaminazione è stato ed è tutt’ora altissimo e che tutta la popolazione bosniaca sta correndo gravi rischi per la propria salute.
Ma, augurandosi che questo non avvenga, anche esiti negativi non sarebbero sufficienti ad uscirne rassicurati. I morti tra i militari italiani ci sono stati e continuano a verificarsi ed in Bosnia Erzegovina sembra che in alcune aree colpite da proiettili all’uranio impoverito il tasso di tumori sia drammaticamente alto. Purtroppo la mancanza in alcune zone dei registri tumori mentre in altre riavviati da solo pochi anni ed in maniera parziale, non rendono possibile suffragare con certezze statistiche queste impressioni.
C’è un’ipotesi che in Italia sembra in parte rimossa sulle morti legate all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito. E’ quella che già da qualche anno sta verificando la Dottoressa Antonietta Gatti, dell’Università di Modena e responsabile del progetto "Approccio bioingegneristico alla Sindrome dei Balcani". Secondo quest’ultima infatti i tumori e le leucemie riscontrate nei militari italiani non sarebbero direttamente legati all’esposizione alla radioattività dell’uranio impoverito, ma bensì alle nanoparticelle non biocompatibili che si formano durante le esplosioni ad alte temperature tipiche dei proiettili all’uranio impoverito e al tugsteno. Polveri che poi entrano nella catena alimentare e così nel corpo umano. Quindi, in base ai risultati ottenuti dalla Dott. Gatti, la presenza di queste nanoparticelle non biocompatibili nei tessuti umani di soggetti affetti da tumori, è da ritenersi altamente correlabile all’insorgenza della malattia. Secondo la Gatti quindi non basterebbe riscontrare la bassa radioattività per affermare che i proiettili all’uranio impoverito non sono pericolosi.
Un’ultima domanda che solleva questo decreto. Perché si parla anche di arsenico? Potrebbe essere logico parlarne se si trattasse di prodotti provenienti dalla Serbia e quindi se si temessero le conseguenze dei bombardamenti sul centro petrolchimico di Pancevo, nel 1999, ma perché temere la presenza di arsenico in Bosnia Erzegovina e Kossovo?
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