Lento disgelo tra Turchia e Armenia

La definizione dei confini, il riconoscimento del genocidio del 1915 e il conflitto tra Armenia e Azerbaijan sono i principali problemi che dividono Ankara da Erevan. Le frontiere tra i due Paesi sono chiuse, non ci sono rapporti diplomatici. Alcuni segnali sembrano però indicare un lento disgelo. La intervista del quotidiano turco Zaman al Ministro degli Esteri armeno

11/02/2005, Fabio Salomoni - Ankara

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La madre Armenia (museo Ararat-Eskijian)

Si moltiplicano ormai negli ultimi tempi i segnali di un lento disgelo nei rapporti tra la Turchia e la Repubblica Armena. I due paesi non hanno relazioni diplomatiche e la Turchia ha chiuso le proprie frontiere con l’Armenia applicando un embargo economico.

Una decisione che contribuisce ad aggravare le già difficili condizioni del paese caucasico.

Le ragioni con cui Ankara motiva la sua politica verso l’Armenia sono sostanzialmente tre: in primo luogo la Turchia ritiene che la Repubblica Armena di fatto non riconosca il Trattato di Kars che, nel 1921 ha sancito i confini tra l’allora Unione Sovietica e la Turchia.

Secondo Ankara, sia la Costituzione che altri documenti ufficiali della Repubblica Armena fanno riferimento alla Turchia nord-orientale chiamandola Armenia Occidentale. Inoltre nello stemma della Repubblica Armenia vi è il monte Ararat, che si trova in territorio turco.

Il secondo motivo riguarda l’occupazione da parte armena del 25% del territorio dell’Azerbaijan, come conseguenza della guerra nel Nagorno Karabakh. Un conflitto che ha provocato più di 20.000 vittime e imponenti movimenti di profughi, 1.000.000 dei quali Azeri che si sono rifugiati a Baku. Gli Azeri sono etnicamente e linguisticamente Turchi, ed in nome di questa comune appartenenza, la Turchia, a partire dalla indipendenza dell’Azerbaijan nel 1991, ha preso le parti degli Azeri nella disputa con gli Armeni.

La terza ragione è legata alle accuse di genocidio rispetto ai massacri del 1915, accuse che la Repubblica Armena sosterrebbe anche con l’aiuto delle comunità della Diaspora.

L’atteggiamento della Turchia è sempre stato quello di un radicale rifiuto di queste accuse. Ankara sostiene poi che dietro la richiesta del riconoscimento del genocidio ci sarebbe da parte armena la volontà di chiedere risarcimenti economici e soprattutto rivendicazioni territoriali, relative alla parte nord-orientale della Turchia.

Alcune iniziative che si sono realizzate negli ultimi tempi però indicano come l’atteggiamento ufficiale di Ankara si stia lentamente modificando.

Un rapporto presentato da una commissione parlamentare ha recentemente proposto che vengano ascoltati dal Parlamento turco due noti intellettuali armeni che vivono in Turchia: Hrant Dink, direttore della rivista armena Agos, ed il politologo e giornalista Etyen Mahcupyan. Lo stesso rapporto poi conteneva la proposta di esercitare maggiori pressioni perché gli archivi storici di Russia, Armenia, Francia ed Inghilterra siano consultabili.

Ancora più rilevante è la decisione del Consiglio della Storia Turca (TTK) di organizzare un Forum di Discussione sulla questione armena nel prossimo aprile, in coincidenza con il 90 anniversario dei "fatti" del 1915. Il Consiglio per la Storia turca è un’istituzione ufficiale fondata da Ataturk e costituisce il luogo di produzione e custodia della versione ufficiale della storia repubblicana. Sarebbe la prima volta che una istituzione ufficiale decide di organizzare un’occasione in cui dibattere del problema armeno e soprattutto delle tesi del genocidio. Significativo è poi l’invito rivolto ad Hrant Drink ad essere il moderatore del dibattito. All’iniziativa è stato inoltre invitato il professor Taner Akcam, uno storico turco che lavora negli Stati Uniti. Il professor Akcam è l’autore di un libro, apparso negli anni scorsi in Turchia, "La questione armena e l’identità nazionale" fortemente critico verso la versione ufficiale sostenuta dalla Turchia.

Anche sul piano delle relazioni con la Repubblica Armena si registrano timidi passi in avanti. Nelle scorse settimane sono state completate le procedure per l’apertura di un secondo corridoio aereo tra la Turchia ed Erevan.

E’ stata accolta poi con molto favore in Turchia l’iniziativa del Parlamento Europeo che, lo scorso 25 gennaio, dopo aver esaminato il rapporto presentato dal parlamentare inglese Atkinson, ha chiesto all’Armenia di mettere fine all’occupazione del territorio azero. Il rapporto segnalava anche come l’occupazione armena faccia temere la volontà di operare una pulizia etnica nella regione.

L’intervista al Ministro degli Esteri della Repubblica Armena Vartan Oskanyan, apparsa sulla prima pagina del quotidiano Zaman, molto vicino agli ambienti di governo, rappresenta un’ulteriore, piccolo ma significativo, indizio dell’evoluzione in atto ad Ankara.

Intervista al Ministro degli Esteri della Repubblica Armena, Vartan Oskanyan
di Cumail Onal, Zaman, 25.01.2005

Il Presidente Erdogan ha dichiarato che il non riconoscimento da parte armena del Trattato di Kars costituisce una delle ragioni della mancata normalizzazione delle relazioni tra i due paesi. Perché non riconoscete il Trattato?

Vartan Oskanyan: Sono state una sorpresa per me le parole del Presidente Erdogan. Fino ad ora non c’è stata nessuna presa di posizione da parte di leader armeni riguardo il rifiuto di riconoscere il Trattato. Noi siamo uno dei paesi che rappresentano la continuazione dell’Unione Sovietica. Non avendo firmato nessun nuovo trattato che annulli il precedente e non avendo fatto nessuna dichiarazione in direzione di un non riconoscimento dei trattati conclusi tra l’Unione Sovietica e paesi terzi, i trattati stipulati sono ancora in vigore.

Qual è il suo punto di vista sulla fine dell’occupazione armena del territorio azero?

Vartan Oskanyan: La Turchia non può ridurre la questione del Nagorno Karabagh a un problema territoriale. La questione è molto più complessa: profughi, sicurezza, territorio. Prima della comparsa del problema del Nagorno Karabagh nessuna porzione di territorio azero era sotto il controllo armeno. L’occupazione armena è una conseguenza del problema del Nagorno Karabagh. La parte turca mostra una certa confusione in materia di relazioni causa-effetto. Non si arriva ad una soluzione separando le cause dagli effetti. Il problema sta nella non volontà di Baku di affrontare la discussione di questo aspetto. Non è che non vogliamo arrivare ad una soluzione, semplicemente vogliamo che si affronti la questione nella sua complessità.

Come giudica il possibile ruolo della Turchia come mediatore?

Vartan Oskanyan: Essendo parte in causa la Turchia non può assumere un ruolo di questo tipo. La Russia ad esempio non pone nessuna precondizione e non è parte in causa. La Turchia invece ribadisce ad ogni occasione di essere parte in causa. Se ristabilisse piene relazioni diplomatiche con l’Armenia, allora la mediazione della Turchia potrebbe essere efficace. La Turchia si ripropone sempre nel ruolo di mediatore. Noi abbiamo spesso incontri bilaterali con Ankara ed in questo senso non ci sono problemi. La questione della mediazione invece è diversa.

Un eventuale accordo tra Ankara e Mosca per un’azione comune potrebbe aiutare a trovare una soluzione?

Vartan Oskanyan: Che Turchia e Russia discutano della questione per noi non costituisce un problema. Non credo però che una collaborazione tra i due paesi possa contribuire al raggiungimento di una soluzione.

Attualmente un quinto del territorio azero è occupato dall’Armenia. Quando pensate di porre fine all’occupazione?

Vartan Oskanyan: Il Nagorno Karabagh è ormai diventato pienamente territorio armeno. Per quando riguarda gli altri territori, essi costituiscono un problema tra Armenia e Azerbaijan. Durante l’epoca sovietica il Karabagh era parte dell’Azerbaijan. Quando poi è scoppiata la guerra con l’Azerbaijan, naturalmente l’Armenia ha sostenuto il Nagorno Krabagh.

Cercate di ottenere il sostegno dei paesi occidentali, a partire dagli USA, per le vostre rivendicazioni riguardo la questione del genocidio. Il vostro obbiettivo è quello di ottenere risarcimenti o concessioni territoriali?

Vartan Oskanyan: Guardate la carta geografica. Le dimensioni, geografiche, economiche e demografiche della Turchia sono evidenti. L’Armenia è un paese piccolo e povero. Nell’agenda della nostra politica estera non ci sono né richieste di risarcimento né territori. C’è solamente il riconoscimento da parte della Turchia e dell’opinione pubblica internazionale del genocidio.
Quello che si è compiuto nel 1915 è chiaramente un genocidio. I Turchi in proposito hanno tesi diverse. Lasciamo che le persone ne discutano apertamente. Siamo entrambe società democratiche. Non deve preoccupare il fatto che gli Armeni cerchino di portare la questione all’attenzione dell’opinione pubblica di altri paesi. Del resto anche la Turchia può fare opera di lobbing.
Quello che è importante è che l’Armenia non ha mai sostenuto che la Turchia deve riconoscere il genocidio, come precondizione per ristabilire relazioni diplomatiche. Con il dialogo è possibile risolvere il problema, ma se non esistono relazioni diplomatiche, come si fa? Quando non si riesce a risolvere il problema a livello dei due governi, è naturale poi che si cerchi una soluzione anche attraverso canali diversi

Ritiene che per entrare nell’Unione Europea, la Turchia riconoscerà le vostre rivendicazioni?

Vartan Oskanyan: Attualmente ci sono due distinti problemi tra i nostri paesi: la chiusura delle frontiere ed il genocidio. Il riconoscimento del genocidio non è una condizione per la normalizzazione dei rapporti bilaterali. Invece l’apertura delle frontiere lo è. Nessuno può pensare a normali relazioni tra due paesi, quando le frontiere sono chiuse. Al contrario le relazioni potrebbero normalizzarsi anche senza il riconoscimento del genocidio. Noi abbiamo portato la questione delle frontiere all’attenzione dell’Unione Europea. Il genocidio è una questione più generale, morale. Anche l’Unione Europea chiede alla Turchia un riconoscimento. Noi ci attendiamo che queste questioni torneranno d’attualità alla fine di quest’anno, in coincidenza con l’inizio delle procedure di adesione della Turchia. Non aspetteremo però 10-15 anni e l’adesione della Turchia per vedere progressi su questo terreno. Noi speriamo che molto presto la Turchia riaprirà le sue frontiere.

Attualmente vi è un acceso dibattito tra gli Armeni della diaspora e quelli che vivono in Turchia. Qual è la posizione dell’Armenia?

Vartan Oskanyan: È naturale che siano soprattutto gli Armeni della diaspora ad insistere sul genocidio. Loro sono i figli delle vittime. Sono stati mandati nei paesi arabi oppure sono fuggiti in Europa o negli USA. Sono cresciuti ascoltando i racconti dei più anziani. Nonostante ciò la questione non appartiene solamente a loro, è anche un problema dell’Armenia. In questo senso tra noi non c’è nessuna differenza.

Se prima fossero gli storici a discuterne, non sarebbe più facile arrivare ad una soluzione?

Vartan Oskanyan: A questo proposito non è rimasto nulla da dire. Sono state fatte molte ricerche ed è stata fatta chiarezza su quello che è accaduto nel 1915. Anche se gli storici si mettessero intorno ad un tavolo, non cambierebbe nulla. Loro hanno già fatto il loro lavoro. Adesso è il momento del governo turco di fare qualcosa. Perché avete paura di discutere questo problema?
Attualmente ci sono nel mondo molti paesi che hanno vissuto situazioni simili. Giappone-Corea del Sud, Corea-Cina, Giappone-Stati Uniti, Stati-Uniti-Messico, ed altri ancora.
Questi paesi sono riusciti a discutere di questioni molto delicate relative alla loro storia ed oggi hanno eccellenti relazioni bilaterali.

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