Bosnia Erzegovina: al via la Corte sui crimini di guerra
E’ stata inaugurata in Bosnia Erzegovina, grazie al sostegno del Tribunale dell’Aja, una Camera speciale per i crimini di guerra. Affinché riesca ad essere efficace e sia uno strumento utile per favorire la verità sui tragici anni della guerra i suoi compiti chiave devono essere accettati da tutte le parti in gioco
Di Beth Kampschror *, Sarajevo, IWPR, 4 marzo 2005 (titolo originale: "High Hopes for Bosnian Court")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta
"Ci vorrebbero giorni per raccontare tutto," ha detto un’ex internata in un campo di prigionia bosniaco, alla richiesta di fare un resoconto delle sue esperienze durante la guerra.
Ha raccontato la sua storia già molte volte, come testimone protetto al Tribunale dell’Aja, in diversi processi contro persone accusate di aver torturato, violentato e ucciso altre persone nei campi di prigionia della Bosnia nord-occidentale.
Eppure ha detto a IWPR che vorrebbe testimoniare ancora, questa volta alla nuova Corte dedicata ai crimini di guerra, che inizierà i suoi lavori la settimana prossima a Sarajevo.
Questa ex Testimone del tribunale dell’Aja, il cui nome è stato chiesto a IWPR di non rivelare, attende di essere nuovamente chiamata a fornire prove delle torture e degli omicidi cui ha assistito nel campo di Omarska. Il processo di Zeljko Mejakic, il presunto comandante del campo, sarà probabilmente uno dei primi casi sentiti dalla Camera speciale.
Dopo più di un anno di preparativi, che sono stati intensi ma poco pubblicizzati, la Camera speciale – istituita con l’aiuto del Tribunale dell’Aja – sarà inaugurata il 9 marzo con una cerimonia cui presenzieranno le più alte autorità del Tribunale dell’Aja.
In Bosnia, ci sono grandi speranze che la Corte porterà alla luce sempre più verità riguardo ai crimini di guerra là commessi più di un decennio fa, ed aiuterà il lento e accidentato processo di riconciliazione.
Ma gli osservatori avvertono che la Corte dovrà fare un grande sforzo per far sì che il suo messaggio sia recepito correttamente in un Paese ancora sofferente dei postumi sociali e politici della guerra.
Ci si attende che la Camera sui crimini di guerra riapra quei casi che la corte delle NU non è riuscita ad affrontare da sola, come anche che subentri in alcuni casi già in corso, che il Tribunale trasferirà nell’ambito della sua strategia di conclusione dei lavori. Il Tribunale deve passare un certo numero di casi di basso e medio profilo a varie Repubbliche dell’ex Jugoslavia, al fine di ridurre il suo carico di lavoro e poter porre fine al suo incarico per il 2010.
Il Tribunale continuerà ad occuparsi dei casi di genocidio che vedono accusati alti funzionari come l’ex Presidente jugoslavo Slobodan Milosevic.
Per permettere alla Camera per i crimini di guerra di assolvere questo ruolo, il governo ed il parlamento bosniaci hanno accelerato l’approvazione di importanti riforme giudiziarie, talvolta imponendole ai molti oppositori politici della Corte, tra cui quelli che maggiormente hanno fatto sentire la propria voce sono stati i nazionalisti al potere nell’entità serba di Bosnia.
Dietro forti pressioni internazionali, rappresentanti di tutti e tre i gruppi etnici nel parlamento della Bosnia ed Erzegovina hanno alla fine approvato le leggi nell’ottobre 2004 rendendo possibile trasferire i casi dall’Aja, e permettendo che le prove raccolte dai magistrati inquirenti del Tribunale potessero essere usate nella corte locale.
Inoltre, la legge bosniaca si è anche allineata alla Convenzione Europea sui Diritti Umani, per garantire tra le altre cose il diritto a un giusto processo. Il Codice Penale e il Codice di Procedura Penale sono stati entrambi aggiornati nel gennaio 2003, creando un sistema basato sulla commistione di common law e di legge positiva, simile a quello in uso all’Aja.
Misure speciali sono state altresì approvate per assicurare che i testimoni siano adeguatamente protetti. La nuova Camera potrà usare tecniche impiegate per la prima volta dalla corte internazionale, come l’uso di pseudonimi, il mascherare le fattezze dei testimoni durante la deposizione, e restrizioni ai media su come viene riportata la deposizione di un testimone protetto.
Il ministro della Giustizia bosniaco Slobodan Kovac ha detto a IWPR questa settimana che in termini di legislazione, la nuova corte è pronta a prendere in carico i casi del Tribunale.
"Le norme legali sono state predisposte, e io credo che ci sia ora la forza e la volontà di occuparsi… dei casi di basso e medio livello," ha detto.
Funzionari locali ed internazionali vicini alla Camera sembrano cautamente ottimisti sul loro lavoro, tanto da aver raccolto fondi, stabilito il Registro della corte ed assunto giudici e procuratori, locali ed internazionali. La Commissione Europea ha finanziato il rinnovamento di un edificio per la Camera, ed è a disposizione un nuovo centro detentivo con spazio per 21 imputati.
Tutto questo deve ora essere messo alla prova nella pratica. Una volta che i primi processi saranno avviati, diventerà chiaro quanto sia efficace il procedimento giudiziario e quanto successo avrà nel far sì che i Bosniaci guardino in faccia la verità sui crimini di guerra. Molti osservatori, inclusi alcuni interni al Tribunale dell’Aja, credono che la chiave del successo sia assicurarsi che il messaggio della Corte sia diffuso in tutto il Paese.
La propaganda di guerra ha lasciato molta gente riluttante a credere che la loro parte – quale che sia – abbia mai commesso crimini. I Serbi sono stati generalmente i più restii ad ammetterlo, ma le recenti incriminazioni dell’Aja contro l’ex comandante dell’esercito Rasim Delic hanno suscitato reazioni simili tra l’élite politica musulmana del Paese, che era altrimenti sempre stata disposta a supportare i procedimenti per crimini di guerra.
Ai giornalisti locali manca l’esperienza per coprire i procedimenti della corte e per superare gli intrichi delle nuove norme del Codice Penale. Un redattore di Sarajevo ha detto a IWPR che per i giornalisti in Bosnia sarà dura arrivare a comprendere bene la storia, in un Paese in cui neppure tutti gli avvocati capiscono i nuovi codici.
Mirsad Tokaca, che guida a Sarajevo un centro di ricerca e documentazione sui crimini di guerra, pensa che la questione sia ancora controversa perché le loro conseguenze hanno alimentato altri problemi tuttora presenti.
"Il problema dei crimini di guerra è il maggiore che il paese si trova di fronte," ha detto, notando che la corruzione ed il crimine organizzato, che rappresentano oggi un importante ostacolo allo sviluppo della Bosnia, discendono in definitiva dalla guerra. "Quelli che furono criminali di guerra ora sono parte della catena della corruzione e del crimine."
Tokaca ha detto che la società bosniaca ha delle aspettative enormi sulla Camera per i crimini di guerra, ma avverte che per raggiungere i suoi scopi, la camera dovrà essere in comunicazione costante con l’opinione pubblica fin dall’inizio – diversamente dal Tribunale dell’Aja, che era geograficamente distante, e non prevedeva una campagna di comunicazione rivolta al pubblico quando fu istituito.
"Non ci azzardiamo a ripetere ora quell'[]e," ha detto Tokaca.
Il primo caso che andrà a testare le capacità comunicative della Camera vedrà probabilmente imputato Mejakic e altri tre indiziati, accusati di avere ricoperto vari ruoli a Omarska e nel vicino campo di Keraterm.
I quattro, il cui caso i funzionari dell’Aja stanno attualmente considerando di trasferire a Sarajevo, sono accusati di crimini contro l’umanità e di violazioni delle regole e delle consuetudini di guerra, in seguito al loro presunto ruolo nelle persecuzioni, negli omicidi, e nel trattamento disumano e crudele di migliaia di prigionieri non-Serbi ad Omarska e Keraterm tra il Maggio e l’Agosto 1992.
Questa settimana una speciale camera di magistrati, convenuti all’Aja per stabilire se i casi individuali possano essere trasferiti a corti dei Balcani, hanno ascoltato le dichiarazioni di rappresentanti della nuova corte bosniaca.
Se il caso dovesse essere udienzato a Sarajevo, la sopravvissuta di Omarska intervistata da IWPR è pronta a testimoniare. Ma ha avvertito che, perché i verdetti della Camera abbiano un peso in Bosnia, la gente deve vederla come parte del proprio sistema giudiziario anziché come qualcosa imposto dall’esterno.
"La percezione che la Camera appartenga a questa società deve ancora essere costruita," ha detto. "La verità è che ci vorrà tempo. Ma prima è, meglio è."
* Beth Kampschror è una giornalista freelance di Sarajevo.