Kosovo, una settimana dopo

Una settimana fa il Primo ministro kosovaro partiva per l’Aja. Una settimana trascorsa senza incidenti e nella quale si sta discutendo il delicato tema della creazione di un nuovo governo. Ma proprio oggi un attentato ha coinvolto, per fortuna senza conseguenze, il Presidente del Kosovo Rugova

15/03/2005, Biserka Ivanović -

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Haradinaj all'Aja

E’ trascorsa una settimana da quando il Primo ministro del Kosovo Ramush Haradinaj è stato indiziato dal Tribunale dell’Aja, si è dimesso ed è volontariamente partito per la città olandese. Alla sua prima apparizione nell’aula del tribunale, lunedì 14 marzo, ha dichiarato la sua innocenza in merito ai 37 capi d’accusa – 17 per crimini contro l’umanità e 20 per violazioni delle convenzioni di diritto bellico – che gli vengono imputati.

Prima di lasciare il Kosovo Haradinaj si è rivolto ai suoi concittadini affermando di accettare di recarsi all’Aja pur nella sua innocenza. Ha inoltre aggiunto che non ritiene che le incriminazioni a suo carico rappresentino un passo indietro per il Kosovo.

Una settimana dopo, analizzando le reazioni degli albanesi del Kosovo ed i fatti seguiti all’incriminazione a carico del Primo ministro, si può affermare che molti cittadini kosovari si sentono orgogliosi di come Haradinaj si è comportato in quelle difficili ore che lo hanno separato dalla partenza per l’Aja.

La maggioranza di persone in Kosovo non si chiede comunque se l’ex Primo ministro sia colpevole o no dei crimini che gli vengono imputati.

Hanno invece visto nel suo comportamento una prova di maturità politica, una prova di cooperazione con la comunità internazionale ed anche una lezione data alla Belgrado ufficiale su cosa significhi una politica di cooperazione con il Tribunale dell’Aja.

L’ex primo ministro del Kosovo ha fatto un gran lavoro durante i suoi 100 giorni al governo. Nessuno tra gli albanesi del Kosovo lo mette in dubbio. Molti sono dispiaciuti della sua partenza per l’Aja proprio perché hanno visto in lui grandi capacità politiche e di gestione.

Haradinaj si è trasformato con successo da leader della guerriglia dell’UCK a uomo politico. Avrà il Kosovo in futuro un Primo ministro energico e capace di mobilitare tutte le energie del governo a favore dei cittadini del Kosovo? Haradinaj, nel suo breve periodo al governo, ha lasciato l’impressione di essere l’uomo giusto.

E la delusione tra i kosovari è accentuata dal fatto che tale guida energica viene a mancare proprio quando il Kosovo è impegnato a raggiungere i famigerati standard, condizione essenziale posta dalla comunità internazionale per l’avvio dei negoziati sullo status futuro della Provincia.

Poster con la scritta "Il nostro Primo ministro ha lavoro da fare qui" sono apparsi un po’ dappertutto in questi giorni. Un’affermazione chiara, che contiene anche un messaggio altrettanto chiaro alla comunità internazionale.

Ciò che però nessuno si è chiesto sino ad ora è se Haradinaj avesse altre alternative se non il consegnarsi spontaneamente al Tribunale dell’Aja.

Ed inoltre: quali sarebbero state le conseguenze per il Kosovo se non lo avesse fatto?

L’ex Primo ministro del Kosovo ha invitato alla calma mentre partiva per l’Aja e suo padre ha fatto lo stesso una volta che il figlio si trovava nelle prigioni di Scheveningen.

In molti erano concordi sul fatto che un’eventuale esclation della violenza avrebbe nuociuto pesantemente alla situazione del Kosovo e per questo le manifestazioni su larga scala annunciate dalle associazioni dei veterani per lunedì 14 marzo, giorno della prima apparizione davanti ai giudici di Haradinaj, sono state rimandate.

Nei giorni precedenti le associazioni di guerra dell’UCK, le associazioni dei veterani, degli invalidi di guerra, dei martiri di guerra avevano affermato che le accuse nei confronti di Ramush Haradinaj rappresentavano un insulto all’intera nazione albanese e che queste associazioni avrebbero utilizzato forme democratiche di disobbedienza civile per opporsi ad una denigrazione della guerra di liberazione condotta dall’UCK.

Ciononostante hanno deciso di rinviare manifestazioni su larga scala chiedendo alle istituzioni kosovare passi concreti – e non solo mantra politici- in favore di Haradinaj. Ma anche nell’annuncio del rinvio delle manifestazioni le associazioni dei veterani ribadivano l’intenzione di avviare iniziative di disobbedienza civile.

Lo scorso fine settimana, durante una visita alla regione Dukagjini (Kosovo occidentale) ed alla famiglia di Ramush Haradinaj, il Rappresentante Speciale Soren Jessen-Petersen ha ribadito che qualsiasi violenza avrebbe rovinato i progressi fatti fare al Kosovo da Haradinaj in questi 100 giorni, ed avrebbe inoltre tradito il suo sacrificio.

Mentre il Kosovo sta attraversando questo difficile periodo, e si sta confrontando sul nome di chi andrà a sostituire Haradinaj a capo del nuovo governo, i media non riportano alcuna dichiarazione ufficiale fatta in Serbia sulla partenza per l’Aja dell’ex Primo ministro.

Il Primo ministro serbo Vojislav Kostunica ha solo sottolineato, nella sua prima reazione all’incriminazione, che ora la cosa più importante è contribuire alla stabilità del Kosovo. Ha inoltre aggiunto che "il governo serbo darà il suo pieno contributo tenendo sempre presente che è suo interesse vitale la stabilizzazione ed il miglioramento della situazione generale del Kosovo".

Il presidente serbo Boris Tadic ha invece ribadito che a suo avviso chiunque sia accusato di crimini di Guerra deve presentarsi davanti al Tribunale dell’Aja. Ha inoltre aggiunto che la partenza di Haradinaj per l’Aja non deve essere strumentalizzata per questioni politiche contingenti ed ha invitato a calma e moderazione in modo da contribuire alla stabilità regionale.

Oliver Ivanovic, leader della Lista serba per il Kosovo e Metohija, ha invece notato che le reazioni di Belgrado sono state tali da non irritare il pubblico kosovaro ma erano condizionate anche dalla paura che i cittadini serbi del Kosovo subissero nuovamente violenze come nel marzo scorso.
I serbi che vivono in Kosovo hanno seguito la partenza di Haradinaj per l’Aja senza grandi reazioni.

La maggior parte dei commenti erano piuttosto diretti al comportamento del Rappresentante speciale Jessen-Petersen, ritenuto un po’ più emotivo del necessario. Commento condiviso in realtà anche in seno alla comunità internazionale. Altri hanno sottolineato come le dichiarazioni da Jessen-Petersen fossero necessarie per calmare gli animi degli albanesi più radicali e per impedire una possibile escalation della violenza.

In questi giorni i politici del Kosovo, i suoi intellettuali, gli analisti politici nei propri editoriali, stanno cercando di dare un nome al nuovo Primo ministro ed una conformazione al governo che guiderà la Provincia attraverso uno dei periodi più delicati della sua storia recente. Proprio quest’anno si dovrebbe stabilire infatti quando avranno avvio i negoziati sullo status finale del Kosovo.

Vi è chi è a favore della continuazione dell’alleanza di governo tra LDK ed AAK e chi invece ritiene che solo una coalizione più ampia – che comprenda quindi anche il PDK, secondo partito del Kosovo, e la lista civica ORA – sia una soluzione migliore.
Quello della creazione di un nuovo governo non è un processo semplice, soprattutto tendo conto dell’attuale situazione politica kosovara.

I rappresentanti della comunità internazionale, in particolare quelli europei, stanno spingendo per una soluzione il più possibile inclusiva.

Qualsiasi sia però la decisione in merito il nuovo Primo ministro ed il governo dovranno essere un fattore di stabilità e capaci di rispondere alle grandi sfide che il Kosovo si troverà ad affrontare quest’anno.

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