Media in Albania, guerra sulla riforma a colpi di editoriali

Una riforma che impedisca, ad editori di testate giornalistiche, di concorrere per appalti pubblici. Scoppia la polemica in particolare tra il quotidiano Shekulli, dell’imprenditore-editore Koco Kokedhima e Gazeta Shqiptare dell’italiana Edisud

17/03/2005, Indrit Maraku -

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La prima pagina di Gazeta Shqiptare

Si inasprisce in Albania il dibattito sulla riforma nell’editoria, mentre dagli Usa arriva un rapporto che evidenzia la crisi nella quale vegetano i media albanesi, "legati ad interessi politici ed economici". Una guerra a colpi di editoriali ha visto protagonisti negli ultimi giorni il quotidiano "Gazeta Shqiptare", favorevole al progetto-legge Brace-Lesi contro i giornali sotto costo e il conflitto di interessi nel mondo dei media, e il quotidiano "Shekulli" (il più diffuso) schierato decisamente contro questa riforma, che toccherebbe in primis gli affari del suo editore Koco Kokedhima.

Bollino vs. Kokedhima

A differenza di come succede spesso, il dibattito sulla riforma nell’editoria è forse l’unico che, dopo un po’ di tempo, non è stato lasciato da parte dai media locali. Forse perché questa volta gli interessi in gioco toccano da vicino. L’estate scorsa, i deputati Erion Brace, redattore capo del quotidiano socialista "Zeri i Popullit" e Nikolle Lesi, editore del primo quotidiano indipendente albanese "Koha Jone", hanno stilato un progetto legge che cerca di eliminare la concorrenza sleale sul mercato: se venisse varata i proprietari dei giornali non potranno più partecipare ad appalti pubblici e permettersi in questo modo un prezzo del prodotto sul mercato sottocosto.

Koco Kokedhima, accusato di usare i suoi giornali come "pistole" contro gli avversari politici ed economici, è colui che perderebbe di più da questa riforma. La politica di un prezzo basso, anche se sottocosto, ha permesso all’editore di far diventare "Shekulli" il quotidiano più diffuso nel Paese, usandolo spesso contro coloro che ostacolavano i suoi vari affari sparsi perfino nel capo edile.

Lo scontro più duro iniziò l’11 marzo scorso con un editoriale di "Gazeta Shqiptare" (proprietà dell’italiana Edisud S.p.A) dal titolo "Il Re che sogna i monopoli" che faceva chiaro riferimento a Kokedhima, anche se indirettamente. La risposta arrivò il giorno dopo sulle pagine di "Shekulli": la sera prima di andare in stampa Kokedhima decise di non far replicare direttamente il suo ufficio stampa, affidando il compito ad un giornalista della sua redazione.

Il 12 marzo uscì su "Shekulli" un editoriale firmato Adrian Thano dove veniva presa d’assalto la linea editoriale di "Gazeta Shqiptare" la quale, "ha diffuso negli ultimi anni nel mercato albanese la sua ridicola cultura da media-gang", dove "non è strano trovare come titolo d’apertura in prima pagine la storia di qualche pederasta che ha gonfiato le tette con silicone". L’ultimo passaggio faceva riferimento alla storia di un travestito e alla sua vita difficile che "Gazeta Shqiptare" pubblicò qualche anno fa.

Poi, nelle ultime righe, si prendeva di mira direttamente l’editore italiano Carlo Bollino, contemporaneamente corrispondente dell’ANSA dall’Albania, Kosovo e Macedonia. "La campagna che i media del signore straniero hanno intrapreso mesi fa, in difesa del progetto che voleva portare in Albania i rifiuti prodotti in Italia, è intollerabile". " Signor Bollino! Uno straniero è meglio se viene riportato entro i limiti del suo status. Perciò – conclude l’editoriale con una frase dal tono intimidatorio – siediti col culo per terra e fatti gli affari tuoi".

Questa volta Bollino risponde personalmente, dando a Kokedhima del razzista: "L’ultimo articolo per un giornale albanese – apre il suo editoriale – l’ho scritto 9 anni fa, quando qualcuno (l’allora Presidente Sali Berisha, ndr) decise di cacciarmi dall’Albania perché mi considerava un comunista. Oggi ho saputo che qualcun altro tenta di ordinarmi di tenere la bocca chiusa, ma questa volta perché sono un italiano". Bollino si dice "scandalizzato dal razzismo di Koco Kokedhima".

Scende così in campo la battaglia tra l’editore-imprenditore e l’editore-giornalista. Negli ultimi 12 anni, da quando vive e lavora in Albania, "non ho mai costruito palazzi – dice Bollino – non ho mai partecipato ad appalti, non ho preso soldi dallo Stato per promettere strade, non ho creato nessun impero e non ho comprato nessun partito". L’editore italiano ha cercato così di chiarire la sua posizione all’opinione pubblica una volta per tutte.

Usa vs. Osce

Ma l’attuale situazione dei media albanesi sembra aver diviso anche gli "occidentali". Apertamente contro la riforma è l’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) secondo la quale gli emendamenti Brace-Lesi metterebbero a rischio la concorrenza sul mercato.

A fine febbraio, il rappresentante Osce a Tirana per la libertà dei media mandò una lettera al capo del Parlamento Servet Pellumbi dove consigliava di prendere più tempo prima del voto sulla riforma. Il funzionario Osce, nella sua lettera, definiva le proposte di Brace e Lesi come "inadatte per una legge sui media". Poi, secondo lui, "dal punto di vista della libertà d’espressione, non c’è nessuna urgenza in Albania che questo progetto venga varato immediatamente".

Di parere totalmente diverso gli Usa. In un rapporto del Dipartimento di Stato sull’Albania durante il 2004, vengono evidenziati "problemi seri con l’uso dei media per questioni politiche", anche se in regresso paragonati agli anni precedenti. "Gli editori hanno continuato a pubblicare storie per favorire i loro interessi personali politici ed economici. I giornalisti hanno continuato a praticare l’auto-censura".

In un altro passaggio del rapporto si parla di "poca trasparenza sul finanziamento dei media". Su questo argomento, uno degli emendamenti di Brace-Lesi, impone la pubblicazione annuale dei bilanci di ogni testata.

Poi il rapporto passa sullo specifico: l’unica emittente pubblica, Radio-Televisione Albanese (RTSH), "ha continuato a dedicare la maggior parte della copertura esclusivamente al Governo".

"Diversamente dagli anni precedenti, non è stata usata violenza fisica sui giornalisti". Comunque, nel rapporto vengono sottolineati due casi dove giornalisti delle emittenti "Top Channel" e "Alsat Tv" sono stati fermati "per diverse ore" dalle forze dell’ordine perché avevano ripreso con le telecamere il Premier Fatos Nano. Nel primo caso in un ambiente pubblico, nel secondo durante una sua visita in un ospedale.

Tra pochi giorni s’attende che il dibattito si trasferisca nell’aula del Parlamento, dove si promettono colpi di scena. I deputati socialisti hanno detto di voler appoggiare la riforma, ma la Commissione parlamentare sui media ha bocciato due giorni fa le proposte di Brace e Lesi. L’ultima parola spetterà quindi ai deputati.

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