Cipro: abbiamo sbagliato a dire di no
Il quotidiano turco Radikal propone ogni giorno ai suoi lettori traduzioni di articoli dalla stampa estera. Nei giorni scorsi ha pubblicato un articolo tratto dal greco To Vima sulla questione cipriota, una riflessione critica sulle ultime vicende dell’isola entrata divisa nell’Unione Europea
Di Filipos Savvidis, per To Vima, 23 aprile 2005 (tit. or.: "Abbiamo sbagliato a dire No")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni
Un anno dopo il referendum del 24 aprile 2004, anche non volendo, a Cipro ci si trova davanti ad alcuni interrogativi. Quali sarebbero state le conseguenze pratiche se avessimo detto si al referendum relativo al Piano Annan? A quale punto ci troviamo ora, dopo l’approvazione dei turco-ciprioti ed il rifiuto dei greci? Cosa è necessario fare per arrivare nel più breve lasso di tempo possibile ad una soluzione che preveda una federazione tra le due parti e le due società dell’isola?
Se il Piano Annan fosse stato accettato, ad un anno di distanza la situazione sarebbe stata la seguente:
Struttura costituzionale: Dopo un breve periodo di transizione il 13 giugno 2004 si sarebbero tenute le elezioni per i rappresentanti dei due stati federali, dei senatori e dei rappresentanti all’Unione Europea. Immediatamente dopo sarebbe stato eletto un parlamento federale ed un consiglio dei ministri composto da otto membri, il cui mandato sarebbe stato di cinque anni. Nel primo quinquennio, ogni dieci mesi a turno un greco ed un turco avrebbero avuto la presidenza di questo consiglio dei ministri.
Restituzione delle terre: Da parte turca sarebbero state gradualmente restituite le terre alla parte greca.
Rientro dei profughi: Entro due anni sarebbero cominciati a rientrare nelle loro case ventimila greco-ciprioti e nello stesso tempo si sarebbe cominciato il graduale rientro dei greco-ciprioti che si trovano sotto l’amministrazione turca.
Il destino degli immigrati dalla Turchia: Sarebbero rimasti sull’isola tra 60.000 e 120.000 immigrati, gli altri sarebbero stati costretti ad fare ritorno in Turchia, magari valutando anche la possibilità di dar loro un sostegno economico. E soprattutto si sarebbe arrestato il flusso incontrollato di immigrati.
Ritiro dei militari turchi: Entro i primi 12 mesi i militari turchi sarebbero passati da 40.000 a 20.000. Entro il 2006 altri 16.000 militari turchi avrebbero abbandonato l’isola.
Le proprietà: I greco-ciprioti avrebbero ottenuto il diritto di riprendersi le case nei villaggi o nelle città. I greco ciprioti in un periodo tra i tre ed i cinque anni avrebbero riavuto indietro un terzo delle terre nella zona turca. Ogni proprietario avrebbe ottenuto un risarcimento per le proprietà non restituite… I greco-ciprioti avrebbero ottenuto un’autonomia senza condizioni nei quattro villaggi della regione di Karpaz.
Sviluppo economico: Si sarebbero create le condizioni per una cooperazione economica tra le due parti in tutti i settori.
Invece il rifiuto dei greco-ciprioti ha prodotto delle condizioni svantaggiose che rappresentano la ragione che complica la situazione della parte greca. Le conseguenze delle elezioni del 17 aprile e la vittoria di Talat come leader della società turco-cipriota indicano la fine dell’era Denktash e permettono di non mettere più sotto accusa la Turchia, perchè era Denktash il simbolo della situazione di stallo. Il fatto che ora sia Talat alla testa dei turco-ciprioti ha modificato la situazione. La parte greca ora deve valutare con molta attenzione la risorsa Talat e deve prendere quanto prima iniziative per arrivare ad una soluzione. Per queste ragioni la parte greca deve:
– Chiarire al più presto se accetta o rifiuta una soluzione come la federazione tra "due stati e due società" nel quadro del Piano Annan
– Rispondere al più presto all’invito del Segretario Generale delle Nazioni Unite e mettere sul tavolo le modifiche del Piano Annan che desidera.
– Proporre un calendario realistico per le trattative.
Tutti questi elementi sono legati alla condizione che entrambe le società accettino la soluzione. Si evidenzia con chiarezza che il tempo inutilmente trascorso dopo il referendum non ha lavorato a favore dei greco-ciprioti.
Al contrario riduce la possibilità di una trattativa, rende più complicata e rafforza l’occupazione.