Srebrenica, l’evidenza dei fatti

Una videoregistrazione trasmessa al processo contro Milosevic all’Aia e andata in onda su varie emittenti televisive serbe, documenta i crimini commessi dall’unità paramilitare "Scorpioni" contro i civili Bosgnacchi

03/06/2005, Luka Zanoni -

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Immagini tratte dal video (B92)

Scioccante, raccapricciante. Sono questi gli aggettivi che sono stati attribuiti dalla stampa serba al video trasmesso durante il processo contro Slobodan Milosevic il 1° giugno al Tribunale internazionale per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia. Nel video, andato in onda durante la testimonianza del generale della polizia Obrad Stevanovic, sono mostrati senza equivoci i membri della unità speciale "Scorpioni" nell’atto di uccidere brutalmente sei prigionieri di nazionalità musulmana nei pressi del villaggio di Trnovo, e – secondo il procuratore dell’Aia – in precedenza deportati da Srebrenica con un camion.

Come riportato dalle cronache dei media serbi nel video si vedono uomini in uniforme a viso scoperto con le bandiera serba sui berretti, mentre fanno scendere dal camion i giovani uomini magrissimi, vestiti con abiti civili e con le mani legate dietro la schiena. Il video mostra le esecuzioni a freddo dei giovani musulmani. I commenti e le voci dei membri dell’unità speciale sono inquietanti: "cosa tremi…" dice un uomo in uniforme rivolgendosi ad uno dei prigionieri, mentre una seconda voce aggiunge "guarda questo si è cagato addosso". Un’altra inquadratura mostra le raffiche di mitra alla schiena, sparate contro i prigionieri con le mani legate. Il video mostra inoltre una scena in cui un pope benedice gli "Scorpioni" prima di partire per la missione criminale. Nonostante l’evidenza di quanto mostrato, la chiesa per adesso tace.

Immagini tratte dal video (B92)

Immediate le reazioni di Natasa Kandic, direttrice del Centro per il diritto umanitario di Belgrado. Secondo i dati in possesso di questa organizzazione l’unità denominata "Scorpioni" dal 1991 al 1992 funzionava come unità dei servizi di sicurezza. A quel tempo, afferma la Kandic, esisteva un continuo scambio tra i membri degli "Scorpioni", la Guardia volontaria serba e i Berretti rossi, perché tutte e tre queste unità erano formate dalla DB (servizi segreti) e quindi sotto diretto controllo del Ministero dell’interno serbo. Secondo la Kandic gli "Scorpioni" facevano parte delle unità dello stato e al tempo del massacro di Srebrenica "erano incaricati di prendersi cura dei ‘pacchi’ ossia dei prigionieri e di provvedere alla loro uccisione, tutti operavano con le uniformi della polizia della Repubblica della Serbia e coi Berretti rossi sulla testa".

La funzione iniziale degli "Scorpioni" era di sorvegliare i depositi di carburante in Kraijna, che rappresentavano la ricchezza per coloro i quali comandavano la guerra sul versante serbo. Ecco perché, secondo Natasa Kandic, nessuno degli appartenenti a questa unità fino ad ora ha risposto delle azioni commesse, benché fossero al comando degli organismi serbi per tutto il tempo della guerra.

Gli "Scorpioni" sono divenuti popolari all’opinione pubblica serba lo scorso anno, all’inizio del processo per l’uccisione di alcune famiglie kosovare, a Podujevo nel 1999. Secondo il giornalista del settimanale di Belgrado "Vreme", Dejan Anastasijevic, "durante quel processo sono stati svelati diversi dati interessanti su questa unità: tra gli altri anche il fatto che questa unità speciale è più vecchia di quanto si pensasse, che i suoi membri con lo stesso nome di ‘Scorpioni’ e sotto lo stesso comandante combattevano in Bosnia e persino a Vukovar. In Kosovo erano sotto la SAJ (Unità speciale antit[]ismo) del Ministero dell’interno della Serbia, e prima ancora operavano sotto l’insegna di una certa Difesa territoriale, ma tutti sappiamo che questa unità era sotto il comando di Jovica Stanisic e Frenki Simatovic". Due nomi eccellenti, capo dei servizi segreti il primo e capo dei Berretti rossi (JSO) il secondo, rimessi da poco in libertà da TPI dell’Aia in attesa di giudizio, accusati di crimini di guerra.

Immagini tratte dal video (B92)

La video registrazione dei sei musulmani di Srebrenica uccisi a freddo è andata in onda anche su varie emittenti televisive locali, inquietando fortemente il pubblico e sollecitando le reazioni dei politici.

Il 2 giugno un’azione della polizia serba ha condotto agli arresti otto membri dell’unità "Scorpioni", tra i quali, Aleksandar Medic e Pero Petrasevic. Il governo serbo ha confermato l’arresto di alcuni membri di tale unità, ma non ha reso noti i nomi di tutti gli arrestati. L’azione della polizia si è svolta mentre la procuratrice capo del TPI dell’Aia, Carla del Ponte, era in visita ufficiale a Belgrado. La Del Ponte si è detta soddisfatta della "brillante operazione" del governo serbo, aggiungendo che spera ci sia altrettanta celerità anche nella consegna dei latitanti ricercati dal TPI dell’Aia.

Benché il governo serbo fosse a conoscenza del video – come confermato dal ministro Ljaijc – già da dieci giorni, fino ad ora non c’era stata alcuna azione per condurre di fronte alla giustizia gli esecutori dei crimini.

In effetti, secondo quanto riporta l’emittente B92, subito dopo la trasmissione del video le reazioni della maggior parte dei politici serbi sono state piuttosto blande, molti erano persino disinteressati al contenuto inequivocabile del video. Il giorno successivo però la situazione è radicalmente cambiata. Le timide reazioni iniziali hanno fatto sì che il ministro per i diritti umani e le minoranze Rasim Ljajic ricevesse forti critiche da parte della delegazione americana, che ha valutato il comportamento dei politici locali come una pessima mossa.

Ljajic ha dichiarato che "la credibilità dello stato è stata messa in discussione, la mia stessa credibilità è stata messa in discussione, nel modo più serio valuterò il proseguimento della mia presenza in questo governo, nel caso non ci siano adeguate reazioni politiche e giuridiche".
Secondo Ljajic, dopo il rapporto del governo della Republika Srpska in cui è stato riconosciuto pubblicamente quanto accaduto a Srebrenica nel 1995, "non dovrebbero esserci più dubbi se il crimine è stato compiuto oppure no".

Ljajic ha aggiunto che lo stato deve confrontarsi sol passato, e condurre gli esecutori dei crimini di fronte alla giustizia. "La colpa va individualizzata, i colpevoli vanno condotti di fronte alla giustizia, devono rispondere di quanto accaduto e credo che questo sia soprattutto interesse della Serbia e Montenegro… questo crimine non è stato commesso dalla Serbia e Montenegro in quanto stato".

Secondo l’avvocato Vojin Dimitrijevic del Centro belgradese per i diritti umani, la resistenza all’accettazione del video in questione e dei relativi crimini non è poi così strana. Secondo Dimitrijevic possono esserci due linee di difesa: una riguarda il rifiuto di assistere alla messa in scena del crimine, l’altra ancora più pericolosa, secondo l’avvocato di Belgrado, è credere che questa sia la verità, ma che non poteva essere diversamente. Secondo Dimitrijevic ci sono qui due sfumature: "la prima è che ogni guerra è così e anche gli altri hanno fatto lo stesso. La seconda e più pericolosa è che ciò che è stato fatto lo si doveva fare, che non si tratta di un crimine e quelle persone andavano uccise".

Reazioni giungono pure dal ministro della giustizia serbo, Zoran Stojkovic, il quale considera l’enorme importanza della messa in onda del video sulla televisione serba, perché ciò aiuta l’opinione pubblica a confrontarsi col passato. Stojkovic ha ribadito la necessità di condurre i processi per crimini di guerra presso i tribunali locali, perché secondo le parole del ministro "ogni altro processo all’estero apre la possibilità di manipolazione politiche di varie strutture, mentre in questo modo i cittadini si confrontano direttamente col crimine".

Il presidente della repubblica Boris Tadic ha detto di essere pronto a inchinarsi di fronte alla vittime innocenti di Srebrenica e degli altri popoli. Secondo il presidente serbo solo col confronto col passato, mediante lo svelamento dei fatti sull’esecuzione dei crimini e con l’eliminazione della colpa collettiva del popolo serbo si può concorrere ad entrare nell’Unione europea.

Il premier serbo, Vojislav Kostunica ha invece parlato di "brutale e vergognoso crimine" aggiungendo che il governo renderà noti altri dettagli quando sarà in possesso di ulteriori dati, ma "penso che per l’opinione pubblica sia stato molto importante la nostra reazione immediata".

Nel frattempo su proposta dei deputati Zarko Korac e Natasa Micic, già vice premier il primo e presidente del parlamento la seconda, durante il precedente governo di Zoran Zivkovic, hanno avanzato una proposta al parlamento per far sì che venga adottata la Dichiarazione su Srebrenica, per fare in modo che, nel decennale del massacro dell’enclave musulmana, il parlamento serbo si esprima in merito al crimine compiuto.

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