Sulle tracce dell’oro nero
Tanya Mangalakova ha sentito Edward Fergusson, a capo del consorzio per la costruzione di un oleodotto che dovrebbe collegare Bourgas, sul Mar Nero a Vlora in Albania. Secondo quest’ultimo non vi sono rischi ambientali legati agli oleodotti, il problema vero sarebbero piuttosto ONG e partiti ambientalisti
Bosforo e Dardanelli ormai sarebbero vie di comunicazione congestionate, in particolare per le petroliere. Da anni sono allora nate proposte di oleodotti che colleghino Mar Nero e Mediterraneo. L’area dei dei Balcani rientra in tre di queste ultime, la Costanza-Trieste, la cosiddetta AMBO da Bourgas a Vlore e la Bourgas-Alessandropoli. Sino ad ora sono tutti progetti rimasti esclusivamente sulla carta. Ne abbiamo parlato con Edward Fergusson, presidente e direttore esecutivo del consorzio che intende realizzare l’oleodotto che collega Bourgas, città sulla costa della Bulgaria a Vlore, in Albania. Lo abbiamo incontrato lo scorso 19 giugno, a Sofia, durante una conferenza dedicata alle grandi infrastrutture nei Balcani e all’integrazione europea. Fergusson racconta della nascita del progetto nel 1994, di come ha iniziato ad occuparsene quando allora lavorava alla "Brown and Root" – grossa azienda statunitense che fornisce servizi legati alle costruzioni, all’ingegneria ed all’energia e collabora molto strettamente con il Pentagono – quale responsabile per progetti in Europa ed Africa, e descrive, a suo avviso, le prospettive e le difficoltà che sta incontrando questo progetto. La "Brown and Root" ha supportato anche le operazioni militari USA nei Balcani. Si calcola che dal 1995 al 2000 circa un sesto del budget dei militari USA nei Balcani sia andato a quest’ultima.
Come è nato quest’ambizioso (e molto costoso) progetto denominato AMBO? Come mai è rimasto sino ad ora solo sulla carta?
Con l’emergere della Confederazione degli Stati Indipendenti ed il disfacimento dell’Unione Sovietica sono nate per noi molte opportunità in quest’area geografica. Vuko Tashkovic, che faceva l’architetto a New York, è venuto a visitarmi nel mio ufficio a Londra dicendomi di aver l’idea di costruire un oleodotto che collegasse Bourgas, in Bulgaria, a Vlore, in Albania, passando molto vicino a Skopje, Macedonia. Gli ho risposto che per me era un progetto troppo ambizioso per un architetto, da solo. Tutto quello che sapevo era che molto greggio proveniva dal Mar Nero e ritenevo che fosse una cosa naturale pensare ad un collegamento tra quest’ultimo ed il Mediterraneo, cercando di bypassare il Bosforo. Questo andava a beneficio della Macedonia e questo era il vero motivo per cui lui mi proponeva il progetto, evitando tra l’altro anche l’embargo greco. Ho cercato di spiegargli che si trattava di un progetto enorme e che solo grosse aziende con tasche profonde si occupano di progetti di questo tipo.
Un progetto mega. Nei Balcani, con Paesi con un PIL limitato, ci riesce difficile anche immaginarlo ….
Non è poi così grande. In ogni caso gli studi di fattibilità sono molto costosi. Negli stessi giorni in cui sono andato in pensione dalla "Brown and Root", dopo aver seguito per trent’anni grandi progetti nel mondo intero, Vuko Tashkovic si è ammalato gravemente e mi ha chiesto di andarlo a trovare a New York, ritenendo che ormai non avrei più seguito il progetto AMBO. Ma in realtà dal primo incontro il progetto AMBO non era più progredito. Poi Vuko è morto e la moglie mi ha chiesto di prendere in mano la loro azienda. La prima cosa che abbiamo fatto è stato aggiornare lo studio che avevamo già realizzato nel 2000. Poi tra il 2002 ed il 2003, in linea con le previsioni, si scoprì che i giacimenti di petrolio sotto il Mar Nero erano particolarmente rilevanti, e non solo il Bosforo ma anche lo stretto dei Dardanelli ha iniziato a divenire "troppo stretto". Nell’inverno 2003-2004 le perdite delle aziende petrolifere a causa di cattive condizioni del tempo oppure ritardi nelle consegne sono state rilevanti. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica è notevolmente aumentato il transito di petroliere in quest’area e questo è causa di ritardi. Ora la costruzione di un oleodotto è divenuta una necessità anche perché si tratta di cargo pericolosi per l’ambiente.
Ma chi pagherà per la costruzione di un oleodotto?
Tutti questi progetti di infrastrutture legate all’energia debbono essere pagati o dalle aziende petrolifere o dai consumatori. Per quanto riguarda le prime i finanziamenti debbono arrivare da quelle aziende che poi hanno garanzie in merito alla copertura del mercato al quale ci si riferisce. E’ nostra intenzione di sottoscrivere contratti per il trasporto del greggio e grazie a quei contratti finanzieremo la realizzazione dell’oleodotto.
Potrebbe descrivere brevemente il percorso dell’eventuale oleodotto? Quest’ultimo è chiaro in Bulgaria ma in Macedonia vi è un’incertezza tra Skopje e Tetovo, naturalmente se si passasse sul territorio di quest’ultima occorrerà rapportarsi anche con i leader della minoranza albanese …
Ritengo che la domanda non sia formulata in modo corretto. In Macedonia abbiamo parlato del progetto solo qualche giorno fa, con il Ministro dell’economia. Il percorso è oramai quasi del tutto definito in Albania e Bulgaria anche se vi è ancora dibattito per quanto riguarda il terminal sul Mar Nero. Quindi anche in Bulgaria vi sono ancora elementi di dibattito. In Macedonia non abbiamo più di due opzioni.
La prima via Skopje e la seconda via Tetovo …
Un possibile tragitto è passare a sud di Skopje e poi tirare dritto in direzione sud-ovest passando il confine con l’Albania a circa trenta chilometri a nord del Lago di Ohrid. La polemica a cui lei si riferisce riguarda un possibile spostamento per passare nei pressi di Tetovo. Sinceramente non so. Dal punto di vista tecnico ed economico quest’opzione non ci attrae più di tanto perché significherebbero 50 km in più di oleodotto, che verrebbe costruito in un’area ricca di falde acquifere. Stiamo provando ad evitare quest’ultima. Dobbiamo ancora approfondire sul terreno le nostre indagini.
Chi della comunità albanese sta insistendo perché si opti per il passaggio via Tetovo?
In realtà nessuno. Il Ministro ci ha solo chiesto di dargli le motivazioni per la scelta di un’opzione piuttosto che dell’altra. Non ci ha chiesto niente altro. Qualche quotidiano ha affermato il contrario, ma non è mai stato detto nulla in proposito.
Nell’aprile scorso ambientalisti albanesi hanno protestato contro la costruzione dell’oleodotto "Bourgas-Vlore" sostenendo che rischia di deturpare un tratto di costa molto bello. Che pensa a proposito?
Le uniche proteste di cui ho sentito non riguardavano l’oleodotto. L’Albania ha un proprio giacimento e due raffinerie che dal punto di vista ambientale sono un disastro. Lo sappiamo tutti, lo sa anche il governo albanese. Qualsiasi cosa facciamo con il nostro oleodotto rappresenterà solo un miglioramento di tutto ciò che attualmente in Albania è legato al petrolio. Gli oleodotti di per sé non rappresentano un disastro ambientale, sono il modo più sicuro di trasportare greggio. Più sicuri delle petroliere, dei treni, di qualsiasi altro mezzo di trasporto. L’importante è costruire ed operare secondo determinati standard. Ed è questo che intendiamo fare, altrimenti le istituzioni finanziarie internazionali non ci concederebbero alcun credito. Necessitiamo di approvazioni rispetto a tutto quello che facciamo, compresa soprattutto una valutazione di impatto ambientale. Posso fare l’esempio di un progetto di oleodotto dal Caucaso alla Turchia che ha causato molte proteste. Solleviamo sempre le proteste delle ONG, dei partiti ecologisti che non ci credono e che costituiscono il problema effettivo, che non sono certo i rischi connessi al trasporto di greggio. Le uniche proteste di cui ho sentito parlare in Albania sono quelle nella baia di Vlore. Lo capisco, avviene lo stesso nel porto di Bourgas. E’ un’area turistica, la gente va lì in vacanza e non vuole vedere le infrastrutture legate al trasporto del greggio. E’ compito nostro e del governo albanese quello di convincere l’opinione pubblica che si tratta di un progetto fatto bene, collocato nei posti giusti e che può essere gestito con impatti minimi. Prima che la gente condanni il progetto nel suo complesso vorrei che aspettasse di conoscerlo a fondo. Sino ad ora lo abbiamo presentato a piccoli gruppi di persone e non ad un pubblico ampio. Questa è la prossima fase in cui entreremo.
Molti considerano il vostro progetto come concorrente di chi invece vorrebbe costruire un oleodotto che collega Bourgas ad Alessandropoli, in Grecia. Che questioni entrano in ballo? Geopolitiche o esclusivamente di concorrenza economica tra due consorzi contrapposti?
Entrambe. Vi è una scuola di pensiero secondo la quale vi sarebbe abbastanza greggio da far funzionare a pieno entrambi gli oleodotti. Potrebbe essere vero. I due oleodotti dovrebbero avere all’incirca le stesse capacità di trasporto, circa 35 milioni di tonnellate all’anno. Complessivamente circa 70 milioni di tonnellate. Attualmente attraverso il Bosforo se ne trasportano ogni anno 100 milioni. Petrolio ve ne è abbastanza per entrambi ma temo che la questione non sia così semplice. Ciò che accadrà è che i due oleodotti saranno concorrenti soprattutto per quando riguarda l’attrazione dei fondi per la costruzione. E sta ai trasportatori decidere dove vogliono mettere il loro greggio. Vengono proposte due soluzioni differenti allo stesso problema. Vi è qualcuno che afferma che l’oleodotto con il proprio terminal ad Alessandropoli sarà più breve, quindi meno caro. Ma è più lontano di noi dai mercati di destinazione.
E per quanto riguarda le opzioni politiche? Due consorzi diversi. All’AMBO partecipano prevalentemente aziende USA mentre a capo dell’altro progetto vi sono compagnie greche e russe. Il vostro studio di fattibilità è stato sostenuto con 1 milione di dollari di credito concesso dalla US Trade Agency …
Siamo uomini d’affari, non optiamo per la dimensione politica. E’ senza dubbio vero che inizialmente abbiamo ricevuto il supporto del governo USA e che la Trade Agency ci ha aiutato nel nostro studio di fattibilità del 2000. Ma anche prima il nostro intento era quello di intercettare il greggio del Caspio e per definizione questo significa interagire con compagnie petrolifere occidentali. Non per questo abbiamo evitato compagnie petrolifere russe. Abbiamo provato a confrontarci ma oltre ad esprimere interesse in termini generali non si sono mosse. D’altro canto le compagnie petrolifere occidentali hanno sempre mostrato vivo interesse. Il progetto Bourgas-Alessandropoli è stato di fatto adottato da due governi, poi naturalmente si sono aggiunti i bulgari ma le due forze motrici sono state Grecia e Russia. Quindi è entrata in campo la politica. Noi siamo un’azienda privata, con fondi privati. Quello della US Trade Agency è stato un prestito tecnico, che dovremo restituire. Certo, senza alcun tasso di interesse, ma ritengo questa sia una buona politica da parte del governo USA. Anche altri governi dovrebbero fare lo stesso. Se compagnie occidentali volessero entrare nel consorzio dell’oleodotto Bourgas-Alessandropoli nessuno impedirebbe loro di farlo. Così devono andare gli affari. Non sono sicuro invece che le compagnie russe sarebbero pronte ad adottare l’opzione occidentale.
Michael Chossudovski, ricercatore ed analista politico canadese, ha scritto un articolo nel quale collega la guerra in Kosovo e la crisi in Macedonia al progetto AMBO. Che pensa in merito?
Conosco l’articolo al quale fa riferimento: è stato un vero e proprio "Nobel". Degno di Ian Flemming e del suo personaggio James Bond alle prese con un oleodotto a Baku. Veramente una fervida immaginazione. Lo trovo in fin dei conti ridicolo. Tutti già potevano prevedere che ci sarebbe stata una guerra in Kosovo ai tempi in cui venni contattato da Vuko Tashkovic. Mi sembra che l’articolo parlava di USA e risorse petrolifere. Sarebbe sbagliato affermare che non ci sia alcun legame tra interessi dei governo e passaggi nei loro territori dell’oleodotto. Vi sono certamente interessi in ballo. Ma non riesco a capire come si possa mettere tutto assieme e tirarne fuori una sorta di cospirazione.