La Turchia per la stabilità del Caucaso

La Turchia cerca di promuovere una risoluzione pacifica del conflitto del Nagorno Karabakh, che oppone i tradizionali amici azeri all’Armenia. Tra le motivazioni dello sforzo diplomatico turco verso una normalizzazione dei rapporti con i vicini c’è anche l’avvicinamento all’Europa

10/08/2005, Redazione -

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Rifugiati azeri nei campi petroliferi abbandonati presso Baku (foto Stanley Greene)

Di Mevlut Katik*, per EurasiaNet, 18 Luglio 2005 (titolo originale: "Turkey promotes stability in the Caucasus")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta

La Turchia è impegnata in una rilevante opera di pressione diplomatica per promuovere la stabilità nel Caucaso. Le iniziative di Ankara – che coinvolgono l’Armenia, l’Azerbaijan e la Russia – potrebbero avere un importante ruolo nello spezzare la situazione di stallo che da molto tempo perdura nei colloqui di pace sul Nagorno-Karabakh.

Nelle ultime settimane è sorta la speranza che una svolta nel processo di pace sul Karabakh sia a portata di mano. La questione del Karabakh è stata tra gli argomenti discussi dal Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan ed il Presidente russo Vladimir Putin durante l’incontro tenutosi il 18 Luglio presso il centro di villeggiatura di Sochi, sul Mar Nero russo. "Sono stato soddisfatto di sentire la posizione russa: che è tempo di iniziare a comporre il conflitto sul Nagorno-Karabakh", queste le parole di Erdogan ad una conferenza stampa tenutasi dopo l’incontro, riportate dalla agenzia di stampa RIA Novosti.

La Turchia è stata una fedele sostenitrice dell’Azerbaijan sul Karabakh, e mantiene un blocco economico contro l’Armenia al fine di tenere Erevan sotto pressione, perché raggiunga un accordo con Baku. Negli ultimi mesi, però, Ankara e Erevan hanno cercato un modo per porre fine all’embargo turco e per normalizzare le relazioni tra i due Paesi.

Non più tardi degli inizi di giugno le prospettive di normalizzazione apparivano molto tenui. Ma le due parti non si sono date per vinte. Il 12 luglio, il canale televisivo turco CNNTurk ha rivelato che diplomatici turchi ed armeni si erano confrontati nel corso di colloqui segreti, tenutisi in una non specificata città europea, durante i quali Ankara – secondo quanto riportato – avrebbe avanzato proposte mirate ad attenuare la reciproca animosità. Funzionari turchi e armeni hanno confermato che un dialogo è in corso di svolgimento, ma hanno tenuto la bocca cucita sui dettagli. Fonti dei media turchi hanno detto che presto potrebbe svolgersi un’altra tornata di colloqui, con le risposte dell’Armenia alle proposte turche.

Il principale ostacolo alla normalizzazione riguarda l’uccisione di circa un milione e mezzo di Armeni, avvenuta nel quadro del collasso dell’Impero Ottomano, all’inizio del ventesimo secolo. L’Armenia richiede un riconoscimento internazionale, come genocidio, della tragedia del 1915-23. I leader turchi insistono che quelle uccisioni in massa degli Armeni non costituiscono genocidio. Ankara descrive invece i caduti armeni come tragiche vittime di una lotta partigiana che infuriò nel contesto della Prima Guerra Mondiale.

Durante uno scambio di lettere tra leader turchi e armeni in aprile, Erdogan propose di costituire una commissione congiunta per esaminare l’argomento, nell’intento di arrivare ad una interpretazione condivisa della storia. Il Presidente armeno Robert Kocharian respinse la proposta, ribattendo che i due Paesi avrebbero dovuto formare un organismo intergovernativo che affrontasse tutte le questioni d’interesse bilaterale.

Ankara ha un considerevole interesse a normalizzare le sue relazioni con l’Armenia, dato che le sempre più scarse probabilità per la Turchia di guadagnare l’accesso all’Unione Europea nel breve o medio termine dipendono in parte dalla capacità dei dirigenti turchi ed armeni di comporre i loro contrasti. Durante una visita a metà giugno in Turchia, Joost Lagendijk, co-presidente della Commissione Parlamentare congiunta Turchia-UE, ha indicato che le possibilità per la Turchia di superare il crescente scetticismo dell’UE sulle aspirazioni di accesso di Ankara potrebbero dipendere dalla sua capacità di normalizzare le relazioni con i suoi vicini. "La Turchia deve rafforzare le sue relazioni con l’Armenia", ha detto Lagendijk a quanto riferisce l’agenzia di stampa Anatolia.

I leader turchi hanno cercato di rassicurare i funzionari azeri che il rapporto speciale esistente tra Ankara e Baku non sarà indebolito da un potenziale riavvicinamento tra Turchia e Armenia. L’ambasciatore turco a Baku, Turan Morali, ha ribadito in una intervista televisiva del 14 Luglio sulla televisione azera ANS che non c’erano "le basi" per preoccuparsi di un rafforzamento della relazione Ankara-Baku. Morali è arrivato a decantare i potenziali benefici di un accordo di pace sul Karabakh.

"Ci sarà un nuovo clima per un lavoro comune nella regione se il conflitto armeno-azero sarà risolto", ha detto Morali. "Si dovrebbero porre e consolidare le fondamenta di una pace durevole".

Oltre al desiderio di un accomodamento sul Karabakh nel breve termine, i leader turchi sembrano preoccupati per la situazione politica interna dell’Azerbaijan. In Azerbaijan si terranno le elezioni parlamentari in Novembre ed alcuni analisti politici hanno sollevato la possibilità di una rivolta legata alle elezioni a Baku, notando che elezioni manovrate in Georgia, Ucraina e Kyrgyzstan hanno portato a sollevamenti rivoluzionari in quei Paesi. Ferai Tinc, scrivendo sul quotidiano Hurriyet il 27 Giugno, ha detto: "Sembra che l’Azerbaijan sarà la prossima fermata delle rivoluzioni di velluto. Loro i leader dell’opposizione si sono già preparati in tasca dei fazzoletti arancioni".

I partiti azeri d’opposizione hanno gradualmente aumentato la pressione sul governo del Presidente Ilham Aliyev negli ultimi mesi, con manifestazioni pubbliche in favore di eque elezioni. Precedentemente all’arrivo di Erdogan a Baku, i leader dell’opposizione azera hanno presentato una "Dichiarazione di Istanbul", contenente una varietà di richieste mirate ad assicurare la trasparenza nelle elezioni di Novembre. I leader dell’opposizione non hanno solo cercato di assicurare un’equa rappresentanza nelle commissioni elettorali, hanno anche richiesto garanzie di libertà di riunione prima e dopo le elezioni.

Aliyev e altri importanti membri del governo hanno promesso che le elezioni saranno libere ed eque. Allo stesso tempo il presidente azero ha affermato, la sera prima dell’arrivo di Erdogan, che "in Azerbaijan non ci sarà mai una rivoluzione di velluto".

Durante la sua visita, Erdogan è sembrato promuovere l’idea di un dialogo politico tra l’amministrazione di Aliyev e l’opposizione. "Nel corso della storia solo quei regimi che hanno saputo ispirare al popolo un rapporto col proprio governo fondato sull’amore e sulla fiducia, e non sulla paura, hanno avuto successo", ha dichiarato Erdogan parlando il 30 giugno scorso di fronte al Parlamento azero. "In un mondo globalizzato, un governo di parte e arbitrario chiaramente non è una soluzione. O noi entreremo a far parte di un mondo libero, adottando valori democratici, o prenderemo il posto che ci spetta in un’oscurità che resiste al cambiamento e rifiuta la democrazia e i diritti umani. Noi la Turchia abbiamo scelto la prima cosa, e invitiamo tutti i nostri amici a percorrere questo cammino".

Incoraggiando la democratizzazione in Azerbaijan, la Turchia deve procedere con cautela, dato che ogni disputa politica potrebbe avere gravi ricadute per l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan. Finora, l’appello di Erdogan per la democratizzazione in Azerbaijan non sembra aver offeso l’amministrazione Aliyev.

*Mevlut Katik è un giornalista ed analista che lavora a Londra. È stato corrispondente per la BBC nonché collaboratore del gruppo The Economist

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