Il coraggio di dire ‘curdi’
Lo scorso 12 agosto il Primo ministro turco si è recato a Diyarbakir, nel sud est della Turchia. Abbandonando la prudenza del passato nel suo discorso ha apertamente riconosciuto l’esistenza di un problema curdo
"Se dobbiamo chiamare le cose con il loro nome, allora la questione curda non riguarda solo una parte del paese ma tutta la nazione. İn quanto Primo Ministro é prima di tutto un mio problema".
Questo e’ stato il passaggio piu significativo del discorso che il Primo Ministro Erdoğan ha tenuto a Diyarbakir lo scorso venerdi in occasione di una cerimonia per la consegna di un lotto di case popolari. Parole nette e coraggiose con le quali Erdoğan ha abbandonato la prudenza del passato per riconoscere apertamente l’esistenza di un problema curdo.
La visita di venerdì scorso, in passato rimandata due volte, con il crescere della violenza delle ultime settimane aveva assunto un significato molto particolare. Ad aumentare le aspettative aveva poi contribuito la decisione del Primo Ministro di incontrare, mercoledi 11 agosto ad Ankara, una rappresentanza del gruppo di intellettuali che lo scorso 15 giugno aveva lanciato un appello per la cessazioni delle azioni militari. Nell’incontro durato più di tre ore Erdoğan aveva ascoltato con molta attenzione le richieste che insistevano fondamentalmente su tre punti: la necessità di non fare marcia indietro nel processo di democratizzazione, il bisogno di un articolato piano di intervento socio-economico per il Sud-Est del paese e l’urgenza di un gesto simbolico da parte del potere politico di riconoscimento e riconcialiazione con la popolazione curda. L’incontro di Ankara aveva avuto come primo effetto quello di abbassare la tensione a Diyarbakir, facendo rientrare i propositi di contestazione. Anche il PKK aveva ordinato ai suoi militanti di astenersi da ogni inziativa.
Nel suo discorso, tenutosi tra imponenti misure di sicurezza e dominato da un caldo torrido, Erdoğan dopo aver "chiamato le cose con il loro nome" ha ammesso poi gli []i commessi dallo stato in passato ed ha sottolineato la necessità di riconoscere e di fare i conti con questi []i. Erdoğan ha ricordato la disponibilità a ascoltare tutti, a lavorare per rimediare alla discriminazione di cui è stata vittima la regione, all’interno della cornice rappresentata dalla repubblica e dalla bandiera nazionale ed a condizione che non si faccia ricorso alla violenza. İl Primo Ministro ha poi sottolineato come "non permetteremo che si facciamo passi indietro sul tema della democratizzazione del paese". İnfine un appello alle madri di Diyarbakir alle quali, dopo aver illustrato gli sforzi del suo governo in tema di investimenti nella sanità e nell’istruzione nel Sud Est, ha chiesto di non permettere che i loro figli " cadano nella tentazione della violenza".
Niente più dell’emozione che si poteva cogliere nella voce del sindaco Baydemir (DEHAP, Partito Democratico del Popolo) impegnato a rispondere alle domande dei giornalisti al termine del discorso di Erdoğan, poteva meglio testimoniare quanto queste parole fossero attese a Diyarbakir. İn un’intervista concessa l’indomani al quotidiano Milliyet Baydemir ha poi dichiarato che le parole di Erdoğan "hanno aumentato le mie speranze" ed ha definito molto positivo l’appello al dialogo e soprattutto il riconoscimento dell’esistenza della questione curda. Consapevole del rischi assunti da Erdoğan, Baydemir gli ha dato la sua disponibilità ad appoggiare inziative mirate ad arrestare la spirale di violenza evidenziando come dopo il passo compiuto dal Primo Ministro sia necessario che anche il PKK faccia lo stesso "Le azioni armate si devono interrompere".
Non solo soddisfazione e disponibilità nelle reazioni di Baydemir ma anche una certa dose di prudenza e preoccupazione " Queste parole avranno un seguito? İn passato altri politici hanno usato le stesse parole che però poi non hanno avuto un seguito".
Sulla stessa lunghezza d’onda, tra soddisfazione e prudenza, gran parte delle altre reazioni raccolte nel paese. İ principali quotidiani – "Erdoğan ha detto questione curda"(Cumhurriyet), "Questa volta ha detto questione curda" (Milliyet), "L’unica soluzione per la questione curda e’ la democrazia"(Sabah) – intellettuali ed esponenti della società civile hanno sottolineato l’importanza del riconoscimento dell’esistenza di un problema curdo, apprezzato ed elogiato le garanzie sulla strada della democrazia e l’impegno personale di Erdoğan.
Nessuno però ha dimenticato come in passato altri uomini politici avessero fatto aperture rimaste poi senza seguito: nel 1991 il Presidente della Repubblica Demirel aveva detto di "riconoscere la realtà curda". Successivamente il Primo Ministro Mesut Yılmaz aveva dichiarato che "la strada verso l’Europa passa da Diyarbakir" ma le cose poi sono andate in modo diverso. E’ quello che è stato ricordato da Mehdi Perincek, rappresentante locale dell’Associazione dei Diritti Umani (İHD). Lo scrittore Enver Sezgin ha messo poi l’accento sulle difficoltà che attendono Erdoğan "Erdoğan ha dato un messaggio importante ma è necessario passare alla pratica. Le forze conservatrici all’interno dello Stato opporranno resistenza. İl governo deve dimostrare la propria determinazione passando all’azione con un programma dettagliato". Anche Gencay Gursoy, portavoce della delegazione che ha incontrato il Primo Ministro ad Ankara, ha ricordato la necessità che si facciano passi concreti e che le promesse non rimangano solo parole. Nelle sue dichiarazioni Gursoy ha ribadito anche la necessità che il PKK deponga le armi senza condizioni.
Con il discorso di venerdi Erdoğan ha mostrato di essere intenzionato a assumersi il coraggio per quell’azione politica reclamata da piu’ parti nelle ultime settimane. Ora Erdoğan si trova in mezzo ad un guado, di fronte alla possibilita’ che "le sue parole passino alla storia oppure rimangano sulla carta" come ha scritto Murat Yetkin di Radikal. Per portare a compimento questa traversata storica però la presenza ed il sostegno di altri compagni di viaggio appaiono condizioni irrinunciabili.