Gelo rovente in Adriatico
Torna il gelo tra Slovenia e Croazia. Sul tavolo ancora il contenzioso riguardante la frontiera di mare e la rissa questa volta non risparmia neppure l’ Italia. ‘Scoperto’ che Roma e Zagabria stanno ormai da tempo coordinando bilateralmente la fascia epicontinentale adriatica Lubiana nei prossimi giorni proclamerà unilateralmente la propria fascia di acque territoriali
La prima mossa unilaterale che diede il via alla polemica tra vicini adriatici fu la decisione del governo croato di Ivica Račan – incalzato dall’Hdz di Sanader, allora all’opposizione, e dall’alleato Partito contadino – di far valere il poprio diritto sulla fascia epicontinentale sancito dalla Convenzione internazionale sul diritto marittimo (Montego Bay,1982) e quindi quello di estendere la propria sovranità sulle acque internazionali proclamando la propria zona economica esclusiva.
Lubiana allora insorse ricordando che la decisione croata non era legittima in quanto pregiudizievole per la frontiera di mare ancora da stabilirsi. La Slovenia infatti reclama un accesso diretto alle acque internazionali e quindi chiede di essere parte in causa nella successione dell’ accordo italo-jugoslavo sulla fascia epicontinentale. I timori della Slovenia si basano sul rischio che un’appropriazione del mare aperto da parte dei vicini danneggi i traffici navali con destinazione il porto di Capodistria.
Le proteste di Lubiana e una mediazione congiunta italo- europea smussarono allora la decisione di Zagabria che ripiegò sulla formula più "soffice" della fascia di tutela ittico-ecologica entro la quale venivano riconosciuti particolari diritti ai paesi UE, quindi anche alla Slovenia. Ma la questione era lungi dall’essere risolta. Sul tutto incombeva e tutt’ora incombe la lunga "guerra di posizione" sul confine in Istria, dove la Slovenia rivendica l’intera baia di Pirano, facendo leva anche sul "caso Joras", il cittadino sloveno – originario di Maribor – rimasto con il suo podere-dopo la demarcazione del confine tra i due paesi ex-jugoslavi nel 1991 lungo il fiume Dragogna- sulla sponda sud dello stesso e che con una personale "intifada" , sostenuta strumentalmente e ad intermittenza dalle autorità slovene da più di un decennio, richiede l’annessione del villaggio in cui vive (dal 1954 frazione della croata Buie ma fino al 1992 anche unità catastale della slovena Pirano) alla Slovenia.
Il problema del confine di terra e di mare, dopo la rinuncia croata all’accordo di compromesso del 2001 tra gli allora premier Drnovšek e Račan, rimane così un contenzioso di tipo squisitamente balcanico e pieno di incognite. La vittoria delle destre sia a Zagabria che a Lubiana aveva inizialmente – e per molti versi paradossalmente- placato gli animi. L’ ottimo intendimento personale e ideologico tra Janez Janša e Ivo Sanader, entrambi affiliati al Partito popolare europeo, come d’altronde Berlusconi e Fini, aveva creato l’illusione che le questioni di frontiera si sarebbero risolte più facilmente. L’idillio – apice del quale è stata la "storica" seduta congiunta di giugno tra i governi sloveno a craoto a Brioni , dove tra l’altro i due leader hanno sottoscritto un accordo di rinuncia a passi unilaterali lesivi degli interessi dei vicini – si è però bruscamente interrotto alcuni giorni fa.
Il Dnevnik di Lubiana riporta in prima pagina la notizia (ignorata o nascosta dalla diplomazia slovena) di un negoziato tra Roma e Zagabria sulla definizione delle coordinate della fascia epicontinentale nel mare Adriatico. La Farnesina, che aveva sempre dichiarato di non muoversi sull’Adriatico senza informare e consultare anche la vicina Slovenia, assicura laconicamente che si tratta solo di questioni »tecniche« e comunque non lesive degli interessi sloveni "in quanto toccano una fascia di mare a sud delle acque territoriali slovene".
Ma è proprio questo il punto più dolente per Lubiana. Il confine di mare ancora non esiste e quindi Lubiana si sente successore alla pari dell’Accordo italo-jugoslavo, proclamando il diritto a estendere le proprie acque territoriali anche a sud della baia di Pirano. La Croazia dal canto suo sostiene che la Slovenia non può in nessun modo reclamare uno sbocco alle acque internazionali in quanto la sua posizione geografica non lo consentirebbe.
Il confine di mare, tracciabile solo nella baia le cui sponde opposte appartengono ai due stati, non puo’ arrivare al punto di contatto tra il mare aperto e l’ex confine italo-jugoslavo, il cosiddettto punto T5.
Ma Lubiana non demorde e dopo l’imbarazzo per la notizia sugli accordi segreti tra i due vicini "amici", notizia trapelata solo grazie ai massmedia, il governo va al contrattacco. Il ministro dell’ ambiente Janez Podobnik, presidente del Partito popolare (lo stesso in cui milita Joras) e già coinvolto nelle baruffe di confine riguardanti l’ "Asterix" sloveno, dichiara esultante che il governo proclamerà la fascia epicontinentale e la zona ittico-ecologica slovena in una fascia di mare che va dal punto T5 alla latitudine 45 gradi e 10′ , all’altezza di Vrsar (Orsera). La legge comunque stabilisce che le coordinate definitive verranno concordate con i vicini. Tutti i partiti, compreso quello Liberal-democratico, per voce dell’ambizioso ex ministro dei trasporti Marko Pavliha, esultano. Quest’ultimo dichiara: "i vicini capiscono solo il linguaggio dei passi unilaterali!". E il "nemico esterno" riesce così ad omogeneizzare la classe politica e l’opinione pubblica slovena. Zmago Jelinčič, il leader del partito ultranazionalista (SNS) rincara la dose; "appoggiamo la decisione ma esortiamo il governo ad andare avanti e a riappropriarsi di tutto il mare che fu sloveno; di tutta l’Istria fino a Rijeka (Fiume)".
Nessuno ormai replica più a simili battutacce, domina un’euforia nazionalista, ma c’è anche chi avverte: attenti, varare leggi che poi sono impossibili da applicare significa aumentare le aspettative e le frustrazioni. L’unica soluzione a questo punto sarebbe l’arbitrato internazionale presso le corti dell’Aia o di Amburgo. Ma la leadership slovena fa di tutto per evitarlo e le sue mosse sono per ora rivolte solo alla propria opinione pubblica.